Avevamo lasciato i SOM poco meno di un anno fa con l'EP Awake, il quale con i suoi remix puntava a mostrare la malleabilità a cui può essere sottoposto il loro stile che fonde post rock, shoegaze e doom metal. Che sia una musica suggestiva da un punto di vista onirico/psichedelico, quanto abrasiva da quello metallico/elettrico lo rimarca il nuovo The Shape of Everything, secondo album del supergruppo (formato da membri di Junius, Caspian, Constants), in cui i confini stilistici appena menzionati si sgretolano del tutto.
Messo in apertura, Moment è la quintessenza del loro sound, nel senso che da lì in avanti tutto l'album si muoverà sulla falsariga delle coordinate impostate da questo pezzo. Il che non equivale a dire che il tutto è un susseguirsi di brani uno uguale all'altro, ma è il comparto sonoro ad imporsi come caratteristico, quasi rappresentato metaforicamente in modo visuale dalla cover. The Shape of Everything è un imponente impasto di umori elettrici, nebulosi ai margini della spirale, come la flebile voce principale, mentre nel nucleo creano sfumature che si affastellano l'una sull'altra, ma potenti e vividi nella loro unione e totalità.
A volte delle cadenze da doom accentuano la sensazione di solennità (Center), altre nascondo sotto la superficie un'anima dream pop (Shape), ma è indubbio che il continuo e massiccio muro elettrico affiancato ad una voce lontana e malinconica, quasi una variazione del sussurro, formano insieme un impasto sonoro che si perpetua in una riconoscibile formula presente su tutto l'album. Gli ingredienti essenziali sono la potenza del post rock e la dolcezza del dreamgaze che creano questo scontro tra contrasti che permettono a The Shape of Everything di piazzarsi in un territorio stilisticamente trasversale e quindi apprezzabile anche da chi non è avvezzo a questi generi.