sabato 24 settembre 2011

STEVEN WILSON - Grace for Drowning (2011)

 
Grace for Drowning è la prova che, se Steven Wilson si impegna, riesce ancora a fare qualcosa di buono. Premetto che sono un fan della prima ora dei Porcupine Tree e ho seguito sempre con interesse tutti i progetti portati avanti da mr. Wilson. Quindi credo di parlare con cognizione di causa quando dico che negli ultimi anni (diciamo dal dopo In Absentia) c’è stata una flessione in negativo per quanto riguarda le varie produzioni in cui è stato coinvolto. Forse sarà stato il fatto di impegnarsi in una moltitudine di progetti a disorientarlo (seriamente, non capisco come faccia quest’uomo a trovare il tempo per fare tutto quello che fa). Fatto sta che la prolificità di Wilson è stata inversamente proporzionale alla qualità del suo materiale. 
 
Poi ti arriva questo doppio album e non sai cosa pensare. Cosa è successo Steven? È arrivata un’improvvisa vampata dal fuoco sacro dell’ispirazione? Sì, perché praticamente Grace for Drowning è il miglior lavoro di Steven Wilson da dieci anni a questa parte (già, compresi Porcupine Tree, No-Man e Blackfield). E chi pensava che Insurgentes o The Incident fossero buoni album dovrà seriamente rivedere la propria scala di valori da quanto è ampio il divario tra quelle opere e la qui presente. Insomma è questo lo Steven Wilson che vogliamo. Quello che si confronta con il progressive rock del passato e lo riveste con abiti moderni e non ci importa in che misura sarà citazionista. A tal proposito c’è da dire che i lavori di remixaggio degli album dei King Crimson hanno lasciato sicuramente traccia in alcune sonorità aspre che caratterizzano l’opera, soprattutto mutuate da Lizard e Islands.  
 
Vol.I - Deform to Form a Star  
 
L’intro di Grace for Drowning ci anticipa che sarà il pianoforte (qui suonato da Jordan Rudess) il protagonista dei due volumi e già questa è una sorpresa, abituati a vedere Wilson privilegiare la chitarra. Ad ogni modo ricordo un’intervista ai tempi di The Sky Moves Sideways nella quale il Nostro ammetteva di comporre più volentieri al piano che non alla chitarra e sicuramente in questo album ce lo dimostra. Con la strumentale Sectarian ci si addentra immediatamente nell’ottica crimsoniana (mutuata dai contemporanei Anekdoten) con un basso martellante, bordoni di chitarre distorte, mellotron e progressioni in crescendo tipiche dell’era Larks’-Starless-Red.  
 
Deform to Form a Star è la prima perla: una ballad per piano che nei suoi accordi ha un che di vagamente canterburiano, sfociando poi in un chorus tipicamente “Wilson style” (dall'era Stupid Dream direi). Bellissimi anche i solismi della chitarra: il primo, che va ad introdurre basso e batteria, magico e gustoso; il secondo, maggiormente invasivo, con le stesse sonorità distorte di Where We Would Be. No Part of Me fa il pieno di ospiti con Pat Mastellotto, Nick Beggs, Trey Gunn e Markus Reuter. Il brano è virtualmente divisibile in due sezioni: la prima, con accenni di suoni ambientali e una leggera patina di percussioni elettroniche à la David Sylvian; la seconda, molto più aggressiva, dominata dalla Warr Guitar di Gunn.  
 
Postcard ritorna alla ballata pianistica, questa volta nella chiave pop e più leggera che caratterizza i Blackfield. Il suggestivo coro cosmico - tra il gregoriano e il misticismo di Ligeti - di Raider Prelude fa da ponte con Remainder the Black Dog. Il brano - uno dei più notevoli ed eclettici usciti dalla penna di Wilson - si dispiega lentamente in un arpeggio sinistro di pianoforte al quale si aggiunge una ritmica sincopata che incrementa l’inquietudine. Il crescendo, attuato attraverso fraseggi scomposti del sax di Theo Travis e bassi incalzanti, è molto simile alle cose dei King Crimson di Islands, fino ad arrivare alla seconda parte dove si insinuano schegge di jazz e ambient.  
 
Vol.II - Like Dust I Have Cleared from My Eye 
 
Se ad introdurre il primo disco c’era il pianoforte, qui c’è l’arpeggio malinconico della chitarra classica di Belle de Jour, che sembra uscita dalle corde di Steve Hackett. Dopodiché c’è anche spazio per il Wilson che apprezzo di meno, quello che si concede puntate nella dark elettronica su Index e parte di Track One. Ma, per fortuna, rimangono episodi isolati. Il secondo disco è semmai dominato dal tour de force della suite Raider II che si apre con poche note gravi di pianoforte e poi entra quella linea vocale che riecheggia così tanto Cirkus (da Lizard). Il brano si dipana in tutta la propria complessità tra spasmi metal e suggestioni fusion dove, in entrambi i casi, i fiati di Theo Travis si adeguano prendendo le mosse dall’indimenticato Mel Collins. Erano anni che Wilson non scriveva con questa lucidità e sapienza progressiva, dove si incontrano avant-garde, jazz, R.I.O., germi d’elettronica e ambient.  
 
Like Dust I Have Cleared from My Eye è un altro pezzo da novanta, una tenue ballad che dona una rinnovata prospettiva al lirismo wilsoniano. Con accordi ariosi e aperti, malinconici e allo stesso tempo gioiosi (sui quali Wilson cuce uno dei sui più ispirati assoli) che trasmettono proprio la sensazione di una ritrovata pace interiore dopo un travagliato viaggio. Ottimo, nonostante una coda ambientale un po’ troppo lunga. A questo punto cosa dire? È inutile negare che lo stato di grazia di Steven Wilson si manifesta ogniqualvolta quest’ultimo rivolge lo sguardo al passato - agli anni ’70 per la precisione - e lo “riporta indietro” nella propria musica. Per quanto Wilson si sforzi e si divincoli per sfuggirgli è questo il suo ambiente naturale e non quello prog metal degli ultimi Porcupine Tree. È come uno scolaro che per molti anni ha fatto l’indisciplinato e ora ha ripreso l’aspirazione a suonare progressive rock. E difatti, dopo tanto tempo, quando le speranze sembravano svanire, Wilson è tornato a grandi livelli. Che questa “disciplina” sia stata ritrovata dalla frequentazione del dottor Fripp? Ah! Magari i Porcupine Tree potessero suonare così! 

 

17 commenti:

red ha detto...

Mah, io su Steven Wilson sono un po' perplesso.
Trovo The Incident poco ispirato (ad essere buoni) e anche Insurgentes mi sembra un collage di idee troppo poco sviluppate.
E il suo ultimo lavoro con Aviv Geffen (Blackfield) è il peggiore dei tre cd in studio del duo.
Insomma mi pare che si stia ripetendo un po' troppo e non vorrei che confermasse la mia teoria che tutti possono fare rock fino a 70 anni, ma il meglio lo danno a 20.
Spero di essere smentito presto dal''album..

Lorenzo Barbagli ha detto...

Concordo. Se tu sei perplesso io lo sono di più! Mi sono preso anche molte critiche per avere parlato male di Mr. Wilson e dei suoi PT in un post di questo blog.
La verità è che per me da Deadwing in poi Wilson ha finito il suo ciclo. Ma Grace for Drowning mi incuriosisce e spero in una ripresa. Non è che rimango prevenuto come alcuni credono...prima ascolto e poi giudico. E, se dopo tante cose scadenti esce qualcosa di buono, sono il primo a dirlo.

Anonimo ha detto...

Mah, io trovo The Incident uno dei migliori album "a trama" dopo The Wall dei PF.
Wilson è un grande musicista, ha fatto della buonissima musica a 16 , a 20 anni e la sta ancora facendo per se, per i PT e per No-man. Tutto senza l'appoggio dei "papponi" della produzione musicale.
Poi, naturalmente, tutto è soggettivo: C'è ancora gente che considera originale la musica della Nannini o di Vasco Rossi.

Antonio ha detto...

C'è qualcosa di vero probabilmente in tutti e tre i post. Ovviamente mi auguro che "Grace for Drowning" possa dissipare i dubbi che a qualcuno potrebbero essere legittimamente venuti dopo le ultime cose. In ogni caso sono dell'avviso che Wilson abbia già dato molto alla musica di fine secolo scorso e che forse...qualche proiettile in canna possa averlo ancora ;-)

Lorenzo Barbagli ha detto...

Che ne dite? Si capisce che mi è piaciuto?

Willo ha detto...

Concordo pienamente con te. Un album che fin dal primo ascolto mi ha dato molto più di tutti gli altri progetti Wilsoniani degli ultimi dieci anni. Amo molto i PT ma credo che Stupid Dream sia stato il loro top. Ora c'è solo da vedere se questo lavoro crescerà col tempo o se invece comincerà dopo il tezo ascolto a venire a noia.

Nil0201 ha detto...

Il tuo parere positivo mi fan ben sperare!
Il precedente Insurgentes è 'carino' ma trascurabile a mio parere.
L'ultimo dei Blackfield è il più brutto e quello con meno idee.
Secondo me è proprio questa gran quantità di progetti a sfiancare la creatività di Wilson.

Harmony Korine ha detto...

orideDi solito la musica di Steven Wilson si apprezza di più ri-ascoltandola. Non ci sono ripetizioni, forse un po' di nostalgia per qualche atmosfera dimenticata e a qualcuno addirittura sconosciuta. Questa volta c'è un po' di King Crimson, ..."Lizard", forse "Red": Grande e sempre propositivo può permettersi di sacrificare qualche pezzo, se non piace.
Stupid Dream per me segna la fine dell'epoca "giovanile". Quello che segue, compreso il cambio di batterista, è sicuramente diverso e più influenzato.

Harmony Korine

red ha detto...

Lo ascolterò tra un po', ho un pacco di cd arretrati che mi aspetta prima di affrontare il buon Steven, che immagino non meriti un ascolto frettoloso.
Se le cose stanno dice chi l'ha già sentito, sarà qualcosa di ghiotto anche per me; mi basterebbe che fosse al livello dei primi 5 brani di "In absentia"...

Lorenzo Barbagli ha detto...

Sarà che ho un debole per le influenze jazz/fusion in generale che me lo fanno apprezzare ancora di più, ma qui SW ha superato alla grande anche In Absentia.

Antonio ha detto...

Forse dovuto alla trepidazione nell'attesa, e forse ad ascolti non ancora approfonditi, il tempo dedicato alla scoperta di questo lavoro ha fatto consistemente crescere in me la convinzione che Wilson stia viaggiando su binari paralleli all'interno della sua stessa produzione solista. I fortissimi contrasti, i chiaro/scuri improvvisi e la predilezione spesso per oscure trame non sempre sortiscono, almeno a livello personale, risultati mirabili. Le stesse scelte armoniche o accordali, le soluzioni estetiche mi lasciano dubbioso, soprattutto nel secondo dei due cd. Eppure "Grace for Drowning" offre felici visioni nel primo cd e idee, fantasíe, melodie notevoli. Non sarebbe sata augurabile forse una maggiore sintesi ?

Lorenzo Barbagli ha detto...

Quando mi capita di ascoltare un CD doppio, in effetti, penso anche io al fattore "sintesi" e cioè se quell'album avrebbe potuto essere migliore con qualche minuto di meno.

Capisco che Grace for Drowning potrà creare qualche dubbio in proposito (d'altra parte non siamo tutti uguali). Personalmente, ogni volta che lo ascolto, non ci sento alcun senso di "pesantezza", ma scorre via benissimo. Anzi, mi crea quasi una aspettativa per ciò che verrà dopo.

Detto ciò, trovo anch'io il primo CD migliore del secondo, ma solo per il fatto che ci sono Index e Track One che, come ho detto, non mi soddisfano molto. Ma comunque le giudico come una delle tante sfaccettature che assume quest'opera che per ora, a parere mio, rimane una delle migliori di Wilson.

Forgio ha detto...

Bravo,bella recensione,prima di ascoltarlo l'ho letta ben bene e devo dire di essere daccordo con te.Preferisco di gran lunga questo Wilson qui che non l'ultimo dei PT.C'è da dire che rimane un grande musicista senza discussioni,però in effetti questo volersi destreggiare tra troppi progetti poi irrimediabilmente porta a qualche cd non all'altezza.Però dai,speriamo di sentire altra roba simile a Grace for Drowning.

dar9500 ha detto...

A parte le inevitabili citazioni, quando ci si confronta su questo campo musicale (sappiamo tutti quale) a me sembra assolutamente il migliore (sotto l'aspetto sia creativo che armonico)tra tutti i suoi lavori....8,5.

dar9500 ha detto...

rr

Anonimo ha detto...

Premetto che ho sentito i PT, i No-Man e i Blackfield in ordine volutamente cronologico... devo dire che sinceramente non so se la musica che fa ora SW sia meglio o peggio della passata. Se prendiamo Stupid Dream, In Absentia e FOABP sembra di sentire tre gruppi diversi. La cosa che apprezzo di più di questo musicista è il fatto che si sa rinnovare di uscita in uscita (a parte The Incident che ritengo troppo ripetitivo e poco ispirato, ma noto che è opinione abbastanza diffusa,). Venendo a GFD, penso che sia un ottimo album, pieno di idee e spunti interessanti che spero si riversino anche nelle prossime produzioni PT. L'idea soprattutto di inserire inserti jazz in trame quasi metal l'ho trovata geniale.

giovanni ha detto...

Bellissimo articolo. Mi vedi concorde su tutta la linea. Speriamo davvero che i PT possano risvegliarsi dal torpore post In Absentia!