Lasciando da parte l'electro pop sperimentale e psichedelico di Alpinisms (2008) e Disconnect from Desire (2010), SVIIB continua sul solco di Ghostory verso un'indietronica più di maniera e portata agli standard di ciò che, durante l'assenza dalle scene musicali degli SOSB, è diventata una scelta di tendenza. A tal proposito, il paragone con i CHVRCHES è quasi pertinente se non fosse che le gemelle Deheza insieme a Curtis si destreggiavano con i sintetizzatori e le drum machine già qualche anno prima di loro e di molti altri. In tale ambito SVIIB si riprende il primato di album elctro-dream-pop perfetto, riuscendo dove Ghostory aveva fallito e cioè liberarsi degli aspetti più spigolosi dei primi due lavori per abbracciare senza vergogna scelte melodiche dirette e senza compromessi. Quest'opera, a metà strada tra il postumo e l'atto di affermazione in vita, lo fa con nove tracce di una lucidità sorprendente, quasi da non sembrare il dolente capitolo conclusivo di un progetto, ma una celebrazione di future possibilità tutte da scoprire.
Su Ablaze e On My Heart la Deheza canta dell'amicizia e della relazione con Curtis con la sua voce soave, riverberata, raddoppiata e come in un gioco di specchi ci accompagna in atmosfere che mescolano i freddi bordoni di sintetizzatori e i beat elettronici a strati di suoni talmente dolci che l'appellativo di dance, come sempre, appare limitativo e superficiale. Prova ulteriore è la ballad Open Your Eyes, arricchita da un chorus celestiale e da impasti sonori debitori dello shoegaze per quanto creano un'atmosfera onirica.
Ma quando pensi che l'apice di tutto il disco possa essere con molta probabilità Open Your Eyes, ecco arrivare Elias, assolutamente incantevole nella sua veste solenne da dream pop elegiaco, anticipato con la nota aggiuntiva di A Thousand Times More che riescono insieme a spiegare meglio come, se lo shoegaze fosse creato con synth, sequencer anziché con spirali di chitarre distorte, avrebbe pari potenza suggestiva. E si continua con Signals, un upbeat cantato in modo sincopato, si procede col psych rave spaziale dalle cadenze raga Music Takes Me senza che l'album abbia un attimo di cedimento. L'atmosferica Confusion possiede note prolungate di synth e la sue calma estatica si rifà alle colonne sonore di Angelo Badalamenti e ai sogni più sperimentali dei Cocteau Twins i cui artifizi sonori tornano nella conclusiva This is Our Time.
Prima di lasciarci Curtis ha fatto in tempo a mettere il proprio contributo su SVIIB, poi per la Deheza il lavoro successivo ha imboccato inevitabilmente una direzione più personale e Meldal-Johnsen ha operato in modo rimarchevole nell'edificazione e ritaglio di suoni vertiginosamente stratificati e contagiosi. Difficile oggi immaginare un album di dream pop più perfetto e senza sbavature di SVIIB, dato che possiede tutto ciò che serve per nobilitare l'electro pop verso lidi che lo conducono a risultati eccellenti: melodia, accessibilità e sperimentazione.
www.sviib.com
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