Il terzo album dei Lonely the Brave che porta la parola "speranza" nel titolo è nato in circostanze che chiamare turbolente sarebbe un eufemismo. Fiaccati nel 2018 dall'abbandono dello storico cantante David Jakes per motivi di salute mentale che non gli permettevano di continuare la vita stressante del musicista a tempo pieno, i Lonely the Brave hanno dovuto ricomporre i cocci di un colpo che avrebbe potuto portare alla prematura conclusione della loro carriera. Il non facile compito di rimpiazzare Jakes, la cui voce rappresentava quasi un marchio di fabbrica per i Lonely the Brave, è gravato sulle spalle di Jack Bennett, precedentemente impegnato nel proprio progetto solista Grumble Bee.
Forse, per reazione alle vicissitudini passate, ne è nato un album ottimista e brillante, che utilizza i tappeti anthemici post rock tipici del gruppo più per erigere chorus solenni che evocano grandi spazi, piuttosto che malinconici e crepuscolari inni alternative rock. Che i Lonely the Brave si fossero ben ripresi dal trauma è stato documentato e trasmesso con la forza impressa ai primi singoli Bound, Open Door e Bright Eyes che hanno anticipato l'uscita dell'album. Se la title-track e Your Heavy Heart sono pezzi più riflessivi che forse avrebbero giovato dell'intensa interpretazione della voce melodrammatica di Jakes, Chasing Knives e The Harrow, le quali riportano il fascio elettrico di chitarre in primo piano, sono sufficienti per trasmettere l'emotività sempre tesa alla ricerca di grandi spazi, come avveniva in passato.
Tutto sommato Bennett veste i panni di nuovo frontman con grande impegno e dignità e nel complesso The Hope List non abbassa l'asticella qualitativa conseguita dal gruppo, riuscendo ad operare positivamente in continuità dei precedenti Things Will Matter (2016) e The Day's War (2014), anche se con una flessione leggermente in tono minore riguardo la profondità emotiva impressa al primo e l'entusiasmo maestoso che permea il secondo.
Nessun commento:
Posta un commento