I Big Big Train sono una di quelle band maturate tantissimo con il passare del tempo. Ignorati o liquidati per tutti gli anni '90 e buona parte di questo decennio, hanno iniziato ad avere visibilità con The Difference Machine nel 2007 e poi, alla fine dell'anno scorso, pubblicando una nuova versione di English Boy Wonders - originariamente uscito nel 1997 in una veste provvisoria (per così dire) per mancanza di soldi - che rimane una delle più convincenti prove di progressive rock di questi ultimi anni.
Anche The Underfall Yard è un lavoro molto piacevole che ha anche il pregio di avere come ospiti Nick D'Virgilio alla batteria (già presente su The Difference Machine), Dave Gregory alla chitarra e Jem Godfrey al sintetizzatore.
L'album inoltre segna l’ingresso alla voce di David Langdon e, nonostante le dichiarazioni di Gregory Spawton riguardo ad un rinnovamento nella direzione musicale, il lavoro si limita a mescolare gli ingredienti degli ultimi due album della band.
Anche The Underfall Yard è un lavoro molto piacevole che ha anche il pregio di avere come ospiti Nick D'Virgilio alla batteria (già presente su The Difference Machine), Dave Gregory alla chitarra e Jem Godfrey al sintetizzatore.
L'album inoltre segna l’ingresso alla voce di David Langdon e, nonostante le dichiarazioni di Gregory Spawton riguardo ad un rinnovamento nella direzione musicale, il lavoro si limita a mescolare gli ingredienti degli ultimi due album della band.
Victorian Brickwork è poi il brano che maggiormente lascia inalterata l’ispirazione neo progressive dei Big Big Train, pur cambiando obiettivo. Il pezzo porta a galla infatti delle influenze che mai fino ad ora la band aveva palesato così chiaramente con riferimenti a Yes e Genesis nelle sonorità di chitarra e tastiere. Stesse influenze si possono rintracciare su The Last Train, brano molto ben congegnato e trascinante, forse il migliore del CD.
Tra i cantanti passati tra le fila dei Big Big Train, Langdon è quello con la voce più potente, ma con un registro non molto alto, il che penalizza la natura solenne delle musica della band la quale trarrebbe beneficio da toni più elevati. Analogie vocali possono essere rintracciate in Steve Hogarth e difatti qualche passaggio di Winchester Diver ricorda ancora i Marillion.
La title-track, che è una suite di ventitré minuti e si avvale della collaborazione di Jem Godfrey al sintetizzatore, solo nel finale cerca di aggiungere qualcosa di nuovo con l’ausilio di una sezione fiati. A proposito di questi ultimi, essi rivestono un importante ruolo nella traccia strumentale Evening Star che somiglia ad un requiem suonato da una banda orchestrale.
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