martedì 13 aprile 2021

Cestra - Portal (2020)


Kat Marsh è un'autrice e interprete attiva nella scena musicale inglese da ormai più di dieci anni. Il suo nome è stato sempre nascosto scegliendo pseudonimi o progetti che lavorano talvolta dietro le quinte di album piuttosto conosciuti. Ad esempio, con i suoi Choir Noir, oltre a realizzare arrangiamenti a cappella di brani noti (più sotto potete ammirare la loro versione di Arcarsenal degli At the Drive-In), ha partecipato ad album di artisti metal come Bring Me The Horizon e Architects, anche reinterpretando canzoni del repertorio di queste band. 

Oltre a ciò, per quello che riguarda le proprie produzioni, la Marsh da molto tempo collabora con il produttore Pete Miles, responsabile tra l'altro di quel capolavoro che è Hush Mortal Core di Martin Grech, il quale, guarda caso, ha fatto parte della prima band della cantautrice chiamata Lionface e portata a termine nel 2017. Se risaliamo infatti alle session dell'EP Battle del 2015 e Hush Mortal Core, registrato più o meno nello stesso periodo, scopriamo che nel team di produttori e musicisti ricorrono molto spesso gli stessi nomi. E i legami non finiscono qui dato che gli ottimi remix inclusi nell'EP sono a firma Martin Grech, Acle Kahney (TesseracT) e GUNSHIP (ai quali ha prestato la voce anche Grech).

Se nei Lionface lo stile della Marsh oscillava tra techno-metal, industrial e ampi sprazzi pop, con il suo nuovo moniker Cestra e il relativo primo album Portal continua ad amalgamare sonorità tra l'elettronica eterea, il metal orchestrale e l'art pop. Sia chiaro che per "orchestrale" non si intende la solita pomposa commistione con la musica classica, ma gli arrangiamenti degli archi, ad opera della stessa Marsh, vanno a completare e inserirsi nella fitta trama elettronica. Anche se questo non è l'elemento essenziale dell'album. Portal dà spazio a strumentazioni che creano una precisa estetica sonora e la Marsh, da cantante e interprete molto preparata, utilizza le stratificazioni di voci e synth per edificare una visione estremamente moderna e futurista del pop.

Brani come AlpHa, Monument e Meridian tendono ad un aspetto spirituale della scrittura ed anche a livello di prestazione vocale, ognuno viene impegnato a sondare un lato differente di una rappresentazione musicale tecnocratica basata su sonorità algide e artificiali. Twin Heart Beat, Aurelian e Reunion sono quasi delle loro contrapposizioni rivestite da un arrangiamento da camera, ancora una volta concentrate nel trasmettere sensazioni da contemplazione e impalpabilità. Dall'altro lato abbiamo gli imponenti droni sonori di Aeon, tra violini e synth, che aprono uno squarcio da pop futuristico alla Björk. Poi Deep Space ritorna a suoni industriali che nel chorus si scontrano con un innesto inusuale di polifonie vocali. Infine ci sono le ampie armonie da rock sinfonico di Blood Rites e Elision, dove per la prima volta si ascolta anche qualche chitarra elettrica. Il compito della Marsh è quello di riportare il tutto ad un piano umano e terreno con la sua notevole voce.

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