mercoledì 11 luglio 2018

Visitors - Crest (2018)


Come precedentemente annunciato un anno fa, i Visitors pubblicano il loro esordio che prosegue la linea narrativa della storia iniziata con l'EP Vortices, A Foreword, una specie di concept del quale esiste anche una graphic novel dal titolo Axis B in pieno spirito con la saga multimediale ideata dai Coheed and Cambria. Come spiegato a suo tempo i Visitors sono un quintetto di Salt Lake City che suona experimental post hardcore di cui il cantante e chitarrista Ian Cooperstein milita anche nei Gloe, molto consigliati anch'essi.

La già ottima alchimia della band, che comprende anche Bryan Lee (batteria), Cameron Jorgensen (basso), Ty Brigman (chitarra), and Ian Hilton (chitarra, synth), emergeva già nell'EP, ma su Crest assume aspetti grandiosi e quasi epici. L'album è un tour de force da gustare tutto d'un fiato con pezzi dalle dinamiche massicciamente complesse ed estreme e, oltre a questo, un lavoro perfettamente compiuto nell'interazione contrastante tra le interazioni vocali harsh e clean. I Visitors partono da tutto ciò che è stato lasciato all'eredità di questi anni in campo prog hardcore (che siano i The Mars Volta o i Sianvar) e lo sfruttano per andare ad inerpicarsi su territori personali, incentivando visioni psichedeliche, acide e post metal anziché involute digressioni math rock.

In Crest convivono e si scontrano le svolte dinamiche più inaspettate tra spasmi violenti e vortici spaziali elettrici che riconducono ad oasi melodiche dosate con perizia. Il tutto è assolutamente compatto e solido, controllato e pilotato con mano sicura dall'inizio alla fine senza un attimo di respiro o di esitazione. Questo per dire che, tirando le somme, i Visitors con il loro amalgama strumentale ottengono esattamente ciò che vogliono: l'aggressività riversata nell'album, che raggiunge l'apice su Fugue (in D Minor), rimane in secondo piano in favore di un visionario concept che trasmette sensazioni di catarsi lisergica senza il pericolo di sbavature.

Il paesaggio che si squarcia attraverso brani come Sea of Limbs (A Diminisher), Storyfoam Needles e In Part (Entrained) è di quelli vividi e cervellotici, come un viaggio in una mente schizofrenica e multidimensionale. In definitiva Crest non è un album di facile assimilazione, ma ad ogni nuovo passaggio scopriamo qualcosa di gratificante che ci fa capire la quantità di stratificazioni soniche sulle quali è stato costruito. Praticamente soddisfa e consolida ogni sfumatura compresa all'interno del prog hardcore sperimentale, concorrendo a diventare il miglior lavoro ascoltato in questo genereda un bel pezzo a questa parte.



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