martedì 22 aprile 2025

Michael Woodman - Hiss of Today (2025)


Messi in pausa i Thumpermonkey ormai da un po' di tempo, il chitarrista e frontman del gruppo Michael Woodman si è dedicato ad un quieta ma ispirata carriera solista, prima con l'EP Psithurism (2021) e ora con il suo vero e proprio primo album di debutto Hiss of Today. Con questo lavoro sembra quasi che Woodman si sia prefissato uno scopo artistico con i mezzi a disposizione, puntando su una solita minuziosa ricerca timbrica della chitarra attraverso intrecci arpeggiati, riverberi cosmici e lontani vortici sintetici.

Nella sua descrizione dell'album, in cui Woodman rivela un'ispirazione esoterica riferita al personaggio di William Robert Woodman fondatore dell'Hermetic Order of the Golden Dawn, racchiude sinteticamente ed efficacemente il senso estetico musicale con il termine hauntology, genere che trae i suoi principi dall'avanguardia e si applica volentieri a territori rock. In effetti i loop a spirale, i continui accavallamenti di eco in cui Woodman cerca di immergere la sua musica, creano un'aura persistente di sottofondo mistico, come se da un album barocco/casalingo se ne volesse ricavare un profondo rituale laico.

Questo è ciò che si deduce dall'introduttiva V.I.T.R.I.O.L/ No Moon, No Throne dove la batteria programmata e l'incontro tra il basso minaccioso e l'elegiaca atmosfera data dalla chitarra creano un corto circuito tra lo-fi e psichedelia. Le fa da contraltare il finale da corale innodico Telomeres che, con il suo organo spaziale al quale si aggiungono note allungate di chitarra memori della frippertronics, pare chiudere un cerchio magico musicale.

La sensazione di astrazione si acuisce nell'ipnotica Ignathox, che pare un'improvvisazione per solo voce e chitarra, un po' fingerstyle un po' space rock, anche se dietro c'è una formula ben studiata. Ci sono poi brani più concreti come The Button e il singolo Lychgate (con Kavus Torabi come ospite) dove risorge quel rock alternativo obliquo e non convenzionale dei Thumpermonkey, ma come sempre il "viaggio" della struttura che traghetta dal punto A al punto B conta come un valore aggiunto. E nel suo bilanciamento tra forma canzone e sperimentazione lo-fi Lapsed rappresenta un buon punto di incontro tra le due facce dell'album, sperimentale e cantautorale.

Sia con i Thumpermonkey che da solista la penna ispirata di Michael Woodman non perde quella originalità di autore a cui piace uscire volentieri dagli schemi preimpostati, sia dell'alternative rock che del prog, confermando di muoversi sempre in territori musicali insoliti e stimolanti.

sabato 12 aprile 2025

The Mars Volta - Lucro Sucio; Los Ojos Del Vacio (2025)


I Mars Volta, al di là del rilevante o meno successo commerciale ottenuto, è innegabile che siano stati tra i più influenti innovatori del rock degli anni 2000. I loro paradigmi sonori si ritrovano oggi anche in band che ruotano al di fuori del prog o del post hardcore, i due generi che vengono principalmente ricollegati al duo Bixler-Zavala e Rodriguez-Lopez. Gli album dei Mars Volta sono stati così radicali nel reinterpretare certi schemi musicali da risultare amati o odiati senza mezze misure. Eccessivi a volte, sperimentali in più di un’occasione, ma mai banali. Come Zavala e Lopez lo sono stati nella loro “prima fase”, lo sono anche adesso, in questa nuova forma, ripartita ormai tre anni fa in modo inaspettato e totalmente differente a livello estetico, tanto che ancora una volta in tale incarnazione non assomiglia a nulla che è là fuori. Questo lo si può affermare adesso, con ancor più cognizione e al di là dei gusti personali, con l’arrivo di Lucro Sucio; Los Ojos Del Vacio, un lavoro sempre teso ad esplorare territori musicali alieni, divisivi e coraggiosi. 

Come già rilevato per il precedente omonimo album, i Mars Volta del presente non hanno quasi più nulla da condividere con il massimalismo dei loro primi album, Lucro Sucio è allo stesso tempo una dichiarazione di intenti e una conferma che quei Mars Volta sono defunti, o comunque che non torneranno mai in quella forma devastante e caotica. Il minimalismo, anzi, guida ogni particolare collegato a Lucro Sucio. A partire da come si presenta nella sua confezione molto essenziale, priva di credits, priva di testi e, a fungere da artwork, solo quella che è stata descritta dall'autore Adán Guevara come una mappa misteriosa che rivela una posizione ben precisa. 

Questa volta anche la presunta promozione preventiva dell’album è stata ammantata di mistero visto che, non solo il leak è stato alquanto prematuro per questi tempi (due mesi prima dell’uscita ufficiale), ma anche il fatto che da quel momento il gruppo e la label si sono trincerati in un silenzio quasi sospetto, senza annunci ufficiali di pre-ordini o altre consuetudini promozionali che si adottano in questi casi, dichiarazioni via social e quant'altro, in modo da far pensare che fosse tutta una stranissima mossa commerciale. Insomma, fino a qualche giorno fa il gruppo non aveva parlato o bombardato i social con promo, singoli o preview riguardanti l'album. Tutto è stato condotto a basso profilo, quasi dando l'impressione che Lucro Sucio; Los Ojos Del Vacio sia un album fantasma. L’unica tangibile esternazione al riguardo è venuta anch’essa in modo radicale e inconsueto, ovvero suonarlo a sorpresa nella sua interezza nelle date recenti di supporto ai Deftones. Una scelta coraggiosa comunque, molto più coerente rispetto al tour che era seguito al precedente omonimo album, nel quale la scaletta era dedicata per lo più a De-Loused in the Comatorium, forse più per celebrarne il ventennale che non, viene da pensare ora, a causa dell’avere poca fiducia sul nuovo materiale. 

A parte questa digressione Lucro Sucio; Los Ojos Del Vacio si distanzia e allo stesso tempo conferma in modo equo il nuovo corso dei Mars Volta. E' oggettivamente il loro album più sperimentale, per quanto possano esserlo stati quelli passati, ma in queste diciotto tracce i Mars Volta costruiscono un puzzle composito eppure omogeneo costituito da brevi abbozzi, ballads latinoamericane, intarsi jazz ed elettronici sospesi tra passato e futuro e brani spezzati o frammentati in più parti. Di nuovo l'atmosfera è rilassata, suadente, talvolta intima, le chitarre lasciano volentieri spazio alle tastiere, le ritmiche si dividono anch'esse tra elettroniche e quelle più tangibili e reali con l'ausilio di percussioni e infine anche il cantato di Bixler-Zavala si adegua con falsetti, delicati melismi o ricorso a timbriche sfruttate pochissimo nella sua carriera.

Se The Mars Volta voleva essere un ritorno alle origini musicali portoricane di Rodriguez-Lopez, Lucro Sucio; Los Ojos Del Vacio è l'altra faccia della medaglia che esplora un jazz rock spaziale ed etnico, anche se "rock" in questo caso è una parola da usare con cautela. "Soft pop avant-garde" verrebbe da chiamarlo. La parte più riuscita sono le prime quattro tracce, nelle quali si percepisce un reale impulso di cambiamento costruttivo in positivo. Con l'arrivo di The Iron Rose e Cue the Sun si ritorna sui lidi del precedente lavoro, ma proseguendo non mancano buone intuizioni. Alcune fanno pensare ad una continuità con Noctourniquet in chiave cantautorale (Voice in My Knives, Un Disparo al vacío), altre ad una ricerca di lidi che possano offrire spiragli di reale e convincente progressione artistica (Cue the Sun (reprise), Celaje).

Lucro Sucio; Los Ojos Del Vacio è un passo importante nel consolidare cosa vogliono essere i nuovi Mars Volta e pare aver le giuste intuizioni che però si potrebbero spingere maggiormente su territori progressive e meno su quelli in forma di canzone, elemento che sottrae fascino ad una musica che in questo caso rivela potenzialità più "espansive". Ciò che è sicuro è il potere polarizzante di Lucro Sucio; Los Ojos Del Vacio, un album che ha veramente caratteristiche per non passare inosservato, può piacere o meno, ma come una vera opera d'arte non lascia indifferenti.


 

domenica 6 aprile 2025

Introducing Touchdown Jesus


Qualche volta è meglio rimarcare in grassetto una band che potrebbe essere passata inosservata. Nella lista dei migliori EP del 2024 avevo incluso e segnalato l'esordio dei Touchdown Jesus You Must Not Know Who You Are To Them. Adesso, a distanza di circa un anno, il quartetto dell'Ohio ha pubblicato il secondo EP It’s All Feast Or Famine e penso valga la pena soffermarsi su di loro un po' di più. Anche se sono americani è stata attaccata ai Touchdown Jesus un'etichetta che li paragona all'ultima onda punk prog inglese che comprende Black Country, New Road, Squid e black midi. Grossolanamente e ad una prima impressione, i riferimenti potrebbero andare anche bene ma, tra tanti vari esempi emersi ultimamente come influenzati dalle band citate, i Touchdown Jesus sono abbastanza intelligenti nella loro direzione da sganciarsi audacemente nel somigliare agli originali in modo troppo accentuato o comunque poco ispirato.

Le loro spruzzate di jazz e punk hanno il sapore più del potere iconoclasta di Cardiacs e The Tubes che non della compostezza naif di Black Country, New Road o della algida e idiosincratica decostruzione melodica degli Squid. Ad ogni modo, i due EP dei Touchdown Jesus rendono un'idea abbastanza precisa dell'eclettismo della loro proposta, dosando in modo equilibrato avant prog e post punk, sfruttando la perizia tecnica del primo e ricorrendo alla ruvidezza caotica del secondo. In quest'ultimo lavoro appena uscito i Touchdown Jesus danno un'ulteriore sterzata in termini di complessità e accorgimenti tematici, elaborati insistendo su parametri math rock e ancora più prog dei gruppi presi come paragone.


sabato 22 marzo 2025

Recap di un anno musicalmente iniziato malissimo


Come vi sarete accorti altprogcore dall'inizio dell'anno è in una fase dormiente. La cosa è dipesa da vari fattori già calcolati, ma quello che ha preso un po' il sopravvento ultimamente, anche in modo inaspettato, è il trovarsi di fronte ad un anno finora privo di uscite interessanti. Siamo quasi a fine marzo e le pubblicazioni meritevoli sono veramente scarse. Non parlo eventualmente della necessità di capolavori, ma almeno qualcosa che sappia accendere un interesse più alto della media. Anche negli album di più rilievo come quelli di Steven Wilson, echolyn, Dim Gray, Coheed and Cambria, Eidola, CKRAFT, non ho trovato quella scintilla che avrebbe potuto elevare sopra la media (almeno di questo anno) lavori comunque molto attesi. Nel portare avanti un discorso musicale che possa tenere sempre la curiosità alta il 2025 sta un po' deludendo, ma volevo comunque avere modo di segnalare alcuni titoli degni (almeno i primi tre) e altri abbastanza interessanti ma nulla di miracoloso (gli altri), nella speranza di fare cosa gradita.



Con Trøst il quartetto danese Danefae dà alle stampe il suo secondo lavoro, notevolissimo sia a livello tecnico sia a livello di sensibilità nel giusto dosaggio tra metal, prog, folk e tradizione nordica.
 



Nel loro esordio Microcosm Of A Midlife Crisis i Chidori spingono lo swancore verso il chiptune, il mathcore e lo screamo con grande verve, divertimento e tanta voglia di sperimentare soluzioni di trame ibride, tra elettronica da video games e abrasività post hardcore.
 



Sun Against Artemis è un giovane quintetto di Richmond che affronta il prog con l'attitudine metal e post hardcore propri dell'onda americana alternativa degli ultimi anni. Finora hanno realizzato due EP di cui questo First Quarter è l'ultimo.  



I The Orchestra (For Now) potrebbero proseguire la sensazione suscitata in passato in Inghilterra da gruppi come Black Country, New Road, black midi, HMLTD e, ultimamente, Ugly. Come si è accorto anche NME, bollandoli come "massimalisti prog". Il loro primo EP Plan 75 raccoglie quattro brani abbastanza articolati e ambiziosi tra post punk e prog.
 



Anche i Samaritan Snare, come i Sun Against Artemis, provengono da quel ramo americano di prog di ultima generazione e in questo caso nel loro EP si propongono di perseguire l'epicità dei Coheed and Cambria e la tecnica dei Thank You Scientist.
 



Malcolm's Law è il nuovo album registrato live del gruppo math rock strumentale Waldo's Gift. Niente di nuovo, ma interessante.
 



To live in a different way è l'album di debutto dei Love Is Noise, duo inglese che si ispira allo shoegaze e al metal con riferimenti a Loathe e Deftones, ma con ancora più melodia e orecchiabilità. 



Sempre in tema di shoegaze, ma pure di post metal, il terzo album dei SOM Let the Light In si rialza dalla poca incisività del precedente. Sempre atmosfere suggestive e metalliche allo stesso tempo.

domenica 9 marzo 2025

Steven Wilson - The Overview (2025)


Facciamo un gioco. Proviamo ad immaginare che Steven Wilson dopo The Raven That Refused to Sing non si sia mai distaccato dal progressive rock, che non si sia mai fatto tentare dal pop con velleità sofisticate (To the Bone, The Future Bites) o da un solipsismo tracotante ed eclettico che ha generato cose più apprezzabili ma tuttavia che rasentano l'esercizio di stile (The Harmony Codex, Hand.Cannot.Erase). Per quanto un artista senta il bisogno di cambiare traiettoria, per quanto abbia tutto il diritto di sentirsi libero di cimentarsi in altri ambiti stilistici, ci sarà sempre un legame in cui si sente a proprio agio e gli permette di essere più ispirato, in pratica di "ritornare a casa". Il fine del gioco è realizzare definitivamente che, quando si parla di Steven Wilson, questa caratteristica venga più in evidenza e con The Overview ha preso di nuovo il sopravvento.

Non ho mai fatto mistero della mia personale "antipatia" per il corso intrapreso negli ultimi anni da Wilson e non perché ritengo che debba dedicarsi esclusivamente al progressive rock, solo che ho sempre avuto l'impressione che con altri stili non riesce a connettersi a dovere e produrre qualcosa di convincente. Il suo nuovo album presenta solo due lunghe suite, ispirate non tanto a un concept quanto all'idea dell' "effetto della veduta d'insieme" ("The Overview" appunto), ovvero una particolare condizione di cambiamento cognitivo riscontrato negli astronauti che, una volta nello spazio, realizzano come la Terra sia un piccolo e fragile pianeta dove tutto ciò che è stato nel tempo costituito dall'uomo (conflitti, confini, religioni, ecc.) diventa all'improvviso insignificante di fronte alla precarietà del nostro pianeta fluttuante nell'universo. Una variante del discorso sul "Pale Blue Dot" di Carl Sagan in pratica.

L'intrigante premessa tematica si riflette nella musica più ispirata creata da Wilson dai tempi di Grace for Drowning a questa parte. Finalmente si sente scorrere linfa nuova nell'uso della sua voce (con tutti i limiti che si porta dietro), nel ricorso a multistrati vocali sfruttati in modo creativo, così come inconsueti timbri di tastiere e chitarre elettriche i quali, è vero che richiamano le asprezze di Yes e King Crimson, ma assumono una personalità tutta propria nel contesto sonoro.

La prima parte - Object Outlive Us - mette in prima linea il piano acustico e i temi musicali vengono sviluppati e impiegati forse in modo ridondante, ma in generale piacevolmente. Insistenti cori marziali si scontrano con cadenze reiterate minimali, come nel pop dei Field Music, ma allo stesso tempo imponenti e psichedeliche come nei Knifeworld. La parte strumentale che inizia circa dopo 14 minuti dall'inizio è tra le cose più interessanti prodotte da Wilson negli ultimi anni, una jam in cui si insinuano chitarrismi alla Steve Howe e Robert Fripp, mentre il groove ritmico spinge senza sosta.

Sulla title-track ritorna l'amore per le ritmiche elettroniche breakbeat, retaggio dei primissimi Porcupine Tree degli anni '90, quando Wilson era affascinato dai suoni IDM dei The Orb e dei Future Sound of London. La parte che segue forse è l'unico punto debole di tutto l'album, modellata come una più che ordinaria ballata per chitarra e piano, svogliata come un pezzo di David Gilmour, dimenticabile come una b-side di british pop. Il resto è una costruzione di suoni e accordi di tastiere avvolgenti che sfiorano la muzak e la fusion, dove si respira veramente del prog accattivante, soprattutto nelle varianti degli assoli che si susseguono, tra chitarre, synth e tastiere. Il tutto si chiude con lunghe note ambient di tastiere che sembrano provenire dal progetto collaterale Bass Communion.

Con The Overview Steven Wilson sembra perseguire un proprio ideale su grande scala alla Mike Oldfield, dove a tratti compaiono stratificazioni strumentali e architetture sonore che lasciano da parte l'ambizione in favore di un'organizzazione strutturale focalizzata su un fluire coerente e ben collegato. Al di là di tutte le voglie di peregrinazione stilistica che si è potuto togliere Wilson come artista, in definitiva si sente che è questo che deve perseguire e che gli riesce meglio. Intendiamoci, The Overview non è un capolavoro, ma almeno in questo caso la componente sonica e timbrica funziona meglio che altrove e possiede un sapore nuovo, svolto in modo molto più efficace rispetto agli album precedenti, strombazzati dall'autore all'epoca quasi come produzioni che sondavano territori musicali inediti, quando in realtà, con il senno di poi, non hanno lasciato un granché.