Il chitarrista Ryan Albert Miller è ormai un veterano della sperimentazione in ambito avant-garde, toccando con i suoi vari progetti U SCO, Teton e With Eyes Abstract vette di astrazione free form che di solito si ammassano in un groviglio ai limiti dell'indeterminazione sonora, sfiorando cacofonica e dissonanza. L'ultima sua avventura musicale è il supergruppo mmulreso, messo insieme nel 2019 e formato con il batterista Danny Piechocki (Ahleuchatistas, Terms) e i bassisti Andrew Jones (Julia Holter band, Teton, The Crenshaw) e l'apprezzato Logan Kane (Thumpasaurus).
Il primo album di questo combo è fate wave che, rispetto alle precedenti esperienze di Miller, appare leggermente più orientato ad un caos organizzato dal quale emerge, se non una parvenza di direzione formale, qualche traccia di armonia. Il fatto è che l'architettura sonora appare così intricata, tanto che ogni strumento si accavalla sull'altro, formando una nebulosa timbrica compatta in perpetuo movimento. aerial bell è quasi melodioso nei suoi groove geometrici e le sue continue disgregazioni in mille rivoli, che vanno ad erodere i confini tra math rock, prog e jazz, come insegnano i Monobody, e ne fanno una delle composizioni più stimolanti ascoltate ultimamente.
Ma che per Miller e il resto della band la partitura ritmica rivesta un ruolo preponderante rispetto a quella armonica lo conferma owl, nella quale non si trova un filo conduttore armonico nell'ammasso frenetico di note che viene vomitato dalla chitarra perennemente irrequieta - come un incontro tra il virtuosismo zappiano di Mike Keneally e l'aleatorietà di Henry Kaiser -, ma il tutto si dipana in funzione delle tentacolari deviazioni percussive, caricate come una sorta di moto perpetuo nello scandire tempi complessi e macchinosi.
Se glowworm conferma tale aspetto e prospettiva, beam shear colleziona una serie di scombinati arpeggi e riff all'insegna del math rock più convulso, mentre il suo seguito beam shear [alt] e arp salix sono dei saggi di "guitar craft" frippiana ipercinetici, che appaiono discendere direttamente da quello che sembra un ramo derivato dai "projekct" crimsoniani giunto dal futuro. Il disco è completato da cinque brevi bozze sonore basate sull'improvvisazione che si dedicano maggiormente all'avant-garde atmosferico e che fanno di fate wave una totale esplorazione delle molteplici forme di cui si nutre il prog (jazz, classica contemporanea, metal e math rock) portandole all'estremo. Un album affascinante e stimolante al quale però bisogna approcciarsi con il giusto stato d'animo per concentrarsi nell'ascolto e godere appieno della sua complessità.
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