sabato 29 febbraio 2020

Loathe - I Let It in and It Took Everything (2020)


Appena uscito (il 7 febbraio), per un breve periodo di giorni I Let It in and It Took Everything, seconda opera in studio dei Loathe, ha raggiunto la vetta delle preferenze nel sito rateyourmusic.com ed è diventato uno degli album più chiacchierati del momento, da qui la curiosità di ascoltare un disco di un gruppo che finora ignoravo, soprattutto a causa della loro lontananza dalla sfera progressive rock. In effetti, se ascoltato ripetutamente, I Let It in and It Took Everything mantiene le promesse della sua reputazione. Il gruppo di Liverpool espande in ogni direzione le possibilità del metalcore senza i virtuosismi math rock dei Car Bomb, ma con altrettanta radicalità. Se da una parte spingono in modo violento ed eccessivo sull'abrasiva enfasi di suoni industriali e metallici, dall'altra la dolcezza di momenti più psichedelici e shoegaze avvolge tutto il contenuto in una patina surreale e sospesa nel tempo.

Il continuo riferimento ai Deftones che si può leggere un po' ovunque, soprattutto in riferimento alla vocalità del frontman Kadeem France e al singolo Two-Way Mirror, lascia il tempo che trova, poiché paradossalmente i Loathe sembra che suonino con più passione e meno freddezza (almeno è l'impressione personale che mi hanno sempre dato i Deftones). Il continuo switch tra generi proposto dalla tracklist può essere la carta vincente per far appassionare anche chi ha dei pregiudizi nei confronti del metalcore. Io stesso mi sono ritrovato a premere compulsivamente il tasto play su molte tracce. Il fatto che I Let It in and It Took Everything inviti a ripetuti ascolti è quindi già di per sé un ottimo incentivo.

Aggressive Evolution mostra le visioni schizofreniche dei Loathe, che in seguito verranno sezionate con maggior metodo, applicate con repentine successioni tra caos e armonia. Tutto si presenta in maniera imponente: dal canto gutturale che colpisce come un tifone cacofonico, all'improvvisa apertura melodica del chorus che distende la tensione, ma lo fa elevando ancora di più il brano verso lo spazio psichedelico. La parte prog spunta dove meno te lo aspetti, direzionata come un panzer dal batterista Sean Radcliffe nei convulsi due minuti e mezzo di Broken Vision Rhythm e nelle intricate sinfonie al rumore bianco di Heavy Is the Head That Falls with the Weight of a Thousand Thoughts e di Gored, nelle quali i chitarristi Erik Bickerstaffe e Connor Sweeney tramutano l'organizzazione dei suoni in un indistinto pulviscolo atmosferico strutturato da massicce torpedini djent.

La controparte di tutta questa violenza non potrebbe essere più distante, sempre orchestrata dai due chitarristi che mutano totalmente approccio quando si tratta di gettare gli abiti pesanti per rivelarsi dei raffinati fautori di shoegaze ed emo. Con la già citata Two-Way Mirror e Sad Cartoon il limite tra chiaro e scuro è così inconsistente da rincorrersi in un turbine infinito di abbaglianti riflessi elettrici, mentre l'incontaminata bellezza riverberata di Is It Really You? è una ballad psichedelica semplice ma efficacissima, che deve tutto all'ultraterreno lavoro di chitarre e tastiere. Il sunto di I Let It in and It Took Everything è che il continuo scambio di contatti tra generi finisce per contaminare la sensibilità anche delle parti più apocalittiche, con il risulato rendere umano l'inumano. Nella voragine di Screaming e New Face in the Dark coesistono sludge, nu metal, post rock e prog, ma non per questo i Loathe rinunciano allo stimolo di trasmettere empatia con ciò che stanno suonando, senza sembrare necessariamente dei freddi automi che si sono dedicati al metal.

Nessun commento: