martedì 12 settembre 2017

The Contortionist - Clairvoyant (2017)


Di recente neanche per il cambio di rotta di Steven Wilson ho visto tanto astio come quello riservato ai poveri The Contortionist nel momento in cui hanno pubblicato i singoli tratti dal nuovo album Clairvoyant. Una buona percentuale di commenti a margine nei vari social network (quindi non la maggioranza, precisiamo) fanno trasparire una certa delusione dei fan di vecchia data per il nuovo corso intrapreso dalla band, liquidato senza pietà come noioso, piatto, svogliato, fino ad arrivare al meno politicamente corretto "cos'è questa merda?" o altri più nostalgici che rimpiangono il vecchio cantante Jonathan Carpenter. Fin qui si dirà, è solo l'opinione di singoli e intransigenti sostenitori che non accettano come i The Contortionist siano diventati effettivamente un'altra band rispetto ai primi due album. In più le recensioni che stanno uscendo in anteprima, se positive mettono le mani avanti e sottolineano come Clairvoyant sia un album divisivo, se negative non ci vanno alla leggera sui giudizi, imputando una parte della responsabilità, appunto, alla voce di Michael Lessard così poco espressiva e monocorde.

Quindi per chi vivesse su Marte ecco cosa è successo in breve: i The Contortionist erano una band di technical death metal con uso abbondante di harsh e growl vocali, con l'arrivo di Lessard nel 2013 al posto di Carpenter la cosa si è di molto attenuata sul precedente Language, lavoro che comunque ha riscosso consensi unanimi, ora con Clairvoyant questo vezzo è scomparso del tutto (a voler fare i pignoli però ogni tanto si sente ancora qualche harsh in sottofondo, ma non ci interessa) e d'ora in avanti Lessard canterà esclusivamente in un registro clean. La scelta compiuta dal gruppo non è una novità nel panorama metal, ci sono altre band che hanno compiuto questo salto, ma sembra che per i The Contortionist il passaggio sia stato più traumatico. Il gruppo aveva comunque fatto presagire tale direzione con l'appendice a LanguageRediscovered, realizzata dopo un anno con quattro brani tratti da questo album reintepretati in chiave più intima.

Ed è così che per l'abbandono di queste scelte estetiche aggressive, infine i The Contortionist sono entrati nella mia traiettoria, oltre ad essere uno dei pochi a sostenere che se Language fosse stato concepito come Clairvoyant nella sua diversità ne avrebbe giovato, penso che quest'ultimo sia nettamente superiore. A parte la questione sull'uso della voce infatti i prodromi del cambiamento nel sound e nel metodo di composizione del gruppo partono proprio dall'album precedente e qui prendono contorni ancor più radicali e netti. I The Contortionist abbracciano in modo deciso un atmospheric prog nel quale tutto avviene in funzione di una visione meditativa e quasi mistica del metal, tanto che ormai la definizione stessa va loro stretta.

Clairvoyant è un album che richiede un confronto perché è inevitabilmente legato alla scia segnata da Language e nel suo cambiamento è come un esame generale su cosa funziona e cosa no nella nuova veste del gruppo, alla fine però la scelta estetica è così peculiare che dovrete essere voi a stabilirlo in base ai vostri gusti: in pratica, se vi è piaciuto Language non è detto che apprezzerete Clairvoyant o viceversa. Per quanto mi riguarda esso è una rampa di lancio efficacissima nel certificare uno status di livello in costante ascesa, rispetto a Language, per inserirsi con ancora più pertinenza nelle cerchie del progressive rock contemporaneo.

Dovendo scegliere un brano simbolo credo che The Center potrebbe rivestire questo ruolo, non perché sia il migliore (ce ne sono altri), ma perché ben rappresenta il procedere attonito, onirico, ipnotico di tutto l'album, sospeso in una sorta di limbo sonoro privo di climax. Anche dopo svariati ascolti non c'è infatti un frammento che si ricordi per la sua particolare memorabilità, pur potendo cogliere una struttura nei brani tutto viene avvolto in una nebulosa sonora monocromatica che ci fa perdere ogni punto di riferimento ed è una di quelle poche volte che riesco a comprendere certe critiche sull'inespressività di alcuni passaggi, che il narcolettico timbro vocale di Lessard contribuisce a rendere tutto ancora più algido e distaccato. 

Ma se da una parte l'insieme sonoro è così denso da mettere a rischio le dinamiche, cosicché il disco risulti uniforme, dall'altro le progressioni fusion e poliritmiche che stanno alle fondamenta vengono contaminate da una miriade di sottostrati post rock, ambient, metal, prog e new wave gestiti come pochi altri o nessuno ha saputo fare finora. I The Contortionist sfondano in questo modo la parete dell'inaccessibilità e si spingono a fondo in tappeti metallici ed elettronici così compressi da diventare eterei. Quella di Clairvoyant è una metal muzak che potreste mettere in sottofondo negli ascensori degli hotel senza avere lamentele dai clienti. Di quanti altri dischi prog metal azzardereste a dire lo stesso?






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