sabato 7 luglio 2012

ÄNGLAGÅRD - Viljans Öga (2012)


Gli svedesi Änglagård hanno vissuto una breve carriera tra il 1991 e il 1994 pubblicando solamente due album in studio. Questo bastò per renderli uno dei gruppi di progressive rock più amati di quegli anni - anche negli Stati Uniti -, ma la band sfortunatamente si sciolse, nonostante i loro lavori furono considerati immediatamente dei classici del genere.

La band si riformò ufficialmente nel 2002 (con la sola defezione del chitarrista Tord Lindman) per suonare alcuni concerti, culminati nell’esibizione del 2003 al NEARfest dove furono presentati due nuovi brani inediti. Ci sono voluti però altri dieci anni di attesa per pubblicare l’attesissimo terzo album in studio Viljans Öga (la cui uscita era prevista per fine giugno e ora slittata al 30 luglio).

Il disco contiene solo quattro lunghe tracce che si presuppone siano state scritte in questi anni di pausa. In effetti, i brani Sorgmantel e Längtans Klocka furono entrambi presentati dal vivo nel 2003 (al citato NEARfest), all’epoca denominati rispettivamente New Song #1 e New Song #2.

Ad un ascolto superficiale si potrebbe affermare che Viljans Öga prosegue la scia dei suoi predecessori. Il che in realtà è vero solo in parte. Alla pletora di influenze (Yes, Genesis, King Crimson, Cathedral) che hanno animato i primi due album (e che sono state un po’ la loro croce e delizia) la novità che si aggiunge è una più marcata matrice classicistica, tanto che in alcuni punti sembra di avere a che fare con un ensemble di musica colta per eccellenza e l’appellativo “sinfonico” non potrebbe calzare meglio. Questo importante elemento ha il pregio di rappresentare un valore aggiunto e di elevare Viljans Öga oltre i confini del progressive rock, per spedirlo nell’orbita di una musica universale. Di contro, tutto ciò rende il suo ascolto molto impegnativo e sicuramente è da considerarsi l’opera più complessa che il gruppo abbia concepito. Il che la colloca in una naturale trilogia di album in evoluzione.

È anche vero che il gruppo si è preso tutto il tempo necessario per svilupparsi. Mi ero quasi dimenticato che Mattias Olsson è un batterista divino. Le parti di flauto di Anna Holmgren sono ora più prominenti e ampiamente migliorate. Il basso di Johan Brand sa essere discreto o impetuoso come un ariete. Le virtuose chitarre di Jonas Engdegård e le tastiere di Thomas Johnson sono i motori e allo stesso tempo l’impalcatura su cui poggiano le fondamenta dei brani.

Ur Vilande si apre, usando termini classici, con un adagio per flauto, piano e chitarra acustica: una quieta e malinconica ouverture dalle sfumature autunnali, prologo di un breve crescendo che va ad introdurre lo svolgimento del brano. Da qui in poi si susseguono dinamiche, temi e trame alternati tra piani e forti d’alta scuola, con tre minuti finali semplicemente da brivido. Vi potrei citare i soliti King Crimson o i Cathedral, ma gli Änglagård impreziosiscono personalmente il brano con una classe inusitata. Dopo aver ascoltato Ur Vilande si è già annichiliti dall’incredibile bravura del gruppo.

Sorgmantel ha un inizio pacato, simile a Ur Vilande, utilizzando però uno stile che è una via di mezzo tra l’antifona e il canone, con l'uso della chiamata e risposta, tra il flauto e gli altri strumenti. Una girandola di variazioni è la costante della composizione, con duetti tra mellotron, flauto, glockenspiel, organo Hammond, alternanze improvvise tra impennate maestose e momenti bucolici. I pezzi forti sono un ciclico riff reiterato di chitarra che viene riproposto come un chorus e un’intromissione crimsoniana tra il basso di Brand e il sassofono suonato dalla Holmgren.

Snårdom è subito un vortice di suoni con synth, mellotron e chitarre elettriche come nella miglior tradizione di prog sinfonico. È il brano più bellicoso e movimentato con parti tribali che potrebbero vagamente ricordare gli Yes più sperimentali di Relayer o, specialmente nella tranquillità della seconda parte, l’impressionismo dei King Crimson di Islands.

Längtans Klocka ha un bellissimo dolente preludio per piano e flauto che fluisce in un gioco tra flauto e chitarra; entra poi un breve tema che crea tensione, suonato da chitarra, flauto e mellotron per sfociare in un susseguirsi di frammenti che sembrano tratti da danze pagane e temi tradizionali folkloristici, tutti passati attraverso la lente del prog sinfonico alla maniera del quintetto svedese.

Solo quattro lunghi brani, ma di un’intensità imponente, ai quali, anche sforzandomi, non riesco a trovare difetti. Epilog per me rappresentava l’apice massimo dell’arte Änglagård, ora devo rivedere drasticamente tale valutazione in favore di Viljans Öga. Capolavoro? Se non lo è ci siamo dannatamente vicini.

Tracklist:
1: Ur Vilande (15:44)
2: Sorgmantel (12:07)
3: Snårdom (16:14)

Intanto ecco le tre parti del documentario che riprende il lavoro in studio per l'album: 



ÄNGLAGÅRD - CHAPTER 1 - THE FIRST REHEARSAL from Martin Gustafsson on Vimeo.



ÄNGLAGÅRD - CHAPTER 2 - DRUMS IN ATLANTIS from Martin Gustafsson on Vimeo.


ÄNGLAGÅRD - CHAPTER 3 - BASS GUITAR from Martin Gustafsson on Vimeo.

4 commenti:

red ha detto...

Caspita, uno si assenta per due o tre settimane e si trova un mare di novità una più stimolante dell'altra!
Questo degli Anglagard mi pare qualcosa di imperdibile, anche se probabilmente necessiterà di un mucchio di ascolti, cosa che con le modalità odierne di fruizione della musica diventa sempre più complicata.
Ah bei tempi quando usciva un disco al mese e potevi assimilarlo per bene...

Alkemilla ha detto...

Vero, forse servono molti ascolti per "digerire" e fare propri questi suoni, ma qui siamo davanti a qualcosa di davvero sublime e questo è un fatto.
Lo ascolto da tre giorni. Il vortice è imponente.
Gli Anglagard sono dei maestri, inutile dire, e non solo di prog: di musica.
Grazie per la recensione. Non potrei essere più d'accordo.

Lorenzo Barbagli ha detto...

Proprio così, più lo ascolto e più mi convinco che l'etichetta di progressive rock va stretta a questo album.

laumar ha detto...

Ho scoperto gli Anglagard da poco, e subito sono passati tra i miei preferiti. D'accordo con i commenti: questa è Musica. Grande maestria compositiva, grande padronanza e tecnica nell'esecuzione.
Nell'epoca della non-musica sentire gente che suona davvero, e molto bene, solleva lo spirito.