martedì 6 marzo 2012

The Mars Volta - Noctourniquet (2012)


Allora, cominciamo dall'inizio. Noctourniquet è un album che, in teoria, sarebbe potuto uscire un anno fa poi, imprevisti e intoppi di varia natura, ne hanno procrastinato l'uscita sino al 27 marzo 2012. Proprio questo ritardo ha permesso l'anticipazione dal vivo di molte tracce contenute nel lavoro che sono naturalmente trapelate in rete sotto forma di video, ripresi dal pubblico dei vari concerti. A questo punto è bene avvertire chi avesse già sbirciato le varie registrazioni che circolano sul Tubo di non aspettarsi una resa fedele in studio di quanto sentito. 

Infatti Omar Rodriguez-Lopez ha avuto tempo di manipolare e plasmare a suo piacimento il materiale e trasfigurarlo fino quasi a renderlo irriconoscibile. Quello che ne esce è l'opera più eterogenea del gruppo, ma anche la più anarchicamente ambiziosa. Il che non vuol dire che sia la migliore. Noctourniquet riesce a suonare allo stesso tempo simile e diverso da tutto ciò che la band ha fatto in passato. Parafrasando la volpe di Antichrist verrebbe da dire che "il caos regna!". E' un album di equilibri contrastanti che si compensano e annullano a vicenda. Se da una parte si crogiola in sperimentazioni sonore inusuali, dall'altro l'apparato formale è più tradizionale del solito. Se Cedric Bixler è rimarchevole, ma anche ossessivo, nella costante ricerca di una vocalità rinnovata (l'esempio più lampante è il singolo The Malkin Jewel), dall'altra si perde in essa, finendo per penalizzare delle linee melodiche non molto memorabili. 

Noctourniquet si apre con l'abrasiva The Whip Hand, la più ostica tra le tredici tracce. Il nuovo batterista Deantoni Parks si esibisce in ritmiche spezzate, quasi sgraziate, come fosse un bambino al quale è stato appena regalato il suo primo drum kit, mentre i fratelli Rodriuguez-Lopez usano chitarra e sintetizzatori come fossero martelli pneumatici. Aegis è la vera canzone introduttiva che imposta il tono dell'album, misteriosa e seducente come un ibrido tra una colonna sonora di Angelo Badalamenti e l'hard rock dei Led Zeppelin. E' proprio lo spirito di questi ultimi che aleggia in alcune composizioni, piuttosto che il progressive rock, come nell'indiavolato blues di Molochwalker, o nella luciferina Trinkets Pale of Moon (con un arrangiamento radicalmente differente rispetto alla versione presentata dal vivo). All'estremità opposta, a segnare il carattere sperimentale dell'album, troviamo In Absentia, un trip psichedelico e quasi astratto al quale viene incollata una coda da electro-rock. 

Le folli invenzioni percussive di Parks e l'arsenale di sintetizzatori di Marcel Rodriguez-Lopez sono probabilmente la vera novità di Noctourniquet. I Mars Volta hanno da sempre dato un ruolo prominente a ritmiche sature e virtuose e questa volta riescono a donare un rinnovato impulso a tale aspetto. Su Dyslexicon, Lapochca e la title-track Parks modella i suoi battiti irregolari in funzione dell'elettronica profusa da Rodriguez-Lopez, facendone un tutt'uno incredibilmente omogeneo. Le cose funzionano meno bene su Zed and Two Naughts che vorrebbe alleggerire l'avanguardia con soluzioni più regolari e un ritornello facilmente memorizzabile. Accanto a pezzi più adrenalinici non manca una varia selezione di ballad: Empty Vessels Make the Loudest Sound è la solita variazione su Televators, Imago ha un vago sapore gitano, mentre Vademalady è la canzone più orecchiabile e cantabile mai scritta dai Mars Volta, insolitamente dolce rispetto al loro temperamento irruento. 

Alla fine si arriva con l'amaro in bocca, causato da una soddisfazione solo parziale e la sensazione di avere preso parte a un enigma irrisolto. Forse ciò che avrebbe giovato a Noctourniquet è una produzione affidata a una mano esterna. Omar Rodriguez-Lopez avrà tanti pregi, ma farsi carico della produzione non è uno di questi. L'originario spirito trascendentale e dionisiaco della musica dei Mars Volta si nutre di dinamica ed eclettismo, ma la fredda impostazione di Rodriguez-Lopez, album dopo album, l'ha suo malgrado appiattito fino a renderlo terreno e monodimensionale. Anche questo contribuisce a fare di Noctourniquet un lavoro riuscito a metà, ovvero la più classica delle occasioni mancate.

 

2 commenti:

Willoworld ha detto...

Recensione magnifica... e devo dire che al primo ascolto ho concordato con tutto ciò che hai detto... ma quest'album mi sta crescendo dentro e giorno dopo giorno mi piace sempre di più. :P

Lorenzo Barbagli ha detto...

Grazie. Pur confermando ciò che ho scritto, devo dire che delle due a me sta succedendo l'inverso e cioè che più lo ascolto e meno mi piace.