sabato 17 ottobre 2020

Autocatalytica - Powerclashing Maximalism (2020)


L'incontrollabile, folle e imprevedibile progetto Autocatalytica del chitarrista Eric Thorfinnson approda, con Powerclashing Maximalism, ad un lavoro più contenuto e meno ambizioso del precedente e dobordante Vicissitudes. Non che l'eclettismo e la pirotecnica vena creativa siano carenti in questo capitolo, ma la minor quantità di materiale presentato fa in modo di digerire l'album con più dedizione e attenzione. Come sempre nella tavolozza degli Autocatalytica si passa da orrorifici growl a melodie power metal con la stessa incuranza eclettica di Devin Townsend, senza alcun timore di creare un saliscendi vertiginoso tra stili. 

La versatilità di Thorfinnson, che vanta studi al Berklee College of Music, torna in ambiti più impegnati con il prog jazz di Cheggo, il quale riprende la medesima spigliatezza strumentale da funk fusion dei Thank You Scientist, oppure mostra la propria finezza nel florilegio acustico alla Mike Keneally di Bananas Have Potassium. I due estremi antitetici sono toccati da Crawboi, fin dall'inizio una fluida e sognante ballad crepuscolare piena di suggestioni psichedeliche e prog che, a ridosso della coda, si tramuta in un apocalittico finale distorto e acido.

giovedì 15 ottobre 2020

Chaos Divine - Legacies (2020)


Gli australiani Chaos Divine con il quarto album, che arriva a cinque anni di distanza dall'ultimo Colliding Skies, hanno deciso di dare uno sguardo al passato e tornare parzialmente all'aspetto metal più estremo dei primi lavori, pur mantenendo la componente più prog e melodica emersa di recente. Sono loro stessi a presentare ampiamente i dettagli di Legacies:

The concept of legacy has had increasingly more meaning for Chaos Divine as time has gone by. As one of the world's finest progressive acts, they have secured their own legacy over the course of 15 years, three iconic albums, countless stage hours and a trophy cabinet full of awards and industry accolades. Added to this, with band members recently entering into the world of parenthood for the first time, Legacies has not only emerged as the most fitting title for their gargantuan fourth album, but the theme that threads everything together.

From the dexterous opener Instincts, to the powerhouse finale of Into The Now, Legacies is a journey of exemplary musicianship and songwriting. Songs like Only Son, Colours Of War and the ambient title track affirm the album's concept, while singles False Flags and Unspoken each flaunt the band's staggering level of finesse. Their progressiveness has never come at the cost of their songwriting, nor have their penchants for brutality and melody ever been at odds with one another. True to this, Legacies finds Chaos Divine galvanising the crushing heaviness of their early work with the musicality and atmosphere of their 2015 masterpiece Colliding Skies.

As a working band, Chaos Divine have always done the hard yards required to bring their vision to life. From their music, to their artwork, to their stage show; the band has taken no shortcuts in striving for greatness. Since their inception they have pushed the envelope with a series of stunning releases that would define them. They forged their name as one of the must-see emerging heavy acts with their relentless debut Ratio (2006) and from there continued to progress exponentially. Defying expectations with three phenomenal albums back-to-back (and one hell of a cover of Toto's Africa) Chaos Divine's musical output has been nothing short of heavyweight.

Each Chaos Divine album has built upon the one that came before it. 2008's Avalon took the heaviness of Ratio to lofty new places. Its follow-up The Human Connection (2011) was the perfect bridge between sheer heaviness and the increasingly more progressive sound that would define Colliding Skies. Honouring this tradition, the band have raised the bar yet again with Legacies. Visceral and emotional, Legacies captures Chaos Divine at their absolute best – due in no small part to the skilled production team of Forrester Savell, Brody Simpson, Troy Nababan and Simon Mitchell.

The process of writing Legacies was very different than previous records. After the colossal undertaking that was Colliding Skies, the band took a well-earned break from creating. Eventually, new ideas began to surface during intensive group writing sessions, and members of the band worked on other songs more or less in solitude. As Legacies began to unfold, so too did its concept. Singer David Anderton explains, “Unlike our previous works, Legacies has a really strong theme throughout the album. Virtually every song in some way links back to the experience of parenthood and the innocence of children.”

Guitarist Simon Mitchell adds, “When it came time to record, the songs needed to be fleshed out, so the recording process ended up being significantly longer than had previously been the case.” Upon listening to Legacies though, it is instantly apparent that the extra effort has been worthwhile. Flawlessly performed and produced, it is the band's finest work to date. 

sabato 10 ottobre 2020

The Most - Of What We Have (2020)


Con Of What We Have i The Most pubblicano il loro primo album dopo due interessantissimi EP di math rock che si incontra con il jazz. Il settetto infatti, oltre a far uso spregiudicato di trame complesse tipiche del rock più intricato, aggiunge una sezione di fiati (comprendente sax soprano e tenore e clarinetto), elementi che in questo album si ampliano con l'aggiunta di tre ospiti al clarinetto tenore, alto sax e tuba, facendo diventare a tutti gli effetti i The Most un ensemble sperimentale che, volontariamente o meno, si accosta anche alle metodologie stravaganti e tortuose del Rock In Opposition. L'equilibrio tra consonanza e dissonanza è costantemente rimesso in discussione non solo dagli strumenti, ma anche dalle tre voci di Connor Waage, Nick Hasko e Sean Pop a tratti volutamente sgraziate nell'inserirsi in un contesto musicale del genere che comunque, per il suo approccio funambolico, richiede una componente anarchica e destabilizzante.

lunedì 5 ottobre 2020

Arch Echo - Story I (2020)


Dopo averci deliziato con due ottimi album, gli Arch Echo si riservano di regalarci ancora una appendice di prog fusion ad alto tasso virtuoso con l'EP Story I. I quattro brani in esso inclusi non fanno altro che incrementare il caleidoscopico incastro strumentale, costantemente teso ad una frenesia senza attimi di cedimento. Su Strut e To the Moon il quintetto si getta in spericolate jam dove le note di tastiere e chitarra bruciano letteralmente lo spartito per quanto si spingono a livelli di velocità fuori dall'ordinario. Il pericolo della freddezza priva di emozioni però viene evitato con cura, grazie a sonorità e registri accattivanti, molto vicini allo stadium rock e all'AOR più sofisticato. Ecco, il "bombastico" sound degli Arch Echo, presentato anche in Measure of a Life, li inserisce in una categoria tutta loro, tipo il primo gruppo strumentale che farebbe faville in una arena (se ancora i concerti si facessero), trascinando il pubblico come i Van Halen negli anni '80 o come sottofondo coreografico per un evento sportivo in mondovisione. Se in pratica "Rocky IV" avesse un remake, la soundtrack per il training montage potrebbe tranquillamente essere composta dagli Arch Echo.


 

domenica 4 ottobre 2020

Sordid Pink - Sordid Pink (2020)

Sono passati ormai sei anni dal primo album dei Destiny Potato, la band portata avanti addirittura dal 2010 dal chitarrista David Maxim Micic e dalla cantante Aleksandra Djelmash. Per la seconda prova i due hanno deciso di cambiare nome, senza apparente motivo, in Sordid Pink, confermando che la scelta del nuovo moniker, ma anche delle copertine, non è esattamente il loro forte. Passando a parlare della musica non si può propriamente affermare che tale scelta corrisponda allo stesso tempo ad una deviazione nello stile rispetto a LUN. Sordid Pink accentua ancora di più le velleità pop del duo e, pittosto che al progressive metal, si dedicano ad un pop metal con qualche sussulto tecnico e virtuoso, però senza farsi mai prendere la mano.

Come sempre emergono i trucchetti electro pop che piacciono tanto a Micic (Killer, Saw It Coming) e la tentazione di ritornelli lineari e orecchiabili che ben si sposano con i testi molto leggeri della Djelmash (Freak) si fa strada con molta consistenza. Proprio per questo non c'è da aspettarsi grandi divagazioni strumentali o repentini cambi tematici durante il percorso. Il tono anzi si arricchisce di sintetizzatori anni '80 che sfiorano l'emo rock (Falling, Livin'), oppure l'indie rock conteporaneo nella funkeggiante Drive. Gli interventi djent o fusion della chitarra di Micic fanno la loro apparizione col contagocce e, anche se il singolo FU ritorna su territori metal, l'album rimane indirizzato per la maggior parte su una visione disimpegnata e piuttosto soft del suddetto genere.

venerdì 2 ottobre 2020

Altprogcore October discoveries


ART the Band è un sestetto prog jazz proveniente da Toronto e, dopo qualche EP, l'album omonimo è un concentrato di grande sapienza nel mettere insieme differenti umori fusion che passano dal math rock a qualche influsso sudamericano. Guardando con la stessa attenzione al big band prog dei Thank You Scientist e allo sfoggio di trucchi virtuosi in stile Snarky Puppy. Consigliato anche il gustosissimo Snacks EP.

 


Welcome to Conceptual Beach dei Young Jesus è un album singolare, come lo è la band d'altra parte. Si passa dall'art rock sperimentale al jazz soffuso come niente fosse, in più si aggiunge una certa attitudine vocale che rimanda vagamente a Jeff Buckley.


Un quartetto proveniente da Boston: i Gargoyl esordiscono con un album di hard rock sperimentale oscuro e claustrofobico, modellato da riff oppressivi e ritmiche sincopate. Un impasto in precario e costante equilibrio tra consonanza e dissonanza nel ricordare il metal glaciale dei Voivod.  


Gli australiani Arcing Wires affrontano l'esordio discografico con un ambizioso ed esaltante mix di math rock, progressive rock e jazz, realizzato con competenza ed urgenza creativa.