domenica 7 aprile 2019

The Mercury Tree - Spidermilk (2019)


Non so veramente cosa dire, come fare per cercare di trasmettere l'idea che i The Mercury Tree sono tra i migliori gruppi oggi in circolazione. Volete originalità, volete un sound che non sia derivativo, volete sperimentazione che comunque rimanga accattivante alle vostre orecchie senza oltrepassare la soglia del "fine a sé stesso"? Bene, i The Mercury Tree hanno tutto questo, non da adesso, ma da sempre. Spidermilk è solo un altro passo verso l'ignoto che continua sulle orme del precedente EP Cryptic Tree ed è una nuova esplorazione sulle possibilità della musica microtonale (se volete sapere di cosa si tratta seguite il link alla recensione), composto interamente con questa modalità. L'esperimento deve aver particolarmente soddisfatto i The Mercury Tree al punto tale di aver accolto nella propria line-up come quarto elemento effettivo il chitarrista Igliashon Jones, il quale aveva collaborato alla realizzazione del suddetto EP.

L'effetto creato dalla musica microtonale è simile ad uno spostamento, ad una perdita di equilibrio del proprio baricentro auricolare e di conseguenza ad una vertigine sensoriale della percezione e non c'è miglior modo per introdurci a questo contrasto che gli arpeggi di I Am a Husk. Il confine tra melodia e disarmonia è così sottile anche nella successiva, vagamente crimsoniana, Vestmens da far pensare ad una chitarra scordata, perché la sua discrepanza è talmente ben calibrata da ricondurci ad una parvenza di eufonia, ma in pratica l'effetto ottenuto non fa altro che privarci dalle nostre certezze. Posso solo immaginare la mole di lavoro a cui il gruppo si è dovuto sottoporre nel realizzare non solo la musica, ma anche gli stessi strumenti personalizzati. E' qui forse che risiede la vera sfida di Spidermilk: coinvolgere un intero gruppo, tra chitarre, sintetizzatori, azzardando anche polifonie vocali, in complesse architetture ad incastri come su Arc of an Ilk, Tides of the Spine e I'll Pay.

Dato che ad un orecchio non abituato l'approccio microtonale risulterà inevitabilmente dissonante, la sfida dichiarata dei The Mercury Tree è provare a rendere accessibile una metodologia di composizione respingente e ci riescono benissimo nelle cantabili Brake for Genius e Superposition of Silhouettes. Non è sempre detto che gli artisti che fanno uso dell'accordatura microtonale si rivolgano esclusivamente all'avanguardia, ma ci sono coloro che la sfruttano per suonare del riuscitissimo pop rock (tipo gli ILEVENS) e comunque riuscendo a non far percepire molto la differenza con il temperamento equabile. I The Mercury Tree si pongono in una via di mezzo, mettendo bene in mostra le possibilità fornite dalla dissonanza in funzione di un ritorno alla consonanza. In questo modo Spidermilk mantiene intatta l'identità peculiare avant-garde prog della band così da sembrare un naturale proseguimento dei capolavori precedenti Countenance (2014) e Permutations (2016).

I The Mercury Tree ci offrono tutti gli strumenti per approcciarsi alla microtonalità con il minor rischio di trauma possibile, ma non rinunciano al loro stile idiosincratico che va di conseguenza a condizionare episodi sonicamente più esoterici come Kept Man, (Throw Up My) Hands e Disremembered. Non crediate quindi che Spidermilk sia solo una trovata ingegnosa per elevarsi con supponenza nei confronti di altri esponenti del prog. Contestualizzato nella discografia dei The Mercury Tree, esso è appunto una logica evoluzione della loro unicità, dato che il gruppo di Portland ha già ampiamente dimostrato di essere uno dei più originali autori di progressive rock contemporaneo.


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