Ma iniziamo dal principio. Sono arrivato a Bologna nel pomeriggio, in largo anticipo in modo di avere tempo per farmi un giro in qualche libreria e negozio musicale. Dopo un po' che sono in giro imbocco la traversa che porta al mio negozio di musica favorito e, mano a mano che mi avvicino, mi accorgo che le saracinesche delle due vetrine sono abbassate. Guardo l'orologio. Sono quasi le 19,00. Nonostante sia troppo presto penso: "staranno chiudendo". Ma non faccio tempo a rendermene conto che già vedo l'entrata principale già sbarrata. Allora in una frazione di secondo si accavallano varie possibilità. Che giorno è oggi? Mi domando. E' venerdì e il turno di chiusura è il giovedì, quindi saranno chiusi per ferie. O forse un imprevisto li ha fatti chiudere prima dell'orario.
Quando arrivo finalmente davanti al negozio scatta il dramma. Dalle vetrine vedo l'interno (visibile attraverso le saracinesche) dove mi si presenta uno spettacolo desolante: le stanze sono completamente vuote. Gli scaffali pieni di dischi e DVD, le casse e pure i rilevatori a infrarossi all'uscita sono spariti. Non è rimasto nulla. Quando realizzo che il negozio ha chiuso per sempre capisco per la prima volta quanto sia seria la crisi in cui ogni giorno sta affondando l'industria musicale. Lo percepii quando lessi su Wonderous Stories che aveva chiuso lo storico Disfunzioni Musicali a Roma, mi feci un'idea quando catene importanti come Tower Records e Virgin Megastore hanno chiuso i battenti, ma questo è stato diverso. E' come vivere in prima persona un'esperienza della quale hai solo sentito parlare. Fino a che non ti tocca non te ne rendi veramente conto.
Ho continuato a camminare e, come una persona che sta per morire rivede tutta la sua vita in un attimo, in pochi secondi ho rivissuto tutti i miei anni universitari, o meglio, tutte le volte - e sono tante - che ho fatto visita a quel negozio. Penserete che esagero ma è stato quasi traumatico. Durante gli anni passati a Bologna ho visto chiudere altri negozi musicali (pure un Virgin Megastore), ma questo era lì anni prima che iniziassi l'università. Addirittura mio papà ci ordinava i dischi per corrispondenza molto prima che io nascessi e provai una certa soddisfazione quando ci entrò per la prima volta con me. La sua chiusura è stata luttuosa anche perché era un specie di punto di riferimento, dove si poteva trovare un vario assortimento di artisti dall'indie al mainstream.
Senza voler fare alcuna polemica mi chiedo se ancora valga la pena fare il musicista e produrre dischi. Un'altra vittima innocente è stata colpita.
Nessun commento:
Posta un commento