sabato 22 marzo 2025

Recap di un anno musicalmente iniziato malissimo


Come vi sarete accorti altprogcore dall'inizio dell'anno è in una fase dormiente. La cosa è dipesa da vari fattori già calcolati, ma quello che ha preso un po' il sopravvento ultimamente, anche in modo inaspettato, è il trovarsi di fronte ad un anno finora privo di uscite interessanti. Siamo quasi a fine marzo e le pubblicazioni meritevoli sono veramente scarse. Non parlo eventualmente della necessità di capolavori, ma almeno qualcosa che sappia accendere un interesse più alto della media. Anche negli album di più rilievo come quelli di Steven Wilson, echolyn, Dim Gray, Coheed and Cambria, Eidola, CKRAFT, non ho trovato quella scintilla che avrebbe potuto elevare sopra la media (almeno di questo anno) lavori comunque molto attesi. Nel portare avanti un discorso musicale che possa tenere sempre la curiosità alta il 2025 sta un po' deludendo, ma volevo comunque avere modo di segnalare alcuni titoli degni (almeno i primi tre) e altri abbastanza interessanti ma nulla di miracoloso (gli altri), nella speranza di fare cosa gradita.



Con Trøst il quartetto danese Danefae dà alle stampe il suo secondo lavoro, notevolissimo sia a livello tecnico sia a livello di sensibilità nel giusto dosaggio tra metal, prog, folk e tradizione nordica.
 



Nel loro esordio Microcosm Of A Midlife Crisis i Chidori spingono lo swancore verso il chiptune, il mathcore e lo screamo con grande verve, divertimento e tanta voglia di sperimentare soluzioni di trame ibride, tra elettronica da video games e abrasività post hardcore.
 



Sun Against Artemis è un giovane quintetto di Richmond che affronta il prog con l'attitudine metal e post hardcore propri dell'onda americana alternativa degli ultimi anni. Finora hanno realizzato due EP di cui questo First Quarter è l'ultimo.  



I The Orchestra (For Now) potrebbero proseguire la sensazione suscitata in passato in Inghilterra da gruppi come Black Country, New Road, black midi, HMLTD e, ultimamente, Ugly. Come si è accorto anche NME, bollandoli come "massimalisti prog". Il loro primo EP Plan 75 raccoglie quattro brani abbastanza articolati e ambiziosi tra post punk e prog.
 



Anche i Samaritan Snare, come i Sun Against Artemis, provengono da quel ramo americano di prog di ultima generazione e in questo caso nel loro EP si propongono di perseguire l'epicità dei Coheed and Cambria e la tecnica dei Thank You Scientist.
 



Malcolm's Law è il nuovo album registrato live del gruppo math rock strumentale Waldo's Gift. Niente di nuovo, ma interessante.
 



To live in a different way è l'album di debutto dei Love Is Noise, duo inglese che si ispira allo shoegaze e al metal con riferimenti a Loathe e Deftones, ma con ancora più melodia e orecchiabilità. 



Sempre in tema di shoegaze, ma pure di post metal, il terzo album dei SOM Let the Light In si rialza dalla poca incisività del precedente. Sempre atmosfere suggestive e metalliche allo stesso tempo.

domenica 9 marzo 2025

Steven Wilson - The Overview (2025)


Facciamo un gioco. Proviamo ad immaginare che Steven Wilson dopo The Raven That Refused to Sing non si sia mai distaccato dal progressive rock, che non si sia mai fatto tentare dal pop con velleità sofisticate (To the Bone, The Future Bites) o da un solipsismo tracotante ed eclettico che ha generato cose più apprezzabili ma tuttavia che rasentano l'esercizio di stile (The Harmony Codex, Hand.Cannot.Erase). Per quanto un artista senta il bisogno di cambiare traiettoria, per quanto abbia tutto il diritto di sentirsi libero di cimentarsi in altri ambiti stilistici, ci sarà sempre un legame in cui si sente a proprio agio e gli permette di essere più ispirato, in pratica di "ritornare a casa". Il fine del gioco è realizzare definitivamente che, quando si parla di Steven Wilson, questa caratteristica venga più in evidenza e con The Overview ha preso di nuovo il sopravvento.

Non ho mai fatto mistero della mia personale "antipatia" per il corso intrapreso negli ultimi anni da Wilson e non perché ritengo che debba dedicarsi esclusivamente al progressive rock, solo che ho sempre avuto l'impressione che con altri stili non riesce a connettersi a dovere e produrre qualcosa di convincente. Il suo nuovo album presenta solo due lunghe suite, ispirate non tanto a un concept quanto all'idea dell' "effetto della veduta d'insieme" ("The Overview" appunto), ovvero una particolare condizione di cambiamento cognitivo riscontrato negli astronauti che, una volta nello spazio, realizzano come la Terra sia un piccolo e fragile pianeta dove tutto ciò che è stato nel tempo costituito dall'uomo (conflitti, confini, religioni, ecc.) diventa all'improvviso insignificante di fronte alla precarietà del nostro pianeta fluttuante nell'universo. Una variante del discorso sul "Pale Blue Dot" di Carl Sagan in pratica.

L'intrigante premessa tematica si riflette nella musica più ispirata creata da Wilson dai tempi di Grace for Drowning a questa parte. Finalmente si sente scorrere linfa nuova nell'uso della sua voce (con tutti i limiti che si porta dietro), nel ricorso a multistrati vocali sfruttati in modo creativo, così come inconsueti timbri di tastiere e chitarre elettriche i quali, è vero che richiamano le asprezze di Yes e King Crimson, ma assumono una personalità tutta propria nel contesto sonoro.

La prima parte - Object Outlive Us - mette in prima linea il piano acustico e i temi musicali vengono sviluppati e impiegati forse in modo ridondante, ma in generale piacevolmente. Insistenti cori marziali si scontrano con cadenze reiterate minimali, come nel pop dei Field Music, ma allo stesso tempo imponenti e psichedeliche come nei Knifeworld. La parte strumentale che inizia circa dopo 14 minuti dall'inizio è tra le cose più interessanti prodotte da Wilson negli ultimi anni, una jam in cui si insinuano chitarrismi alla Steve Howe e Robert Fripp, mentre il groove ritmico spinge senza sosta.

Sulla title-track ritorna l'amore per le ritmiche elettroniche breakbeat, retaggio dei primissimi Porcupine Tree degli anni '90, quando Wilson era affascinato dai suoni IDM dei The Orb e dei Future Sound of London. La parte che segue forse è l'unico punto debole di tutto l'album, modellata come una più che ordinaria ballata per chitarra e piano, svogliata come un pezzo di David Gilmour, dimenticabile come una b-side di british pop. Il resto è una costruzione di suoni e accordi di tastiere avvolgenti che sfiorano la muzak e la fusion, dove si respira veramente del prog accattivante, soprattutto nelle varianti degli assoli che si susseguono, tra chitarre, synth e tastiere. Il tutto si chiude con lunghe note ambient di tastiere che sembrano provenire dal progetto collaterale Bass Communion.

Con The Overview Steven Wilson sembra perseguire un proprio ideale su grande scala alla Mike Oldfield, dove a tratti compaiono stratificazioni strumentali e architetture sonore che lasciano da parte l'ambizione in favore di un'organizzazione strutturale focalizzata su un fluire coerente e ben collegato. Al di là di tutte le voglie di peregrinazione stilistica che si è potuto togliere Wilson come artista, in definitiva si sente che è questo che deve perseguire e che gli riesce meglio. Intendiamoci, The Overview non è un capolavoro, ma almeno in questo caso la componente sonica e timbrica funziona meglio che altrove e possiede un sapore nuovo, svolto in modo molto più efficace rispetto agli album precedenti, strombazzati dall'autore all'epoca quasi come produzioni che sondavano territori musicali inediti, quando in realtà, con il senno di poi, non hanno lasciato un granché.