domenica 20 agosto 2017

Brand New - Science Fiction (2017)


E' difficile spiegare al pubblico italiano (ma credo anche a quello europeo) cosa rappresentino i Brand New per la scena alternativa americana. Dell'hype che si è creato oltreoceano intorno al quinto album del quartetto di Long Island da noi non non ne è stata percepita neanche la metà. Sarà che sottogeneri come post hardcore e emocore sono nati e germogliati in quei territori e quindi è logico che lì ci sia un attaccamento maggiore verso questo tipo di band. Da tempo i Brand New hanno surclassato i colleghi, diventando il gruppo seguito con più devozione e passione dal proprio pubblico. L'unico esempio per descrivere l'importanza dei Brand New è forse riassumere i fatti che hanno portato a Science Fiction, che non hanno nulla a che invidiare a strategie e aspettative che si creano ad ogni nuovo album dei Radiohead (e il riferimento non è casuale).

Dopo il loro ultimo album in studio Daisy (2009), i Brand New non hanno fatto altro che dare indizi su possibili nuovi pezzi, realizzato un paio di singoli inediti nel 2015 (Mene) e nel 2016 (I Am A Nightmare) e annunciato il proprio ritiro dalle scene per il 2018. Anche Science Fiction era originariamente previsto per il 2016, ma i Brand New hanno preferito rimandare la data per lavorare ancora sul materiale, poiché non erano ancora soddisfatti della sua resa finale. Poi, senza alcun preavviso, il 15 agosto ne viene annunciata l'uscita per ottobre e, ulteriore sorpresa, la band decide due giorni dopo di rendere disponibile in download l'album data l'inevitabilità di un leak, visto che i fan che avevano pre-ordinato la versione in vinile si sono visti recapitare a casa lo stesso giorno una copia in CD a edizione limitata dell'album con un'unica traccia da 61 minuti. In entrambe le date il nome "Brand New" è diventato trend topic mondiale su Twitter, senza nessun singolo a fare da apripista o una campagna promozionale preventiva. Direi che questo può rendere l'idea dell'attesa spasmodica che si era creata intorno al disco.

La cura maniacale con la quale è stato prodotto Science Fiction è un'ulteriore indizio di come i Brand New volessero accomiatarsi con una prova memorabile dal loro pubblico. Ed in effetti lo è in ogni senso. Non si può giudicare la carriera dei Brand New da un solo album, il loro percorso discografico assomiglia, a livello di progressione artistica, cambi di prospettiva stilistici e maturità raggiunta, alla crescita di una persona: dall'adolescenziale pop punk di Your Favorite Weapon (2001), al salto adulto emocore di Deja Entendu (2003) che comprende un ulteriore passo avanti nel capolavoro The Devil and God Are Raging Inside Me (2006), fino al più essenziale post hardcore di Daisy. Non è facile trovare una band che sia riuscita a reinventare così drasticamente il proprio sound ad ogni nuovo lavoro e quest'ultimo non è da meno.

Sarebbe sbagliato liquidare Science Fiction come un sunto tra The Devil and God Are Raging Inside Me e Daisy, perché è molto di più. I Brand New si rinnovano ancora e provano strade per loro inedite, innanzitutto con una cura nei suoni e una versatilità stilistica da far impallidire. Particolarmente rilevante è che in molta parte dell'album compaiano suoni elettroacustici come mai accaduto prima d'ora in un album del gruppo. Le chitarre di Vincent Accardi e Jesse Lacey si aprono ad una miriade di possibilità: dal delicato arpeggio acustico della soave Could Never Be Heaven, al soft rock di matrice californiana di Desert, fino ai lancinanti e intensi assoli inclusi su 137 e In the Water, passando per le progressioni post grunge di Out of Mana. In più, sembra che questa volta i Brand New abbiano voluto provare a lavorare su materie per loro mai del tutto sviscerate come il folk o il blues, trasfigurandole con un trattamento emocore, come accade nell'intercalare screamo di Same Logic/Teeth o nello stomp di 451.

Un album che sotto questo aspetto non potrebbe suonare più americano, scambiando la sua anima post hardcore con quella del roots rock e quindi uscendo dai sicuri confini di un genere per sposare un linguaggio più popolare senza però risultare scontato. In the WaterWaste, ad esempio, sono un po' come se i Thrice e i Sunny Day Real Estate si accostassero alle arie più malinconiche di Pink Floyd e REM, ma qui i Brand New ripartono con un sound dark che non assomiglia a nessun altro. D'altra parte, l'album fa del consolidamento di atmosfere profonde e catartiche la sua ragione di vita, aperto e concluso rispettivamente dalla claustrofobica Lit Me Up e dalla fievole Batter Up, i Brand New si dischiudono a possibili sperimentazioni post rock e slowcore che sarebbe stato bello vedere sviluppate negli scenari futuri che molto probabilmente non ci saranno. Ciò che rimane costante sono le efficaci liriche di Lacey sempre in sintonia con l'estetica depressiva dell'emo, sondando il suo lato oscuro e il disagio personale che suscita in lui la conflittualità della morale religiosa, come fosse una seduta di psicoterapia.

Non so ancora se Science Fiction potrà essere l'album dell'anno ed è meglio non fare neanche paragoni con le vette toccate da The Devil and God Are Raging Inside Me, proprio per questo suo nuovo cambio di prospettiva. Però posso dire che quando lo si ascolta si percepisce che è un lavoro importante, uno di quelli che riviste mainstream tipo Rolling Stone o Mojo metterebbero tra gli album di riferimento di questo decennio. Per essere ancora più precisi: se gli anni '90 sono stati generosi nel regalarci opere che, in un modo o nell'altro, si sono distinte come identificative di quel periodo, al contrario molto più difficile è oggi rintracciare qualcuno che possa riassumere la musica alternative di questi anni '10 e le sue contaminazioni. Che alla fine tocchi proprio a Science Fiction il fardello di occupare questo posto di album epocale? Come commiato i fan dei Brand New non avrebbero potuto desiderare di meglio.


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