venerdì 15 settembre 2017

Arcane Roots - Melancholia Hymns (2017)


Lo so che là fuori c'è gente che non ama le classificazioni quando si parla di generi musicali, figuriamoci di sottoclassificazioni, eppure, sembrerà strano anche agli artisti interessati che sono i primi ad odiarle, ogni tanto aiutano a descrivere in maniera sintetica una deviazione dal filone principale. Ad esempio, adesso capita sempre più spesso di leggere il termine "atmospheric metal", ma non credo che ancora nessuno abbia coniato il termine "atmospheric post hardcore" che è ciò che mi sembra più vicino a quanto realizzato dagli Arcane Roots nel loro secondo album Melancholia Hymns in uscita oggi.

Devo dire che nel 2011 questo trio inglese che spuntò fuori con l'EP Left Fire riuscì ad incuriosirmi grazie ad un post hardcore con ambizioni progressive reminiscente degli At the Drive-In e dei The Mars Volta. Mi impressionò un po' meno il loro album di debutto Blood and Chemisty (2013) che non possedeva la stessa urgenza espressiva e ne sublimava leggermente la formula che comunque è stata ben ripresa e personalizzata in seguito dall'EP Heaven and Earth. Dopo aver dato l'addio al batterista Daryl Atkins, Andrew Groves e Adam Burton hanno reclutato Jack Wrench e si sono imbarcati in questa seconda prova che segna il più importante punto di svolta nella carriera della band dal punto di vista stilistico, mostrandola impegnata nel cambiare il proprio assetto sonoro con sfumature in passato assenti. Melancholia Hymns si apre con un tappeto sostenuto e in crescendo di tastiere, in seguito si aggiungono voci celestiali fino a che il brano prende corpo nella propria struttura, con altre tastiere e altri crescendo, in quello che sembra essere un preambolo al cammino di tutto l'album.

La maggior parte dei brani è costruita a grandi linee proprio in questa maniera: si parte sommessamente con tastiere atmosferiche che consolidano una tensione, la quale percepiamo scaturirà in qualcosa di più grande, attraverso lo sfoggiò di chitarre elettriche e potenti bordate hardcore, cosa che puntualmente avviene (Curtains, Everything (All at Once), Matter). L'aspetto inedito che questa volta hanno provato a testare gli Arcane Roots è il forte contrasto trasmesso dai vari registri di tastiere e qualche intervento di batteria elettronica che si impongono nell'estetica sonora come un richiamo ai contemporanei ritorni alla synthwave (Arp, Indigo), ma che li avvicina anche al modo di operare di band che stanno coniugando caratteristiche antitetiche, tra arie intimiste e sonorità più aggressive, come stanno facendo gli Sleep Token ad esempio (in questo caso citerei Fireflies come paragone). Alla fine però Melancholia Hymns sembra soffra del ripetersi di queste soluzioni e sulla lunga distanza perde quel fascino che comunque sicuramente trattengono alcune tracce se prese singolarmente. Una musica che in ogni caso acquista in suggestività se abbinata alle giuste immagini come il video di Curtains sta a dimostrare.






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