lunedì 28 marzo 2022

Oltre la quinta onda emo

 
 
Come spiegavo in un vecchio post riguardante i Valleyheart, l'emo (o emocore che dir si voglia), esattamente come altri generi, è arrivato negli ultimi anni ad evolversi oltre i canoni per i quali è storicamente conosciuto. Ciò comprende una prospettiva aperta che talvolta cela inaspettate deviazioni verso sperimentazioni e aperture più profonde, le quali possono avvicinarlo ad un'estetica allargata o ad altre prospettive, come accennavo anche nella recensione di Illusory Walls. Quindi non appaia strano che sempre più spesso se ne parli tra queste pagine, d'altronde chi avesse letto il libro che prende il nome da questo blog, sa che nell'introduzione parlo dei Sunny Day Real Estate, pionieri del genere, e dell'influenza che essi hanno avuto per l'evoluzione del prog hardcore.  

Andando più nel dettaglio, per far capire quanto l'emo sia cambiato di recente, la stampa musicale ne ha individuato finora addirittura "cinque onde", tra le cui fila dell'ultima troviamo band di confine come Origami Angel, The Hotelier, The World Is a Beautiful Place & I Am No Longer Afraid to Die, Really From, giusto per citarne alcune. Tutto questo per dire che di recente mi sono ritrovato ad ascoltare una serie di album (tutti pubblicati negli ultimi due mesi) validissimi, a cui la definizione emo va stretta, anche se le premesse sono legate inequivocabilmente a questo genere, ma il sound abbraccia molteplici stati d'animo.


I primi sono i The Grievance Club, formati da Kevin Cappy (voce, basso), Harrison Mills (voce, chitarra) Steve Perrino (chitarra), che in realtà con il loro primo album JOYMAYKR rimangono vicini a latitudini emo/pop punk, ma con un'attitudine a cambiare le carte in tavola nel loro frenetico gioco di chitarre simile alle trame in costante movimento di Damiera e A.M. Overcast. In questo JOYMAYKR è una bomba al fulmicotone che non ha un attimo di cedimento tra melodie memorabili e riff incantevoli.

 

Anche i Caracara sono una recente scoperta e fanno parte della scena indie di Philadelphia. Non a caso il secondo album appena uscito, New Preoccupations, ospita in un brano Anthony Green dei Circa Survive che fa una fuggevole comparsa. Ad ogni modo, dopo un buon EP come Better, il gruppo si preoccupa più di dare personalità all'atmosfera e un'identità agli strumenti, piuttosto che optare per brani galvanizzanti che proseguano sulla scia del singolo Hyacinth. Una scelta non scontata che va ad abbracciare la parte più sensibile e meditabonda del midwest emo e del post hardcore.  

 

I peregrine sono ancora un nome poco conosciuto, ma dopo il solido esordio con As One Would Exist Within the Crescendo (2019), il nuovo the awful things we've done li conferma come quanto di meglio possa offrire l'attuale scena post hardcore/emo. Rimanendo fedeli ad un'estetica che accoglie a tratti la rabbia degli At the Drive-In più maturi e le evoluzioni dinamico/melodiche dei Sunny Day Real Estate e dei Brand New, i peregrine ne approfittano per approfondirle e dipanare la tensione crescente che mette in atto la ricerca di una melodrammatica esplorazione emotiva. Ne esce fuori un album solido, che ha tutte le carte in regola per essere considerato un nuovo classico del genere, tra sperimentazione che espande i limiti della forma canzone e catartiche esplosioni melodico/dissonanti.
 
 
 
Poi ci sono gli Overgrow, ovvero l'emanazione del tormentato frontman Jake Ciccotelli. Con i primi tre EP (tutti di alto spessore e di grande impatto emotivo) The House You Made (2018), The Name We Share (2019) e Hear Your Voice Again (2020), Ciccotelli si era dedicato a dettami emo molto vicini a territori che valorizzano le dinamiche quiet/loud e crescendo, simili a gruppi come Valleyheart, Moving Mountains e anche i recenti dim. Con l'album d'esordio Walls of Mirrors tutto ciò si sposta verso una prospettiva atmosferica e dreamgaze che, se ad un primo impatto può sembrare allontanarsi dall'emo, in realtà ne coltiva i legami per scoprire appunto altri paesaggi, solo con un idioma musicale differente, simile a quello dei Copeland. L'omogenea aura sonora che caratterizza tutti i brani di "Walls of Mirrors" li fa sembrare legati l'uno all'altro come fossero parte di una suite uniforme nella quale è bello immergersi.
 
 
 
Infine i Painted Light, in questa rassegna, rappresentano la frangia più orientata verso la psichedelia e il math rock. L'album Comfort in the Consistency prende l'emo dalla parte più melodica, acustica e americana.
 
 
 
 
Una playlist per approfondire 
 

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