In un mercato che vede sempre più l'affermarsi di nuove
tecnologie pronte a distruggere la cultura, ciò che sembra resistere
all'incessante ticchettio della vita, come un veliero in preda ad una tempesta
nell'oceano, è il libro. La tecnologia crea obsolescenza. Possiamo leggere un testo
scritto sessanta anni fa, ma non possiamo più leggere un floppy disk o un
cd-rom, vecchio di qualche anno fa, a meno che non andiamo a recuperare vecchi
computer. Il libro conserva la memoria storica degli individui e
racchiude in se già tutte le perfezioni: solo nel libro il mezzo ed il
contenuto coincidono. Per leggere un ebook abbiamo bisogno di molta tecnologia,
per leggere un libro solo di un po' di luce.
Il mezzo tecnologico si affermerà, ma non farà morire il
libro; i due mezzi conviveranno come è già successo con la televisione che non
ha distrutto la radio. Tra non molti anni, anzi il libro, non solo quello
antico, diventerà si sempre più raro e, perciò, più prezioso, perché destinato
a conservare la memoria di fatti emozioni, modi di essere e di vivere che solo
la parola scritta fissa in eterno. I nostri floppy disk o cd-rom sembrano
paradossalmente comportarsi come degli antichi crociati o dei recenti nazisti,
come quelli distrussero libri considerati ostili o eversori del loro pensiero,
questi minacciano di distruggere la parola scritta, il libro, ma solo di
minacce si tratta, di fuochi fatui destinati ad esaurirsi in se stessi. Il
libro, infatti, ha in se una potenza eversiva, ma conservatrice, superiore a
qualsiasi altro mezzo tecnologico.
Presa coscienza di ciò, riconosciuto il ruolo fondamentale
della lettura, la maggior parte delle città estere si sono dotate di Centri
Culturali vicino alle metro, Bibliometro, che offrono la possibilità di
prendere in prestito libri per un tempo determinato, sia nel centro stesso, sia
via internet, di svolgere operazioni anche in orario di chiusura del Centro e
in posti diversi, di utilizzare internet sia dal proprio pc che dalle
postazioni fisse ed, inoltre, essere sempre aggiornati sulle attività culturali
(cinema, musica, teatro, eventi sportivi). Alcune considerazioni sulla musica e sulla sua
commercializzazione. Il metodo di vendita di questa dagli anni novanta è
cambiato drasticamente principalmente perché i maggiori discografici hanno
commesso due madornali errori:
a) si sono schierati ideologicamente contro internet e i
primi esperimenti peer to peer anziché considerarli un'opportunità
b) hanno sovrastimato l'effetto cd che dopo un iniziale
diffusione e dopo un rilancio delle vendite anche di catalogo, è sfumato,
spiazzando i discografici che non si aspettavano un cambio di formato così
rapido e repentino.
Gli anni duemila, poi, hanno visto l'avanzare di questo
problema a tal punto che la De Filippi, X-Factor, Mtv e in genere la
discografia italiana hanno perso di vista il loro compito principale:
indirizzare il mercato anzichè subirlo, ricercando ed individuando il talento.
Esempio è il disco di Bobo Rondelli, Per amor del cielo,
comparso sulla homepage di itunes Italia e che difficilmente sarebbe andato in
classifica se non grazie alla visibilità acquisita su quel negozio digitale.
Dopo aver partecipato al premio Tenco, Paolo Virzì ha deciso di girare un
documentario sull'artista stesso permettendogli così di raggiungere la venticinquestima
posizione. Al momento le vendite di Per amor del cielo sono molto
interessanti (è comparso, pure, sulla homepage di itunes Francia) e questo
potrebbe creare curiosità nei promoter locali che potrebbero a loro volta
ingaggiarlo per una serie di live scatenando un meccanismo a catena.
Se non si ufficializza che la musica è cultura, cercando per
esempio di togliere l'iva sui dischi, se non si trova un metodo per limitare il
file sharing illegale (seguendo, magari, la politica di Sarkozy) se le
istituzioni (in Italia ce ne sono tre) continuano nel loro immobilismo, poichè
non riescono ad organizzare una sistematica azione a difesa del prodotto e del
copyright, rischiamo di perdere gli autentici talenti. Se una volta erano i mezzi a bloccarci, la mancanza di
strumenti, la difficoltà dei contatti, ora invece, ad inchiodarci è la
mentalità. I giovani gruppi, quindi, devono sperare di riuscire a
vendere la propria musica a show televisivi o a spot pubblicitari oppure essere
appoggiati da una squadra di manager agguerrita con la testa nel terzo
millennio capace di sviluppare nuove idee di distribuzione. É questo il reale
successo di In Rainbows dei Radiohead.
Di sicuro il mercato non si è
saputo adeguare al fenomeno di internet; la crisi si supera se cambiamo le
strategie...secondo te come si deve sfruttare la rete in modo adeguato restando
nei costi e avendo diffusione? Si riesce a vendere musica ad un prezzo abbastanza
basso da sfavorire lo sharing? Esempio personale: di certo non compro un cd che
costa 20 euro o 15 e (in formato digitale) perchè lo posso trovare gratis...ma
se per 7-8 e mi dai un inedito o un qualcosa di speciale allora sì che lo
compro e non lo scarico.
Premetto che non sono un
intenditore e tanto meno un appassionato di analisi tecnico-discografiche. Quindi metto le mani avanti:
potrei dire delle cazzate. Tuttavia l’idea che mi sono fatto
in questi ultimi quindici anni di questa vecchia questione è più artistica e
sociologica che tecnica. Penso – forse ingenuamente - che
non ci sia molta differenza tra il dualismo sharing-cd e la scelta che facevamo
noi ragazzi degli anni Ottanta tra la cassetta doppiata e l’album in vinile di
un artista che amavamo. Il tipo di investimento mi sembra tutto sommato
abbastanza paragonabile nei rapporti.
E’ sicuramente diverso il valore
non solo simbolico ma anche di reale profondità che aveva il vinile (dalla
grafica alla rotondità delle frequenze e degli impianti e i modi con cui si
ascoltava). Ma era diverso – e forse questo
effettivamente per ragioni relative all’”evoluzione” della tecnologia – il
rapporto che si stabiliva tra l’opera e l’ascoltatore. In effetti chi se ne
intende spesso lega l’andamento commerciale e culturale della musica pop alla storia e ai cambiamenti tecnologici del
supporto stesso.
In ogni caso la mia idea è che
negli ultimi anni la credibilità del prodotto discografico si sia disintegrata
per responsabilità diverse e non solo per colpa dei discografici, ma spesso
degli artisti stessi che pubblicano dischi insignificanti a getto continuo.
Qualche anno fa prima di poter pubblicare un disco c’erano una serie di
passaggi e confronti che un artista necessariamente doveva affrontare, e questo
valeva anche e soprattutto per la produzione di musica pop, per la quale oltre
ai direttori artistici che avevano un ruolo significativo all’interno delle
case discografiche, venivano impiegati produttori musicali, arrangiatori,
tecnici e musicisti che avevano talento e capacità. Gli autori di musiche e
testi, i gruppi, i cantautori avevano alle spalle anni di militanza o
investimenti su quel talento dimostrato in concerto e in studio a tempo
indeterminato. Tutto questo creava fermento,
scambio e opere indimenticabili, anche dischi non eccezionali ma che erano
facilmente distinguibili per il pubbblico. Credibilità.
Io credo che anche oggi se
volessi avere una copia originale di un’opera
come The Dark Side of the Moon o La Voce del Padrone, o appunto un album
dei Radiohead, la comprerei al suo prezzo di mercato. E allo stesso modo – prendo come
esempio un artista meno famoso che tu hai citato e che conosco - comprerei il
disco di Bobo Rondelli (anche il cd o qualunque sia la forma con cui l’artista
decide di rappresentare la propria opera) dopo averlo ascoltato dal vivo o per
averlo scaricato dopo la segnalazione di un amico. Per partecipare alla musica
del mio tempo e alla sua scoperta.
Il problema di oggi per gli
artisti come Bobo è che non c’è più il link con l’ascoltatore, che non si fida
dopo anni di fuochi di paglia . Ecco perché chi vale vende prevalentemente ai
concerti, perché si vuole avere un ricordo di quell’emozione. Fuori non c’è
neanche più una scena critica ufficiale, una radio, un cazzo di niente che
presti attenzione a qualcosa di diverso dal fatturato che si fa attraverso la
pubblicità. La credibilità di oggi è la pubblicità. Ecco il corto circuito. La
pubblicità si fa solo con prodotti da potenziali grandi numeri e rapido consumo. La musica che cambia la vita
ha tempi lunghi. Le due cose non vanno d’accordo, le previsioni degli addetti
sono quasi sempre sbagliate, non si vendono più molti dischi. Non c’è
partecipazione.
Avrei molte altre cose da dire ma
credo di avere più o meno espresso il concetto.
Com'è cambiata la strategia di
lancio della musica? perchè in Italia è scomparso il formato singolo? E' stato il
download ad ucciderlo oppure le radio?
Non so...non seguo più molto la
faccenda da vicino.
Perché in Italia il formato ep
(4-5 pezzi) che si adatterebbe pure bene al download a pagamento viene
utilizzato troppo poco confrontato con America o Regno Unito?
Anche qui credo che sia tutto in
mano a persone che ragionano per schemi. Se domani l’ep di un cantante di x
factor vendesse 30.000 copie dal giorno dopo quasi tutti farebbero uscire un ep
fino alla nausea. Perché non viene mai presa in considerazione la storia, la
motivazione di un artista e della sua opera di esistere in quella forma e in quel preciso momento. Vai con l’ep.
Una strada per salvare la musica
non può essere quella di fare un album intero utilizzando, ad esempio, tre ep
nell'arco di due mesi? basti vedere cosa stanno facendo gli Smashing Pumpkins
o Joseph Arthur, oppure Rose Kemp che
incita ad acquistare il suo cd per avere una password che permetterà di
scaricare dal sito un brano inedito al mese.
Credo che le possibilità siano
infinite, compresa quella di pubblicare continuamente sul proprio sito ogni
volta che lo si reputa giusto. Usare i siti di etichette o degli artisti come
gallerie d’arte.
A fronte delle varie critiche da
parte degli artisti nei confronti della Siae sul non riconoscimento adeguato a
livello economico della loro attività, come credi sia possibile poter in qualche modo tutelare i musicisti e
gli artisti in genere a protezione e salvaguardia delle loro opere? Un
sindacato o un'associazione composta da
soli artisti che possa essere autonoma può essere una soluzione?
Potrebbe ma non credo che riuscirebbe facilmente e in breve tempo a soppiantare un sistema così radicato.
Per salvare il formato cd è meglio pensare e sviluppare nuove strategie di lancio magari cercando di cambiare la confezione (come ad esempio hanno fatto i monoma e tantissimi altri gruppi) oppure continuare ad arricchirlo con dvd-live,ecc ecc...?
Non credo sia fondamentale salvare il cd...i supporti cambiano e se il cd si salverà lo farà per conto proprio, come il vinile, anche se tra i due sacrificherei il cd.
Più passano gli anni più i video
diventano espressione artistica. I video stessi non sono più veicoli musicali?
Ho sempre pensato al video come
ad un’espressione artistica e non come ad un veicolo promozionale. Negli ultimi
tempi mi sento meno coinvolto da questa forma perché è piena di insidie e
spesso diventa una gabbia anche quando ti senti estraneo ai suoi meccanismi.
Da diversi anni i canali musicali
in chiaro e in digitale passano in heavy rotation sempre e solo gli stessi
video, volendo presumere che questa scelta/casualità sia in qualche modo
collegata alle esigenze di promozione degli artisti su pressione delle major
discografiche. Come prevedi lo sviluppo artistico dei video musicali a supporto
della promozione di talenti promettenti?
Come si può intuire dalla
risposta precedente non affiderei al video musicale televisivo lo sviluppo e il supporto di un artista. Mi piace invece
cercare su you tube performances di artisti o band che mi interessano in cui è
in primo piano l’artista stesso, ripreso da un telefonino, o nel salotto di
casa sua, o perché ha realizzato una sessione live appositamente per la rete.
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