lunedì 28 ottobre 2019

Great Grandpa - Four of Arrows (2019)


Se si pensa alle circostanze dalle quali è nato Four of Arrows c'è di che stupirsi del risultato. Dopo l'esordio con Plastic Cough (2017), infatti, il quintetto di Seattle si è praticamente disperso, a causa di trasferimenti, lavoro e matrimoni che li hanno messi in pausa forzata. Ma nonostante la vita reale abbia preso il sopravvento, i coniugi Carrie (basso, voce) e Pat Goodwin (chitarra) hanno continuato a scrivere, principalmente con chitarra acustica, collezionando i brani che poi sono finiti su Four of Arrows. Raccontata in questo modo ci si aspetterebbe un lavoro ruvido, minimale e diretto, magari uno stretto discendente del pop grunge di Plastic Cough, invece quell'urgenza creativa rimane solo un ricordo per la crescita e la maturità con cui la band si ripresenta con la seconda fatica, a partire dall'iconica prova vocale di Alex Menne e dalla produzione Mike Vernon Davis che valorizza ogni scelta estetica in funzione della nuova direzione.

Dalla genesi acustica con la quale sono state concepite le tracce, la resa finale è un miracolo di arrangiamenti e intuizioni inusuali per un album del genere, tanto che l'indie rock caricato di emo pop si inerpica nei reami dell'art pop più sognante e melodico. Il bello delle undici composizioni di Four of Arrows è che nessuna rimane nel tempo come appare inizialmente e, mentre il gruppo ci accompagna in un viaggio musicale che cambia come il panorama visto attraverso un finestrino di un treno, si viene sopraffatti dalla variabilità delle emozioni, dall'improvviso sprigionarsi di sferragliate code elettriche, interludi acustici e grandiosi spazi di folk barocco. La struttura stessa dei brani non sempre è convenzionale, ma ai Great Grandpa non interessa collezionare deviazioni tematiche, ma piuttosto farci vedere la canzone da varie angolazioni differenti. Se quest'anno doveste scegliere di ascoltare un solo album di indie rock, Four of Arrows sarebbe la scelta più saggia e appagante.