Continua la storia del personaggio The Dear Hunter che, con il terzo atto, si fa più drammatica e più spettacolare che mai. L'elemento della spettacolarità raggiunge il suo apice su Act III-Life and Death grazie ad un'opera pensata e suonata in stile musical, particolarmente appropriata ad essere trasposta su un palcoscenico. Il leader della band, nonché autore del materiale, Casey Crescenzo narra la storia intorno alla quale ruota la vita del ragazzo denominato Dear Hunter come un consumato compositore di Broadway. E così i personaggi prendono vita su un nuovo atto che non fa altro che riprendere le caratteristiche musicali e le dinamiche sonore dei precedenti capitoli, applicandole però ad arrangiamenti più orientati alla teatralità.
Ascoltando Act III-Life and Death ci si può figurare facilmente una messa in scena rappresentata con ballerini che si scatenano al ritmo di salsa su In Cauda Venenum, oppure attori emotivamente immersi nelle melodrammatiche arie di The Tank. In sintesi la visione e concezione musicale di Crescenzo giungono qui ad una forma dai contorni indefiniti, fondendo l'estetica della musica americana dei primi del Novecento con il musical di Bernstein, il vaudeville francese trapiantato in Nord America con Porgy and Bess, il rock alternativo con il dixieland di New Orleans. Ne esce fuori un lavoro che chiede come non mai una rappresentazione visiva: la lasciva The Poison Woman, la corale He Said He Had a Story o la tesa intensità di Mustard Gas sembrano scritte appositamente per un'opera rock. C'è spazio anche per le atmosfere più romantiche che hanno fatto grandi i due album precedenti, come le dolci melodie di What It Means To Be Alone o le leggiadre arie di Saved.
Ciò che accomuna tutte le canzoni di Act III-Life and Death è che ad ogni nota Crescenzo ci vuole sempre ricordare la natura ineluttabilmente tragica della sua storia, che si realizza compiutamente nel dittico Son - Father, non dimenticando mai la fascinazione per il mito e l'epica prettamente americani. Musicalmente Act III rappresenta per i Dear Hunter un lavoro di transizione, in quanto Crescenzo recupera molti dei stratagemmi compositivi già utilizzati sui primi due atti e quindi alcuni pezzi suonano come qualcosa di risaputo o già sentito. Un album di tutto rispetto comunque, che patisce solo del confronto con un repertorio già monumentale.
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