domenica 13 agosto 2017

Everything Everything - A Fever Dream (2017)


Ci sono due album in uscita nello stesso giorno, il 18 agosto, che il destino ha voluto occupassero anche un simile incasellamento di genere. Da una parte c'è chi viene lodato per la sua svolta pop prog come scelta coraggiosa, citando influenze a caso non richieste e conseguendo risultati modesti mentre ricicla il proprio stile (quando va bene) oppure ne rimaneggia maldestramente la materia (quando va male). C'è chi invece il pop prog lo fa da molto tempo, lo ha studiato, sviscerato con più originalità e comunque non suscita lo stesso clamore del nuovo Re Mida il quale, appena tocca un genere per lui inedito, sembra raggiunga immediatamente l'eccellenza, come se nessuno potesse eguagliare il suo livello. Allora, coloro che credono che To the Bone sarà un'acuta riflessione sul pop riletto in chiave prog, farebbero bene ad ascoltare anche A Fever Dream per ampliare i propri orizzonti.

Per gli Everything Everything il rischio di ripetersi dopo un'opera prima come Man Alive era quasi impossibile visto il grado d'eccellenza raggiunto da quell'album e infatti, con intelligenza, i quattro ragazzi di Manchester cambiarono immediatamente traiettoria, semplificando le loro trame e apparendo prima disorientati, ma con criterio, su Arc e poi abbandonandosi ad un art pop di maniera su Get to Heaven. Come avrebbero dovuto procedere gli Everything Everything dopo Arc ce lo spiega adesso A Fever Dream che ripristina con efficacia il giusto equilibrio tra forme di pop intelligente e soluzioni sperimentali. Fortunatamente i due singoli ballabili Can't Do e Desire, che si avvicinano per asciuttezza pop al più ruffiano Get to Heaven, non rappresentano l'umore generale dell'album, un lavoro nel quale si celano in realtà più ombre che luci, atmosfericamente parlando, un po' come fosse il lato oscuro di Man Alive, il che non stupisce quando si realizza che le liriche di Johnathan Higgs hanno come sfondo la Brexit e le conseguenti implicazioni. Nel suo complesso quindi, A Fever Dream è un album meno immediato da metabolizzare, poiché la maggior parte delle tracce non concede una strada lineare e prevedibile.

A Fever Dream si sviluppa su piani differenti con arrangiamenti capaci di includere in uno stesso brano sequenze minimali, derive dance, math pop e sprazzi di indietronica, nei quali si nota l'uso preponderante di tastiere e synth fin dall'apertura con l'efficacissima Night of the Long Knives, tra bordoni discendenti e una selva di break improvvisi. A Fever Dream, pur seguendo una propria scia pop, richiede più attenzione del solito per apprezzare ciascun particolare sonoro che si insinua dentro ogni evoluzione. Ad esempio Big Game e Run the Numbers, che instaurano da principio sottili arie elettroniche melliflue per dipanarsi in seguito su orizzonti rock più ampi, sono brani che non si esauriscono nella propria struttura duale, ma si completano con dei dinamismi contrastanti, attraverso la sicurezza della calma apparente infusa dai tappeti di tastiere.

Praticamente gli Everything Everything rinunciano ai chorus di facile presa e ci mettono dentro numeri più riflessivi come i beat math rock di Good Shot, Good Soldier o il requiem post rock in crescendo della title-track. A squarciare il gusto crepuscolare dell'album, sublimato dalla notturna Put Me Together, si fa strada come un raggio di sole il distintivo falsetto di Higgs che qui non viene lesinato nel suo utilizzo. La produzione di James Ford dei Simian Mobile Disco ha assicurato un consolidamento di materiali provenienti da dance e elettronica, senza snaturare il repertorio anzi, rendendolo più solido e sfaccettato. All'epoca definii Arc come un album interlocutorio e Get to Heaven mi parve un definitivo status di una band che da lì in poi avrebbe provato ad allargare (giustamente) il proprio pubblico, ammiccando a soluzioni più mainstream. Adesso A Fever Dream spiazza quelle mie certezze, imboccando una strada nuovamente votata al pop sperimentale o "prog pop" che dir si voglia e sono felice di essermi sbagliato.





8 commenti:

Franco ha detto...

Purtroppo giusto il riferimento a To The Bone...a parte forse per 2/3 brani, il resto di una banalità disarmante... :-(

Lorenzo Barbagli ha detto...

Un album scialbo e poco ispirato che non so come facciano a dire che abbia cambiato qualcosa. A parte le bruttissime Pariah e Permanating il resto è puro Wilson di serie B (io salvo giusto Refuge).

Franco ha detto...

Ti dirò, l'impressione che ho avuto leggendo commenti qua e là, è che prevale la solita posizione "anti-prog". Quindi se SW, nel bene e nel male personaggio della scena prog (anche se inspiegabilmente rifiutato...!?), ha fatto un album del genere...per costoro è già una "vittoria"... Non so se mi spiego.
Qualcuno dice che con The Raven ha voluto omaggiare il prog, con questo altre sue influenze legate al pop, soprattutto anni '80.
Francamente il confronto è impietoso. The Raven, checché se ne dica, era un album ispirato al di là del "vestito" prog...qui il livello è basso al di là del "vestito" pop...
Può capitare a tutti di "sbagliare", e personalmente a SW darò un'altra possibilità, ma avrebbe potuto fare un'operazione del genere con ben altri risultati.
Giustamente fai notare come la miscela pop/prog sia materia prima per gruppi che hanno fatto cose pregevoli.

Lorenzo Barbagli ha detto...

Sono d'accordo, non è tanto l'indirizzo musicale che lascia a desiderare...è proprio l'ispirazione che manca.
In più aggiungo al mio commento precedente che se si vuol parlare di pop prog, allora ben altri risultati ha raggiunto con i No-Man.

Franco ha detto...

Esatto, hai colto perfettamente quello che intendevo dire ;-) ...già, perché qualcuno non capisce o finge di non capire questa semplice constatazione...
Il pop era presente anche in album come stupid dream e lighbulb sun e non mi dispiaceva affatto, ma i risultati erano ben diversi, anche se preferivo i brani più "impegnati".

AntonioC. ha detto...

Secondo me ci sono alcuni equivoci di partenza:

1) a livello di novità in To the Bone non vi è nulla, visto che si tratta di una tipologia di brani sostanzialmente pop che, sia da solista che con i progetti paralleli,ha sempre piazzato in ogni suo lavoro (nel disco precedente mi viene in mente la title track);

2) di progressive/pop in questo disco vi è poco o nulla, concentrato in Refuge, Detonation, forse forse Sonmg of I, per il resto siamo in tranquilli territori pop/rock, il tutto naturalmente prodotto e lavorato con grande attenzione dei particolari, ma non basta di certo per parlare di progressive. Progressive pop erano appunto i No Man, non questo disco

Se però ci si approccia al lavoro senza questi due equivoci, allora il lavoro è decisamente piacevole, leggero e fresco, sicuramente il meno ispirato della sua carriera solista (e forse non solo) ma, tutto sommato, i giudizi positivi che sta avendo in giro mi sembrano giustificati.

Gli Everything Everything li devo approfondire ma mi sembrano troppo "briosi" e danzerecci per i miei gusti.

Lorenzo Barbagli ha detto...

Ma infatti siamo d'accordo, nel mio primo commento ho fatto presente proprio questo equivoco di fondo, a parte i due o tre singoli di pop non c'è quasi nulla. Solo una formula di scrittura wilsoniana semplificata. Ed è lì che fallisce il Wilson secondo me perché, se come dice lui, voleva fare un album pop prog non ci è riuscito, è rimasto in un limbo (né carne né pesce) che non ha giovato alla sua riuscita. E poi comunque questi equivoci li ha alimentati lui per primo ;) e non capisco come mai molte delle recensioni che ho letto continuano a parlare di pop, forse non vogliono contraddirlo o forse avrò ascoltato io un album diverso?

Per gli Everything Everything non fermarti ai loro singoli, magari ascolta album interi come Man Alive o ARC...l'influenza dance c'è, ma viene ben assorbita nell'insieme.

AntonioC. ha detto...

Ecco, lui cita So di Peter Gabriel, ma ho qualche dubbio che l'abbia ascoltato veramente :-)
Non voglio parlare di qualità ma proprio di approccio alla materia pop di Gabriel, che ne fa una grande ricercatezza sonora (le linee di basso, gli inserti etnici), laddove Wilson si limita solamente ad uha impeccabile confezione a livello di produzione.