venerdì 21 agosto 2009

FROST* - esperimenti sul prog di massa

E' vero, sono un po' in ritardo con i tempi, ma confesso che ero abbastanza scettico su questo progetto del "Re Mida" del pop inglese compositore, arrangiatore e produttore Jem Godfrey. Non mettevo in dubbio la sua competenza, ma mi inquietano questi personaggi che all'improvviso, dopo aver scritto e prodotto pezzi per gente del "calibro" di Atomic Kitten e Ronan Keating, si mettono a suonare progressive.

Invece il nostro Jem è un veterano al quale è sempre piaciuta la musica prog e ha voluto creare i Frost* per dedicarsi a questo. Fatto sta che ho ascoltato Milliontown e Experiments in Mass Appeal solo di recente e devo dire che sono due album eccezionali!

I Frost* rappresentano per Godfrey un diversivo dove può dar sfogo al suo amore mai sopito per il progressive rock. Dopo aver chiamato attorno a sé alcuni dei nomi più in vista della scena prog inglese come il chitarrista e cantante John Mitchell (Kino, It Bites, Arena), il bassista John Jowitt (IQ, Jadis) ed il batterista Andy Edwards (IQ) il supergruppo registra il primo album.

Milliontown (2006) è un lavoro che si ispira al neo prog più moderno con un suono carico ed enfatico orientato anche verso l’elettronica, ma estremamente melodico. I punti di riferimento di Godfrey sono i Kino e soprattutto gli Spock’s Beard. La strumentale Hyperventilate è quanto di meglio possa offrire il progressive contemporaneo, un tour de force muscolare e tecnicamente tiratissimo. La produzione è satura e in dei momenti sembra di sentire la heavy fusion di Steve Vai che si diluisce nei romanticismi dei Genesis. No Me No You assomiglia molto al progressive orecchiabile degli Spock’s Beard, mentre Snowman e The Other Me hanno un retaggio più inclinato verso il pop elettronico. L’ottima Black Light Machine è invece un compromesso tra le due direzioni. Il cuore dell’album è la sontuosa title-track (26 minuti) che comincia con delicate suggestioni genesisiane per poi esplodere in una magniloquente sinfonia per tastiere.

Dopo aver sciolto la band nel 2007 a causa di altri impegni di lavoro, Godfrey rimette assieme i Frost* e, alla fine del 2008, dà alle stampe il secondo album Experiments in Mass Appeal. Il lavoro, se possibile, è ancora più fastoso di Milliontown con la sua produzione traboccante, i suoi cromatismi debordanti e con i suoi suoni oltremodo moderni. Su tutto l’album aleggia più che mai lo spirito del prog melodico degli Spock’s Beard di Neal Morse (Welcome to Nowhere), ma Godfrey non ha alcuna paura delle contaminazioni e utilizza benissimo, ad esempio, anche germi di industrial-techno nello stile dei God Lives Underwater (Pocket Sun, Falling Down). Pur rimanendo nei confini del progressive pop (Toys) e sfruttando progressioni armoniche degne del miglior Kevin Gilbert, i Frost* creano un progressive alquanto anomalo, come nelle straripanti arie di Dear Dead Days. L’unione tra chitarre e tastiere non è mai stato così pregnante e frenetico, alternando momenti calmi ad altri più convulsi.


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