domenica 13 maggio 2018

Not a Good Sign - Icebound (2018)


In pochi anni il progetto Not a Good Sign, pensato e formato nel 2012 dal chitarrista Francesco Zago (Yugen) e dal tastierista Paolo «Ske» Botta, è arrivato al terzo album, questa volta con qualche novità. Infatti Zago all’indomani del secondo lavoro in studio From a Distance (2015) ha lasciato la direzione del gruppo nelle mani del solo Botta che in questa sede si carica sulle spalle il peso di firmare tutte le composizioni, ad eccezione di Truth di De Sarno/Trevisan. Icebound testimonia inoltre l’ultima presenza del cantante Alessio Calandriello (La Coscienza di Zeno) che si congeda lasciando le future parti vocali al nuovo chitarrista Gian Marco Trevisan, ma le più considerevoli novità riguardano la direzione dell’album. 

Quello che era nato come un sodalizio che potesse accostare le potenzialità melodiche, alleggerendo le complessità più astruse del prog in favore di costruzioni musicali più scorrevoli, qui assume contorni propriamente avventurosi e audaci, come la lunga cavalcata Hidden Smile, brano di punta che approfondisce in maniera spigolosa e ruvida le prospettive di 1000Autunni, il bell’album solista di Botta risalente al 2011. Se infatti prima nei Not a Good Sign era rispettato il giusto equilibrio tra parti vocali e strumentali in una filosofia compositiva prossima all’estetica “song oriented”, Icebound si immerge in spazi multiformi tipici del prog e lo fa con lucidità nel mantenere legami tanto con il presente quanto con il passato. 

Le due anime di Frozen Words e Down Below si riescono ad integrare con il moderno art rock e il prog jazz, rimarcato anche dai prestigiosi interventi del sax vandergraaffiano di David Jackson che si fanno spazio nelle trame tensive di Trapped In. Alla fine però il maggior pregio di Icebound (e della band soprattutto) risiede nel fatto che, pur utilizzando timbriche strumentali ormai consolidate all’interno del progressive rock, queste si discostano da qualsiasi sterile paragone e creano una miscela esplosiva e personale. Icebound è così da catalogare come un grande album di prog moderno.


1 commento:

Franco ha detto...

Album molto bello e riuscito, che si discosta parecchio dalle precedenti prove della band.
Ottima la presentazione live dell'album alla Casa di Alex di Milano. Non c'era il cantante sostituito dal chitarrista (con problemi di raucedine) ma c'era un doppio batterista che si è esibito anche con un notevole dispiego di percussioni. Nonostante qualche problema tecnico, il gruppo ha dato un'ottima prova.