Sono passati ormai sei anni dal primo album dei Destiny Potato, la band portata avanti addirittura dal 2010 dal chitarrista David Maxim Micic e dalla cantante Aleksandra Djelmash. Per la seconda prova i due hanno deciso di cambiare nome, senza apparente motivo, in Sordid Pink, confermando che la scelta del nuovo moniker, ma anche delle copertine, non è esattamente il loro forte. Passando a parlare della musica non si può propriamente affermare che tale scelta corrisponda allo stesso tempo ad una deviazione nello stile rispetto a LUN. Sordid Pink accentua ancora di più le velleità pop del duo e, pittosto che al progressive metal, si dedicano ad un pop metal con qualche sussulto tecnico e virtuoso, però senza farsi mai prendere la mano.
Come sempre emergono i trucchetti electro pop che piacciono tanto a Micic (Killer, Saw It Coming) e la tentazione di ritornelli lineari e orecchiabili che ben si sposano con i testi molto leggeri della Djelmash (Freak) si fa strada con molta consistenza. Proprio per questo non c'è da aspettarsi grandi divagazioni strumentali o repentini cambi tematici durante il percorso. Il tono anzi si arricchisce di sintetizzatori anni '80 che sfiorano l'emo rock (Falling, Livin'), oppure l'indie rock conteporaneo nella funkeggiante Drive. Gli interventi djent o fusion della chitarra di Micic fanno la loro apparizione col contagocce e, anche se il singolo FU ritorna su territori metal, l'album rimane indirizzato per la maggior parte su una visione disimpegnata e piuttosto soft del suddetto genere.
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