sabato 13 agosto 2022

Hakanai - Decreation (2022)


Fino a che punto si può spingere un genere per essere considerato indefinito? Quando oscilli tra due o tre stili, in base a cosa stabilisci un'ipotetica frontiera sulla quale uno di essi abbia più prominenza rispetto all'altro? Queste sono solo un paio di domande che l'album d'esordio degli Hakanai potrebbe far emergere. Nati come un progetto del polistrumentista Matt Lombardi, hanno esordito nel 2017 con un omonimo EP acustico, proseguendo negli anni con qualche singolo e una line-up molto instabile, che solo ultimamente si è ricomposta permettendo la realizzazione di Decreation, un gigantesco doppio album che spazia e approfondisce il sound del gruppo. Partiti con un math rock da camera, minimale e malinconico, Decreation è il culmine di tale percorso espandendosi a dettami emo, prog, post rock e ambient, tutti elementi che più o meno potevano essere rintracciati nel loro passato artistico, ma che finora non erano maturati al punto giusto.

Questo doppio album, per la sua stessa mole e per quella dei brani che lo compongono, ha dato modo a Lombardi e soci di sbizzarrirsi nel creare un'opera di confine suggestiva e ambiziosa. Lo stesso Lombardi, conscio della trasversalità degli Hakanai, ha avuto modo di dichiarare in passato: "Il suono degli Hakanai è sempre stato compreso in questa strana regione subordinata, apparentemente troppo irregolare o abrasivo per la scena indie tradizionale, non abbastanza meditabondo e riverberato per il post-rock, ma neanche abbastanza tecnico o disinvolto per la scena prog."

Il caratteristico modo di comporre di Lombardi, basato su arpeggi reiterati che ricordano la metodologia del minimalismo è ben spiegato da Devotion, un collage di 14 minuti che unisce differenti movimenti, ognuno sviluppato attorno ad una cellula di arpeggio chitarristico. Pur contando su tale costruzione, il tutto rimanda ad un lungo flusso di coscienza dove l'atmosfera crepuscolare e nebulosa contribuisce a conferirgli un'aura di opaca psichedelia. Nell'altro tour de force dell'album, Carousels (ancora quasi 14 minuti), si manifesta invece un gioco di complessi quiet/loud più vicino al post hardcore e in possesso di una struttura maggiormente fluida.

Ma questi due brani, pur nella loro notevole estensione temporale, intaccano solo la superficie di un album che vive di tracce dilatate, le quali si dispiegano nella terra di mezzo di un post rock da camera, brumosa e depressiva, che ha sussulti tanto malinconici quanto latenti nella loro tensione aggressiva. Da questo scontro di forze emotive scaturiscono pezzi come Gulistān (The Rose Garden), Abendrot e We Will Dismantle Death, altri peregrinaggi math rock sulla soglia dello sperimentale, intervallati poi da brevi quadretti elettroacustici di post rock orchestral-minimale che danno un senso di continuità tra un brano e l'altro. Decreation appare così un monumentale viaggio omogeneo immerso dentro una dimensione introversa ma solo in apparenza fragile, capace di slanci solenni e passionali, servendosi di richiami jazz e prog come su Astræa / Innocence The Amphitheater, anche se queste influenze rimangono sempre sullo sfondo però perfettamente presenti ed integrate al sound.

Come prima testimonianza sulle capacità d'impasto stilistico degli Hakanai Decreation è un'opera affascinante e profonda, che nella costruzione dei suoi paesaggi sonori non nasconde velleità nei confronti di una musica colta, ad ampio respiro, che ambirebbe ad uno status di classica moderna. In ogni modo è un bell'affresco su quanto ancora può spingersi in avanti la contaminazione tra generi, provando quanto la versatilità del progressive non sia relegabile sempre e solo alla sfera del revival neo sinfonico o all'ambito metal.

 

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