lunedì 3 febbraio 2014
CYNIC - Kindly Bent to Free Us (2014)
Al di là se li si apprezza o meno è bello sapere che i Cynic sono ancora in attività, anche se tra un album e l'altro fanno passare eoni (la citazione non è casuale). Questa volta abbiamo dovuto attendere "solo" sei anni dall'ultimo lavoro in studio, pur avendo mitigato l'attesa con due EP tra il 2010 e il 2011. I tempi dilatati della line-up primigenia - Paul Masvidal, Sean Reinert e Sean Malone - però hanno fatto in modo che ogni opera differisca profondamente dall'altra. Qui e ora si riparte dalle premesse impostate da Carbon-Based Anatomy e ci si spinge oltre.
Quindi i primi fatti: i Cynic decidono e confermano di proseguire come trio, eliminando le harsh vocals e facendo un uso meno prominente del vocoder da parte di Masvidal (anche se la sua voce rimane leggermente sepolta sotto gli altri strumenti) che si fa carico anche di tutte le parti di chitarra. Le virtù tecniche della sezione ritmica non hanno bisogno di presentazioni e questa volta il basso di Malone è oltretutto posto sempre in primo piano nel mixaggio.
Alla luce di ciò come si presenta l'atteso Kindly Bent to Free Us? Musicalmente e formalmente è l'album più complesso e strutturato che la band ha prodotto sinora. Focus e Traced in Air, seppur neanche loro tanto facili nelle proprie implacabili strutture, godevano comunque di un'immediatezza che non rientra nelle peculiarità di Kindly Bent to Free Us. Elementi progressive si sono fatti strada nel suono Cynic a scapito della componente metal e anche le progressioni fusion sono aumentate. Le melodie sono continuamente connesse a sequenze di accordi non convenzionali tradotti nel linguaggio dei riff metal, mentre Masvidal è in stato di grazia e cuce assieme degli assoli stellari. La consistenza sonora è molto più spessa, tanto da aumentare le potenzialità psichedeliche dei Cynic.
Ai primi ascolti si potrà rimanere interdetti ma, nonostante ciò, si intuisce subito che tutti gli otto brani avranno bisogno di pazienza per essere scoperti come si deve. True Hallucination Speak e The Lion's Roar sono forse le uniche tracce davvero più accessibili, ma dove l'album eccelle è sulle note spaziali di Infinite Shapes e Moon Heart Sun Head. Dopo di essi si apre un percorso in discesa tra anti-climax implosivi (Gitanjali) e trascendenza cosmica (Holy Fallout). Kindly Bent to Free Us forse non sancirà una linea di demarcazione decisa e chiara come nei lavori precedenti, ma penso abbia molto più da offrire in termini emotivi, basta essere propensi a non sottovalutare il suo potenziale.
Analizzando gli stilemi marcati tra Focus (1993) e la rinascita dei gruppo nel 2006, con il senno di poi non è da sottovalutare l'episodio Æon Spoke dal quale le influenze si ripercuotono ancora oggi sui Cynic. Un'ultima curiosità: questo terzo album, toccando quasi i 42 minuti di durata, è anche il più lungo nella discografia dei Cynic, dato che Focus e Traced in Air non superavano neanche i 35 minuti.
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