mercoledì 14 aprile 2021

Valleyheart - Scenery (2021)


La scoperta dei Valleyheart è stata un po' come un'epifania, ovvero come riscoprire l'essenza di quanto possa essere coinvolgente il midwest emo congiunto al post hardcore. I Valleyheart suonano un emo sonicamente strutturato in possenti stratificazioni chitarristiche che vanno a formare un sound saturo di suggestioni emotive e riverberi lontani, fondendo la malinconia romantica dei Copeland alle eteree armonie dei primi From Indian Lakes ed infine aggiungendo qualche asprezza graffiante dei Brand New. Contando poi che il cantante e leader Kevin Klein ha un timbro vocale che ricorda i toni bassi di Jeremy Enigk, il gioco è fatto...ecco i nuovi campioni dell'emocore. Kerrang! ha addirittura incluso i Valleyheart in un nuovo sottogenere chiamato gazecore, riassumendo la definizione in poche efficaci parole: methodically complex, and melodically ethereal.

In realtà prendere come soggetto il nuovo EP Scenery, pubblicato da pochi giorni, è stata soltanto una scusa per fare un excursus più ampio che comprenda anche i due magistrali lavori precedenti: l'EP Nowadays del 2017 e l'album Everyone I’ve Ever Loved uscito nel dicembre 2018, senza far comunque torto a Scenery, in quanto stile e poetica che permeano i lavori dei Valleyheart rimangono saldi e incontrastati in tutta la loro ancora scarna discografia. Diciamo che i Valleyheart sono principalmente la ceratura di Klein, i quali hanno preso le mosse da delle sue composizioni in origine acustiche a cui poi tutta la band ha portato il proprio contributo, modellandole come degli inni emocore, in particolare nel primo EP Nowadays. In aggiunta c'è un filo sottile che lega le liriche di ogni lavoro in quanto, nella loro profondità e sensibilità, riflettono il viaggio personale e spirituale di Klein che si è trovato ad interrogarsi, con relativa introspezione, sulla propria fede cattolica ed i suoi ideali. Ovvio che non parliamo di "rock cristiano", non c'è bisogno di essere credenti per apprezzare i Valleyheart, poiché Klein mette in parole il proprio travaglio interiore e le sue riflessioni e frustrazioni, tra amicizia e identità, con grande padronanza letteraria (un'altra affinità con Enigk che si dichiarò "cristiano rinato" quando si sciolsero per la prima volta i Sunny Day Real Estate).

Everyone I’ve Ever Loved è l'album nel quale il frontman ha riversato la sua esperienza, la potenza emotiva ed evocativa musicale dei brani non fa altro che rendere più universale e coinvolgente la narrazione. L'opera si espande talvolta verso i confini post rock, ad esempio nei tappeti elettrici di Friends in the Foyer e nei riverberi di Dissolve ed in questo applica una ricerca di melodia e utilizzo della sezione ritmica ancor più approfondita e attenta di Nowadays, nonostante quell'EP risultasse già eccellente. Maryland si culla in un'atmosfera onirica da ballad per poi esplodere, sempre in modo moderato, come fanno anche altri brani. Drowned in Living Waters è ancor più palese nei suoi incanti elettroacustici ad allargare il confine tra ballata emo e crescendo post rock. Intangible Dream e Communion fanno tesoro di tutto il bagaglio emozionale di Klein e, come la marea che cresce e si ritira, traducono in musica un altalenarsi di movimenti passionali tra la quiete struggente, il maestoso e il riflessivo. Paradisum è la perfetta chiusura, un piano incerto e una voce filtrata rotta dal gelo invernale (registrata veramente in un freddo spazio aperto per catturare meglio la genuinità) rimettono in gioco e in discussione tutto ciò che abbiamo ascoltato, riportando il tutto all'essenza concettuale dell'album: l'esposizione in musica di un viaggio interiore. Sicuramente un gruppo a cui dedicare molta attenzione.

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