mercoledì 18 marzo 2015

Intervista con Lee Ranaldo (Sonic Youth)

 
  
di Francesco Notarangelo

Una corsa all'Opera House di Sydney, un pianto disperato per una persona importante e le birre sul tetto con un amico irlandese... una corsa a Villa Ada con quel riff che ricorda tanto Paint it, black dei Rolling Stones (anche se io sono molto più affezionato alla cover fatta dai Deadsy), l'intuizione e l'idea.
I campioni si riconoscono anche da questo! Grazie Lee, è un onore!


Come crei la tua musica?

In giorni come questi il processo è molto semplice: passo molto tempo con chitarre diverse, provando un po' a suonare e gettando le giuste idee per le canzoni o la struttura delle stesse. Poi inizio a suonarci intorno con diversi canali e diversi strumenti. Questo è decisamente il modo in cui mi sto muovendo ora. Dopo mostro tutto alla band di modo che le strutture diventino più solide e successivamente inizio ad occuparmi dei testi.
Quando creai Between The Times and The Tides, registrai le canzoni su cassetta ( sorride ) solo con una sezione ritmica e poi vari musicisti (Nels Cline, John Medeski, Bob Bert … ) iniziarono a suonare sulle singole tracce. Al momento non ho una “band”, per l'album Last Night On Earth le canzoni nacquero col supporto della band – The Dust – ed, infatti, si può notare e sentire un maggiore feeling, una maggiore coesione. Due diversi modi, nessuno migliore dell'altro, ma sicuramente diversi. Per l'album al quale sto lavorando, devo ancora decidere quale metodo usare. Ho dei musicisti fantastici al mio fianco – The Dust – ma ho voglia anche di creare canzoni in diversi modi, forse non rivedendole troppo con la band, come per l'ultimo album, ma “costruendole” in studio, magari utilizzando metodi nuovi ed usi “artificiali”. Creare canzoni e registrarle è come giocare a freccette. É eccitante e un po' ansioso non sapere mai cosa succederà!
Nello stesso momento, sto lavorando a molti altri progetti diversi tra loro, un po' in studio, un po' a casa. Qualche anno fa, dopo che l'uragano Sandy colpì New York, scrissi della musica classica basata sul suono del vento che registrai appunto durante la tempesta. Una musica astratta della durata circa 30 minuti. Fu suonata da diverse orchestre ad Amsterdam e a Sydney. La sto riadattando ora anche per i Dither, un quartetto di Brooklyn che usa solo chitarre elettriche. Ecco, un altro diverso modo di fare e creare musica.
 
 
La tua carriera solista percorre strade diverse da quelle precedenti con i Sonic Youth: senza “rinnegare” ciò che hai fatto in precedenza, sembra riscoprire anche una musica più legata alla tradizione che adesso viene attualizzata, ma non stravolta. Dipende da un fatto anagrafico o dai compagni di strada con cui porti avanti il lavoro?
 
La differenza principale sta soprattutto nel processo creativo. Le migliori canzoni dei Sonic Youth furono create da noi tutti insieme, in uno spirito totalmente creativo, non, quindi, da una sola persona che poi fa ascoltare la canzone completa agli altri. Con la musica che sto scrivendo ora, lo spirito, il processo non è totalmente collaborativo. Lo sto ripetendo. Riflette molto di più i miei stati d'animo e i miei interessi. Sto recuperando definitivamente quei modi di suonare – acustici, principalmente- tipici di quando iniziai a suonare la chitarra.
In continuità con la domanda precedente, perché la scelta di un lavoro acustico? Sembra che per anni l'intento fosse quello di denudare, scarnificare i suoni per via elettrica: oggi lo scopo appare lo stesso, ma la strada (acustica, appunto) è differente. Continuo ad amare il suonare forte e duro, il suono elettrico, ma sono anche molto eccitato in questi tempi di avere l'opportunità di suonare strumenti acustici, lavorando sopra essi e poi registrandoli. In un certo qual modo è un metodo più nudo rispetto a tutti gli altri! Suonare poi dal vivo in acustico di fronte ad una platea è una cosa assai difficile e quindi competitiva per me – è, in definitiva, una nuova area musicale da esplorare. Mi piacerebbe riuscire a trovare il giusto punto di accordo per suonare musica elettrica e quella acustica.


Pensando al disco acustico: la voce ha un ruolo di primo piano, forse, come mai prima. É stata in questo senso un'esperienza nuova, almeno in parte, per te?

Mi piace cantare e l'ho sempre fatto, quindi è un grande piacere avere la possibilità di concentrarsi su quello. Cantare e scrivere testi è, forse, la parte più importante del mio recente lavoro. È di gran lunga la sfida più interessante. lavorare sulle canzoni per conto mio e poi suonarle con la band è stata una scelta del tutto inaspettata. Ho sempre ammirato e gravitato attorno a grandi band – The Beatles, The Dead, CSNY –, gruppi composti da più voci, un desiderio che ho realizzato anche con i Sonic Youth e del quale sono ancora grato. Ma, d'altro canto, ho sempre amato un tipo di musica più personale, cantautorale, sia del passato che più recente. Questo tipo di musica mi ha sempre affascinato, soprattutto per la capacità che una sola voce possa racchiudere così tante emozioni. Ho sempre desiderato fare un disco del genere, ho sempre sentito che avevo la possibilità di fare un disco del genere.


Quali sono state le motivazioni della scelta delle cover, che non sono esattamente quelle (non tutte, almeno penso a Bushes and Briars di Sandy Denny) che uno si aspetterebbe da chi ha il tuo tipo di carriera alle spalle?
 
Abbiamo suonato un buon numero di cover, anche occasionalmente qualcosa dei Sonic Youth! La mia band è un gruppo di “ottimi studenti”, il che significa che siamo in grado di lavorare sulle cover in maniera molto, molto veloce. Mi piace molto quello che abbiamo realizzato con Revolution Blues sul nostro recente album Acoustic Dust. Abbiamo rallentato e, quindi, dato una sensazione diversa che mi piace molto. 
Ho sempre cercato e voluto trovare una ragione per eseguire una cover di Bushes and Briars di Sandy Denny, una canzone che mi ha entusiasmato per molto tempo. La sua storia dietro quella canzone è davvero molto interessante. Eseguire cover è un modo per rendere omaggio alle canzoni che ami o hai amato e fornire un nuovo modo originale di sentire e provare una canzone che già conosci.


Nei tuoi lavori solisti si percepisce anche una gioia di suonare piuttosto notevole: è forse la gioia di chi, dopo anni di militanza, sa di poter ancora imparare tanto, ma di non dover dimostrare nulla?
 
(Sorride).. so dove vuoi arrivare. É fantastico avere un pubblico interessato ad ascoltare le più varie e diverse strade musicali che hai deciso d'intraprendere. Non penso ci sia mai stato imposto nulla e tantomeno le aspettative hanno dettato qualcosa. Semplicemente abbiamo cercato di fare qualcosa di buono e poi abbiamo continuato. Senza ombra di dubbio la gioia è una parte enorme, un enorme fattore motivante. Mi sono divertito molto in questi ultimi anni, soprattutto suonando da solo. In realtà tutto ciò è solo una continuazione, perché suonare, giocare con la musica, è già di per sé una gioia. Ci sono stati momenti con i Sonic Youth in cui credevo che la gente sapesse bene cosa aspettarsi da noi e, quindi, cominciarono a giudicare eventuali opere più recenti, non più così fresche ed originali e, quindi, credo, che cedettero solo all'obbligo che fossimo i Sonic Youth e dovessimo essere ascoltati. Il mio obiettivo fin dall'inizio è quello di creare piacere attraverso il mio lavoro in un modo o nell'altro.
 
 
Quanto forte è e quanto ti influenza il legame con l'Europa? Anche qui penso al tuo nuovo lavoro, registrato a Barcellona, o con un passo indietro a canzoni come Lecce, Leaving.
 
Amo l' Europa e mi piace moltissimo suonare qui. In un certo modo è assai più difficile suonare qui che negli States, poiché gli artisti non sono sempre trattati rispettosamente. Sono interessato a diversi aspetti della cultura europea: la sua storia e la sua arte. Credo che l'aspetto più eccitante del viaggiare sia incontrare e stare in posti che non sono e sono completamenti diversi da casa tua. Adoro tutto ciò..non potrei vivere senza!
 
 
Alcune settimane fa mentre pensavo a questa intervista ho immaginato alcune canzoni dei Nirvana cantate da te e mi sono ricordato del film del 1991: The Year Punk broke '90 dove i Sonic Youth e i Nirvana vengono rappresentati piuttosto bene. Hai mai pensato di suonare qualche canzone dei Nirvana dal vivo o hai mai pensato di registrare un album di cover dei Nirvana?
 
Amo così tanto quelle canzoni, ma non ho trovato l'ispirazione e la situazione adatta per tentare una loro nuova versione.
 
 
Qual è il tuo ricordo di Kurt Cobain?
 
Ricordo i miei primi incontri con lui – quando lui e la sua band suonavano di supporto con i Sonic Youth intorno al Pacific NW in un van piccolo prima che Dave si unisse alla band e arrivano fino a quando non divenne una celebrità le cui canzoni erano ascoltate da tutti. Fu un personaggio a cui accaddero moltissimi cambiamenti, ma che rimase, fondamentalmente, sempre la stessa persona. Credo che alcuni miei ricordi personali non debbano essere raccontati specialmente qui. Era una persona complicata, ha preferito cedere il posto alle circostanze piuttosto che effettuare un cambiamento radicale.
 
 
C'è qualcosa che ti manca dei Sonic Youth?

Certo.. mi mancano i momenti di condivisione di idee e di lavoro, quando tutti erano interamente impegnati a tale scopo e non eravamo distratti da niente, semplicemente concentrati sul suono che volevamo ottenere. È stato molto più di un gruppo, tutti hanno contribuito alle opere che abbiamo fatto, soprattutto quand'era un territorio inesplorato e, quindi, nuovo per tutti. È stato un periodo piuttosto sorprendente e che rimarrà impresso nella memoria di noi quattro. Abbiamo lavorato insieme per 30 anni in modo molto creativo. Non mi manca troppo, sinceramente, perché le esperienze non evaporano, sono ancora con me e sono una parte importante delle nostre vite. Sono  felice di vedere che ognuno di noi s'impegna ed è eccitato e felice di sforzarsi a creare qualcosa di nuovo.


Il tuo rapporto con il cinema?

È enorme, troppo grande, forse, per discuterne qui. Ho studiato cinema all'Università e ho un rapporto intimo, in particolare con l'avanguardia americana di registi astratti e sperimentali della metà del XX secolo. Quand'ero adolescente giocando con una 8mm con mio padre ho fatto alcuni miei film. Ancora adesso faccio film di volta in volta e rimango un allievo di tutti gli aspetti della storia del cinema. È realmente la moderna arte del Novecento, come la cultura digitale è quella del ventunesimo.


I tuoi progetti futuri?
 
Attualmente sto cercando di scrivere la musica per il mio prossimo album, oltre a lavorare su altri progetti musicali come quelli sopra descritti. Sto anche lavorando come posso su un'opera visiva, faccio disegni e stampe. La mia serie di disegni, Lost Highway, è un qualcosa che mi porto dietro dagli anni '70 e vuole riuscire a catturare dal finestrino di una macchina in movimento il paesaggio in costante cambiamento. Questo cattura il mio interesse per il disegno (ed anche nel cinema, visto che è comunque basato sul tempo) durante i miei tour. D'altronde è la cosa perfetta da fare se si è seduti in un veicolo per molto tempo. Negli ultimi anni ho lavorato su un sacco di questi disegni in autostrada – paesaggio, delineati soprattutto dai viaggi in tour. Sono schizzi molto veloci che cercano di catturare la qualità iconica della strada che, come un fiume, è sempre diversa ma sempre comunque la stessa. Ho provato ad esporre la mia idea nel corso degli ultimi anni e sto cercando di sviluppare una serie.
Ho anche lavorato su una serie limitata chiamata Black Noise, utilizzando vecchi dischi in vinile sui quali disegno e poi stampo i diversi risultati. Alcuni di essi sono stati davvero interessanti ed è una cosa che continuo a sviluppare...inoltre sto continuando a lavorare ad una raccolta di miei diari  e poesie che prima o poi dovrebbero uscire.
 


www.leeranaldo.com

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