La gestazione che portò a quest’opera fu lunga e tormentata, ma in cambio di tale sforzo i The Felix Culpa ottennero un grande riconoscimento dalla critica. Reduci da un primo album uscito nel 2004 e un EP nel 2005, il gruppo riuscì a pubblicare il suo secondo sforzo discografico soltanto nel gennaio 2010, rischiando anche di non realizzarlo affatto, poiché durante il completamento di Sever Your Roots gli eventi personali dei membri - tra matrimoni, lutti improvvisi e trasferimenti - portarono la band sull’orlo della dissoluzione. Ma tennero duro e alla fine questo lavoro fu il frutto di quegli anni tribolati.
Nel frattempo i The Felix Culpa avevano accumulato un repertorio di circa trenta brani inediti e, dall'originale trio Marky Hladish (voce e chitarra), Joel Coan (batteria) e Tristan Hammond (basso), era stato introdotto nella band un quarto elemento nella persona di Dustin Currier, che si occupava della seconda chitarra e di alcune parti di tastiera. Sever Your Roots, completamente autoprodotto e distribuito dal gruppo stesso, finì per contenere quattordici tracce. In seguito, quando nel febbraio 2011 la No Sleep Records mise sotto contratto i The Felix Culpa ristampando l’album, fu presa la decisione di allegarvi un CD aggiuntivo intitolato Bury the Axe, compilato da tre brani registrati per l’occasione, ma appartenenti alle stesse sessioni di Sever Your Roots che, forse per ragioni di spazio, erano state lasciate nel cassetto.
I The Felix Culpa con questo monumentale lavoro rimasero fondamentalmente legati al post hardcore, ma lo arricchirono con una mole tale di complessità e varietà tematiche da poter rientrare facilmente nei dettami del progressive rock. Sever Your Roots era e rimane quello che, nella sua integrità artistica, si può definire un capolavoro incompreso. I brani si dipanavano in lunghe trame dominate da dinamiche sfaccettate, troncando ipotetici chorus sul nascere e lasciando che la lenta edificazione portasse fino alla catarsi finale. Piccole cellule tematiche introdotte da un brano potevano essere sviluppate nella traccia successiva (ad esempio nel dittico Escape to the Mountain, Less Thou Be Consumed e The First One to the Scene of an Accident Always Gets Blood on Their Hands), proprio come accadeva in un concept album. Anche grazie a questa omogeneità musicale, Sever Your Roots era un’opera da godere nella sua totalità, dall’inizio alla fine.
The Felix Culpa - "Our Holy Ghosts" from Nick Cavalier on Vimeo.
Che le cose non avrebbero reso l'ascolto facile era messo in chiaro sin dal principio con la calma strisciante di New Home Life, un pacato e lungo cerimoniale d’inaugurazione che tratteneva a stento deflagrazioni improvvise che non apparivano mai. Su Our Holy Ghosts e The Constant la sezione ritmica si mostrava una delle più potenti e incisive in circolazione: i colpi vibrati da Coan, la cui potenza era sottolineata dal fragore distorto del basso di Hammond, erano precisi e pesanti come macigni. L’introduzione dei brani era spesso sussurrata e in stile lo-fi, per poi sfogarsi successivamente in vortici emozionali come accadeva su Mutiny. Il massimo del pathos veniva raggiunto nel trittico It’s Raining at Indian Wells, What You Call Thought Control, I Call Thought Control e An Instrument, posto quasi alla fine come per liberare la tensione accumulata, arrivando alla commovente chiosa di Apologies.
I testi si concedevano ad interpretazioni abbastanza libere e si perdevano in simbolismi metaforici e deliqui religiosi (con riferimenti anche alla Genesi) su colpa e redenzione, spiritualità e pentimento, amore e morte, delineando un unitario e profondo concept sui rapporti personali. Da più parti risuonarono paragoni con altri gruppi come Brand New e Thrice, ma ciò che avevano raggiunto i The Felix Culpa con soli due album andava ben al di là del post hardcore più lineare e ad effetto di queste band. Tra le tante recensioni positive che seguirono l’uscita di Sever Your Roots, la più efficace definizione fu data probabilmente dalla rivista mensile Illinois Entertainer: “Un album che raggiunge facilmente l’obiettivo del gruppo di plasmare una testimonianza più significativa. È anche un album piuttosto impegnativo, complesso e impenetrabile al primo ascolto, anche perché questa fatica di più di un’ora è completamente coesa e connessa, con ogni canzone che viene collegata all’altra per tutta la durata dell’album. È il tipo di album che osa, ma che non si aspetta che tu venga a patti con lui. Eppure ad ogni ascolto successivo, non solo Sever Your Roots prende forma, ma il proprio flusso e riflusso comincia a manifestarsi, svelando un’esperienza emotivamente tumultuosa e catartica”.
L’ottima accoglienza della stampa riservata a Sever Your Roots non fu seguita, purtroppo, da quella del pubblico e non bastò a fermare il destino inevitabile della band. Tutta la frustrazione, che era aleggiata durante la lavorazione dell’album, emergeva chiaramente nel testo di Because This is How We Speak. Il brano metteva in chiaro che ogni istante di vita del gruppo era percepito come se potesse essere l’ultimo e, sia ben chiaro, non era dovuto alla tensione tra i membri, ma all'evolversi troppo impegnativo delle loro vite personali. Il presentimento si realizzò compiutamente solo più tardi: i The Felix Culpa decisero di separarsi, rimanendo ottimi amici e celebrando l’addio con un ultimo concerto al Metro di Chicago il 9 dicembre 2011 (celebrato anche nel documentario To We, The Nearly Departed). Quella data, però, non rappresentò il definitivo epitaffio del gruppo che si ricostituì in modo inaspettato nel 2014, inaugurando il ritorno sulle scene con uno “split EP” condiviso con i Foreign Tongues e uscito nell’agosto di quell’anno. A tutt'oggi i The Felix Culpa rimangono insieme, ma ancora non è dato sapere se pubblicheranno qualcosa di nuovo.
Nessun commento:
Posta un commento