lunedì 25 novembre 2024

stop.drop.rewind - stop.drop.rewind (2024)


Tra i gruppi emo-prog-hardcore che ruotano da anni in questa sfera, tra i nomi meno noti e più nascosti al pubblico ci sono i stop.drop.rewind dei quali un po' di tempo fa ho già parlato. La carenza di copertura da parte della stampa statunitense riguardo a questo gruppo non rende giustizia ad un progetto che racchiude un'anima tesa ad ampliare gli orizzonti dell'emocore. Il loro primo album Elements & Aftermath risale ormai al 2018 e da quel momento il trio dell'Indiana ha pubblicato svariati singoli e un EP. Il qui presente omonimo album è quindi il secondo nella loro discografia e, se ancora non ne avete sentito parlare, è un'ottima introduzione al sound peculiare del gruppo.

I stop.drop.rewind si definiscono "progressive powerpop", cosa che descrive in parte la loro proposta, in realtà ampiamente più complessa ed elaborata. Certo non manca l'alternanza con episodi più leggeri, quasi pop punk, come il brano Hair of the Dog, ma l'essenza dei stop.drop.rewind risiede nel dare spazio alla loro perizia strumentale che talvolta sfocia nella fusion e dà risalto alle evoluzioni di basso del frontman Kris Lohn. Ad esempio Luminescence integra groove funk all'interno della forma poliritmica del math rock, The Bomb, con i suoi continui cambi di direzione, assume nella struttura un'anima più prog, mentre Black Holy Benny si rigenera con un andamento pop punk, ma mantenendo un forte approccio power pop. 

Nei stop.drop.rewind quindi anche la materia scanzonata del pop punk viene affrontata con interventi che si sommano ai regolari "strofa e ritornello" in modo da intricare e rendere imprevedibile l'andamento dei pezzi. E' ovvio che la perizia tecnica del trio ci mette del suo per complicare una strada che si vorrebbe semplice, ma come loro stessi dichiarano nell'azzeccata definizione "ecco cosa succede quando gli emo kids crescono e prendono una laurea in jazz."

giovedì 21 novembre 2024

Atomic Guava - Beach Episode EP (2024)


Due anni fa gli Atomic Guava con l'esordio Peasants of the Future avevano mostrato una discreta carica sovversiva nell'affrontare il prog metal, spingendo l'acceleratore su aggressività e melodia, djent selvaggio e synthpop giapponese, virtuosismi fusion e math rock, tutto affrontato con molta ironia senza prendersi troppo sul serio. Adesso il quintetto capitanato dalla coppia Martin Gonzalez (chitarra) e Elizabeth Hull (voce) pubblica il nuovo EP Beach Episode con quattro tracce e scritto in soli quattro giorni, come fosse una sfida. Le canzoni, pur avendo per questo motivo un impatto più diretto, non mancano di mostrare arrangiamenti avventurosi e spunti interessanti a livello tematico.

sabato 9 novembre 2024

Il massimalismo math rock e folk barocco di Pete Davis

Dato che tra queste pagine non ne ho mai parlato e anche in generale sul web viene troppo poco citato, vorrei porre l'attenzione su un musicista poliedrico come Pete Davis, il cui corpus artistico merita di essere scoperto. Inizialmente conoscevo Davis solo per il suo progetto math rock Invalids, ma in seguito ho scoperto che questo era solo una parte di una più composita discografia con varie sfaccettature. Davis nei primi anni 2000 si sposta tra New Jersey e Oregon collezionando un gran numero di demo che poi re-inciderà più professionalmente nell'intimità della propria casa. Tra le prime cose a cui Davis dedica attenzione ci sono dei brani post hardcore/prog punk che vanno a finire nel 2011 nell'unico omonimo album dei Surface Area, registrato con il batterista Jon Lervold e poi una più ampia collezione di canzoni dal carattere folk, un lato che il polistrumentista sviscererà in modo del tutto personale partendo dal primo album a suo nome Passing It Off as Art del 2003. Su questa costola solista Davis si destreggia in esperimenti bizzarri come Hapax Legomena (2023), nel quale la scommessa è comporre solo canzoni della durata di un minuto, oppure con stratificazioni a cappella e di molteplici strumenti che concorrono ad aumentare le proprie abilità di home recording come una sorta di virtuosismo aggiunto.

 

L'EP False Friends e la sua traccia di apertura Everyone Felt Each Other Felt Fine può servire da buona introduzione per comprendere come Davis giunga ad una visione finale armonica che ha sviluppato in completa solitudine. Questo folk barocco che ricopre un raggio dal minimale all'orchestrale raggiunge lo zenit nell'album The Pottsville Conglomerate (2011), un'opera mastodontica da quasi 100 minuti nella quale il musicista si occupa di tutti gli strumenti, particolare da non sottovalutare visto che si parla di brani che si allargano fino a 8-9 minuti con piglio orchestrale e multitematico. Per l'ambizione messa in campo basti dire che siamo dalle parti di Sufjan Stevens, The Dear Hunter e Adjy, ovvero quel territorio poco battuto in cui il folk tradizionale amricano incontra l'emo, il bedroom pop e il prog.

Negli Invalids invece Davis mette sul tavolo un math rock ipertrofico e frenetico, imbevuto di tapping e ritmiche indiavolate, come una versione sotto steroidi dei TTNG. Finora con gli Invalids Davis ha prodotto tre album, l'ultimo dei quali Permanence del 2022 è come una summa dei suoi vari progetti: un incontro massimalista di math rock, armonie vocali a quattro parti e una complessa rete ritmica che vanno a completare una collezione di tracce estremamente satura di sovraincisioni la cui intricata architettura le rende affascinanti e disorientanti. L'impatto è alquanto singolare, ma questo album degli Invalids riunisce una serie di qualità da farsi apprezzare nell'uso della polifonia stordente ad ampio raggio utilizzata sia a livello strumentale che vocale.

domenica 3 novembre 2024

Notes from the Edge of the Week #12

  • I Gladiolus sono una band australiana che ha deciso di esordire non con un EP ma con un imponente album di 73 minuti. Inertia presenta un solido prog metal che spazia dal melodico all'aggressivo, accompagnando tale scelta con l'alternanza di voci clean e harsh. Data la sua lunghezza, dentro ad Inertia si trovano le tante sfumature di metal che possono andare dall'atmosferico al djent, fino ad arrivare alla fusion con brani che quasi sempre presentano una durata estesa (ad esempio i due tour de force di oltre 10 minuti della title-track e di Flicker). I riferimenti possono essere rintracciati nei Tool, Karnivool e Opeth, però i Gladiolus sono abbastanza accorti da non risultare delle copie carbone senza guizzi. Album notevole, soprattutto nella seconda parte, se si ha la pazienza di arrivarci.  



  • i Häxa è il nome di un collettivo guidato dalla cantante Rebecca Need-Menear (del duo art rock Avanae e qui potete vederla in azione come backing vocalist di Martin Grech) e dal produttore Peter Miles (TesseracT, Martin Grech, Cestra, Architects, FIZZ). L'omonimo album che viene adesso realizzato nella sua interezza è la somma di quattro EP pubblicati durante il 2024 al cadere dei solstizi ed equinozi. Da questo indizio si capirà che anche il concept dietro al progetto è rilevante e la musica si indirizza verso un dark folk elettronico che richiama l'esoterismo e i rituali pagani degli Sleep Token, anche se musicalmente qui siamo dalle parti di una versione gotica e rarefatta di Julie Christmas e Marjana Semkina. A tratti sperimentale, a tratti art pop sofisticato e atmosferico, i Häxa è un esperimento abbastanza affascinante. 

 
  • Devo ammettere che non ero molto ansioso di ascoltare il nuovo album dei riuniti Beardfish anche perché, dopo averli scoperti, apprezzati e seguiti a partire da The Sane Day, da Mammoth in poi li ho visti perdersi in un manierismo ripetitivo che li aveva progressivamente intrappolati in una formula poco interessante. Songs for Beating Hearts invece li riporta ad una buona ispirazione, soprattutto nella prima parte con la suite Out in the Open


  • Uno dei tanti misteri delle dinamiche del mercato musicale è come mai gli Amarionette non godano di un pubblico più vasto. Non dico che debbano sfondare nel mainstream, ma il genere di musica accattivante che producono - una specie di post hardcore imbevuto di funk, nu soul, RnB, disco e synthwave - sembrerebbe fatto apposta per i tempi che stiamo vivendo, dominati da mode retro futuriste con un occhio ai social, dove in genere questi ibridi hanno un appeal privilegiato. C'è chi ha cavalcato questi crossover da molto meno tempo degli Amarionette ed è divenuto comunque più noto di loro. Il nuovo EP AMVIRI II non fa altro che ribadire il potenziale pop-core del gruppo. 

venerdì 1 novembre 2024

Isbjörg - Falter, Endure (2024)


Da ormai più di un anno e mezzo fa i danesi Isbjörg avevano iniziato la marcia che ha portato a questo secondo album, che arriva dopo Iridescent del 2019, cominciando con il pubblicare il primo singolo Ornament (di cui qui abbiamo un'intervista) e con l'occasione presentare anche il nuovo cantante entrato in formazione Jonathan Kjærulff Jensen. Arrivati adesso a Falter, Endure i sei mostrano tutta la potenzialità di quello che loro chiamano "math-stadium rock", qualità che già risplendevano nei cinque singoli usciti in anteprima.

La peculiarità degli Isbjörg è quella di porre il riflettore del loro sound sul piano acustico suonato da
Mathias Bro Jørgensen e, nonostante ciò, il gruppo consiste anche di due chitarre ad opera di Dines Dahl Karlsen e Lasse Gitz Thingholm. Quindi niente trucchi con tastiere o sintetizzatori, ma solo un forte senso di pop pianistico amplificato su grande scala. Questo si traduce in un suono corposo e stratificato, che magari l'imperante supremazia del prog metal di oggi potrebbe far erroneamente includere gli Isbjörg all'interno della sua sfera. Invece le melodie cristalline e gli impasti elettroacustici sognanti concorrono a donare una proposta del tutto personale alla musica del sestetto. Per l'epica e solennità del sound è come se fossero una versione prog rock dei conterranei Mew votati però ad un indirizzo AOR. 

La componente che fa auto-definire il prog della band come "stadium rock" è presto spiegato dalle altisonanti e cristalline armonie (vocali e strumentali) del primo brano Ornament, ma tutta l'estetica dei brani è indirizzata verso una resa grandiosa attraverso ampie e ariose melodie che si dispiegano oltre con Homeward Bound, l'avvolgente finale di Under Your River (il cui ultimo inciso anticipa il chorus della conclusiva The River of You) e Afterglow, non perdendo tale caratteristica neanche quando i riff di piano e chitarra si incontrano in intrecci dal sapore melodrammatico come su Am I the Sinner Now?.

Il fatto di rendere i brani accattivanti non impedisce agli Isbjörg di costruirci sopra intermezzi, articolazioni e sviluppi con poliritmie in cui una costante e sottile sensazione di uno scopo sinfonico-avventuroso si possa applicare ad una musica così emotiva ed avvincente. Ad esempio i saliscendi dinamici di Solitaire o la multipartita mini suite Dressed in White Lies sono due picchi espressivi dell'album dove il gruppo espone una gran competenza per un linguaggio prog moderno che non guarda affatto al passato, anzi, nella seconda si stagliano persino echi della teatralità dei The Dear Hunter. Ben vengano quindi album come Falter, Endure piantati nella contemporaneità del prog e che cercano di ritagliarsi un posto senza rifarsi per forza a stilemi precedenti ormai riconoscibili, ma provando a trovarne uno proprio.