Dopo aver consegnato alla storia un capolavoro come Hush Mortal Core nel 2020, qualcosa si sta lentamente smuovendo nel mondo di Martin Grech. L'artista ha i suoi tempi, oltretutto nel lungo periodo di silenzio che ha seguito March of the Lonely (2007), è diventato molto severo e selettivo nei confronti della propria produzione, scartando e archiviando idee per interi album (prima di Hush Mortal Core ne sono stati abortiti addirittura due).
domenica 1 dicembre 2024
Martin Grech - Phantasmagoria EP e altre novità
Dopo aver consegnato alla storia un capolavoro come Hush Mortal Core nel 2020, qualcosa si sta lentamente smuovendo nel mondo di Martin Grech. L'artista ha i suoi tempi, oltretutto nel lungo periodo di silenzio che ha seguito March of the Lonely (2007), è diventato molto severo e selettivo nei confronti della propria produzione, scartando e archiviando idee per interi album (prima di Hush Mortal Core ne sono stati abortiti addirittura due).
lunedì 25 novembre 2024
stop.drop.rewind - stop.drop.rewind (2024)
I stop.drop.rewind si definiscono "progressive powerpop", cosa che descrive in parte la loro proposta, in realtà ampiamente più complessa ed elaborata. Certo non manca l'alternanza con episodi più leggeri, quasi pop punk, come il brano Hair of the Dog, ma l'essenza dei stop.drop.rewind risiede nel dare spazio alla loro perizia strumentale che talvolta sfocia nella fusion e dà risalto alle evoluzioni di basso del frontman Kris Lohn. Ad esempio Luminescence integra groove funk all'interno della forma poliritmica del math rock, The Bomb, con i suoi continui cambi di direzione, assume nella struttura un'anima più prog, mentre Black Holy Benny si rigenera con un andamento pop punk, ma mantenendo un forte approccio power pop.
Nei stop.drop.rewind quindi anche la materia scanzonata del pop punk viene affrontata con interventi che si sommano ai regolari "strofa e ritornello" in modo da intricare e rendere imprevedibile l'andamento dei pezzi. E' ovvio che la perizia tecnica del trio ci mette del suo per complicare una strada che si vorrebbe semplice, ma come loro stessi dichiarano nell'azzeccata definizione "ecco cosa succede quando gli emo kids crescono e prendono una laurea in jazz."
giovedì 21 novembre 2024
Atomic Guava - Beach Episode EP (2024)
Due anni fa gli Atomic Guava con l'esordio Peasants of the Future avevano mostrato una discreta carica sovversiva nell'affrontare il prog metal, spingendo l'acceleratore su aggressività e melodia, djent selvaggio e synthpop giapponese, virtuosismi fusion e math rock, tutto affrontato con molta ironia senza prendersi troppo sul serio. Adesso il quintetto capitanato dalla coppia Martin Gonzalez (chitarra) e Elizabeth Hull (voce) pubblica il nuovo EP Beach Episode con quattro tracce e scritto in soli quattro giorni, come fosse una sfida. Le canzoni, pur avendo per questo motivo un impatto più diretto, non mancano di mostrare arrangiamenti avventurosi e spunti interessanti a livello tematico.
sabato 9 novembre 2024
Il massimalismo math rock e folk barocco di Pete Davis
Dato che tra queste pagine non ne ho mai parlato e anche in generale sul web viene troppo poco citato, vorrei porre l'attenzione su un musicista poliedrico come Pete Davis, il cui corpus artistico merita di essere scoperto. Inizialmente conoscevo Davis solo per il suo progetto math rock Invalids, ma in seguito ho scoperto che questo era solo una parte di una più composita discografia con varie sfaccettature. Davis nei primi anni 2000 si sposta tra New Jersey e Oregon collezionando un gran numero di demo che poi re-inciderà più professionalmente nell'intimità della propria casa. Tra le prime cose a cui Davis dedica attenzione ci sono dei brani post hardcore/prog punk che vanno a finire nel 2011 nell'unico omonimo album dei Surface Area, registrato con il batterista Jon Lervold e poi una più ampia collezione di canzoni dal carattere folk, un lato che il polistrumentista sviscererà in modo del tutto personale partendo dal primo album a suo nome Passing It Off as Art del 2003. Su questa costola solista Davis si destreggia in esperimenti bizzarri come Hapax Legomena (2023), nel quale la scommessa è comporre solo canzoni della durata di un minuto, oppure con stratificazioni a cappella e di molteplici strumenti che concorrono ad aumentare le proprie abilità di home recording come una sorta di virtuosismo aggiunto.
L'EP False Friends e la sua traccia di apertura Everyone Felt Each Other Felt Fine può servire da buona introduzione per comprendere come Davis giunga ad una visione finale armonica che ha sviluppato in completa solitudine. Questo folk barocco che ricopre un raggio dal minimale all'orchestrale raggiunge lo zenit nell'album The Pottsville Conglomerate (2011), un'opera mastodontica da quasi 100 minuti nella quale il musicista si occupa di tutti gli strumenti, particolare da non sottovalutare visto che si parla di brani che si allargano fino a 8-9 minuti con piglio orchestrale e multitematico. Per l'ambizione messa in campo basti dire che siamo dalle parti di Sufjan Stevens, The Dear Hunter e Adjy, ovvero quel territorio poco battuto in cui il folk tradizionale amricano incontra l'emo, il bedroom pop e il prog.
Negli Invalids invece Davis mette sul tavolo un math rock ipertrofico e frenetico, imbevuto di tapping e ritmiche indiavolate, come una versione sotto steroidi dei TTNG. Finora con gli Invalids Davis ha prodotto tre album, l'ultimo dei quali Permanence del 2022 è come una summa dei suoi vari progetti: un incontro massimalista di math rock, armonie vocali a quattro parti e una complessa rete ritmica che vanno a completare una collezione di tracce estremamente satura di sovraincisioni la cui intricata architettura le rende affascinanti e disorientanti. L'impatto è alquanto singolare, ma questo album degli Invalids riunisce una serie di qualità da farsi apprezzare nell'uso della polifonia stordente ad ampio raggio utilizzata sia a livello strumentale che vocale.
domenica 3 novembre 2024
Notes from the Edge of the Week #12
- I Gladiolus sono una band australiana che ha deciso di esordire non con un EP ma con un imponente album di 73 minuti. Inertia presenta un solido prog metal che spazia dal melodico all'aggressivo, accompagnando tale scelta con l'alternanza di voci clean e harsh. Data la sua lunghezza, dentro ad Inertia si trovano le tante sfumature di metal che possono andare dall'atmosferico al djent, fino ad arrivare alla fusion con brani che quasi sempre presentano una durata estesa (ad esempio i due tour de force di oltre 10 minuti della title-track e di Flicker). I riferimenti possono essere rintracciati nei Tool, Karnivool e Opeth, però i Gladiolus sono abbastanza accorti da non risultare delle copie carbone senza guizzi. Album notevole, soprattutto nella seconda parte, se si ha la pazienza di arrivarci.
- i Häxa è il nome di un collettivo guidato dalla cantante Rebecca Need-Menear (del duo art rock Avanae e qui potete vederla in azione come backing vocalist di Martin Grech) e dal produttore Peter Miles (TesseracT, Martin Grech, Cestra, Architects, FIZZ). L'omonimo album che viene adesso realizzato nella sua interezza è la somma di quattro EP pubblicati durante il 2024 al cadere dei solstizi ed equinozi. Da questo indizio si capirà che anche il concept dietro al progetto è rilevante e la musica si indirizza verso un dark folk elettronico che richiama l'esoterismo e i rituali pagani degli Sleep Token, anche se musicalmente qui siamo dalle parti di una versione gotica e rarefatta di Julie Christmas e Marjana Semkina. A tratti sperimentale, a tratti art pop sofisticato e atmosferico, i Häxa è un esperimento abbastanza affascinante.
- Devo ammettere che non ero molto ansioso di ascoltare il nuovo album dei riuniti Beardfish anche perché, dopo averli scoperti, apprezzati e seguiti a partire da The Sane Day, da Mammoth in poi li ho visti perdersi in un manierismo ripetitivo che li aveva progressivamente intrappolati in una formula poco interessante. Songs for Beating Hearts invece li riporta ad una buona ispirazione, soprattutto nella prima parte con la suite Out in the Open.
- Uno dei tanti misteri delle dinamiche del mercato musicale è come mai gli Amarionette non godano di un pubblico più vasto. Non dico che debbano sfondare nel mainstream, ma il genere di musica accattivante che producono - una specie di post hardcore imbevuto di funk, nu soul, RnB, disco e synthwave - sembrerebbe fatto apposta per i tempi che stiamo vivendo, dominati da mode retro futuriste con un occhio ai social, dove in genere questi ibridi hanno un appeal privilegiato. C'è chi ha cavalcato questi crossover da molto meno tempo degli Amarionette ed è divenuto comunque più noto di loro. Il nuovo EP AMVIRI II non fa altro che ribadire il potenziale pop-core del gruppo.
venerdì 1 novembre 2024
Isbjörg - Falter, Endure (2024)
Da ormai più di un anno e mezzo fa i danesi Isbjörg avevano iniziato la marcia che ha portato a questo secondo album, che arriva dopo Iridescent del 2019, cominciando con il pubblicare il primo singolo Ornament (di cui qui abbiamo un'intervista) e con l'occasione presentare anche il nuovo cantante entrato in formazione Jonathan Kjærulff Jensen. Arrivati adesso a Falter, Endure i sei mostrano tutta la potenzialità di quello che loro chiamano "math-stadium rock", qualità che già risplendevano nei cinque singoli usciti in anteprima.
domenica 27 ottobre 2024
Notes from the Edge of the Week #11
- I Tigerwine sono uno dei gruppi più sottovalutati dell'attuale scena post hardcore americana. Dopo aver avuto la sfortuna di pubblicare una bomba di album come Nothing is for You in piena pandemia, senza alcun modo di promuoverlo, la scarsità di comunicazione mi aveva fatto temere si fossero definitivamente sciolti. Invece eccoli di nuovo con Toil & Spin, un lavoro asciutto, molto meno sperimentale e dilatato di Nothing is for You ma altrettanto efficace nel tradurre in musica tutto l'appeal del composito psych doomgaze del gruppo. I pezzi di Toil & Spin appaiono più diretti e con divagazioni psichedeliche ridotte all'essenziale, ma vi è riversata una potenza di fuoco sonica incentrata su distorsioni chitarristiche lambite da costanti interventi spaziali, doom e riverberi infiniti di una espressività avvolgente. L'amalgama ha un impatto pesante e astrale allo stesso tempo da far posizionare i Tigerwine tra post grunge e doomgaze in una maniera che, se adorate Soundgarden e Thrice, non potete perderli.
- Gli Hey, ily! fanno parte di quella frangia bedroom pop della quinta onda emo la quale ha preso piede dopo la pandemia e che comprende progetti come Lobsterfight, Your Arms Are My Cocoon, Weatherday e Asian Glow. Dopo alcuni EP realizzati con l'etica lo-fi il qui presente album Hey, I Loathe You! capitalizza tutte le caratteristiche estetiche portate avanti dal sottogenere post emo, frullando dentro i suoni più disparati tra cui post hardcore, metalcore, easycore, chiptune e power pop. Insieme ad altre grandiose uscite del 2024 in campo post emo, tra cui Glass Beach, Topiary Creatures, Origami Angel e Stay Inside, l'album degli Hey, ily! testimonia l'ottimo stato di salute di un sottogenere ignorato da chiunque, ma tra i più originali del panorama rock moderno.
- Dopo Everbloom il chitarrista Greg Almeida con The Impermanent Amber firma un altro capitolo del suo progetto Secret Gardens. Questo album è sicuramente il suo più accessibile, poiché nella varietà con cui incastra prog, metal, fusion, emo, post rock e post hardcore, ogni brano trattiene un alto tasso di orecchiabilità melodica e atmosferica. Alla batteria ritorna il mai troppo lodato Joseph Arrington (A Lot Like Birds, Sianvar, Royal Coda, Gold Necklace), il cantato compare con molta più presenza e non viene disdegnato l'utilizzo di una produzione che include orchestrazioni e il gusto per stratificazioni che danno un senso di grandiosità e pienezza. In definitiva un album stilisticamente eclettico ma che fonde bene i propri generi fino a renderlo omogeneo.
- Un altro chitarrista che si occupa di metal fusion, il canadese Gabriel Silva Castro, con i suoi Yūrei pubblica l'EP di quattro tracce Our Dreams Were All For Everything. A differenza dei passati lavori che vedevano un approccio interamente strumentale, in questo EP Castro cambia volto al suo progetto e aggiunge alla formazione la voce femminile di Katie Thompson, oltre ad una cura per le progressioni armoniche fusion maggiormente marcata. In questo modo i pezzi respirano un'aria di djent atmosferico trascendentale e ultraterrena che potrà essere apprezzata da chi ama The Contortionist, Karmanjakah e Tetrafusion.
- Dopo sette anni dal primo album tornano a farsi vivi anche i Mad Lollypop, duo di Indianapolis formato da Andy Irwin e Sean Hilton. Lo stile rimane più o meno quello di Party with Imaginary Friends, ovvero un prog rock moderno condito di elettronica pesante, utilizzata in modo da amplificare la sensazione di trip psichedelico ma ancora più ambizioso, come testimonia il folle e autoindulgente viaggio di 18 minuti di The Abduction. Come avevo scritto a suo tempo, uno dei paragoni più immediati rimane quello con i Porcupine Tree della prima fase, vale a dire quelli di Up the Downstairs e Voyage 34, il fine di sballarsi creando un parallelismo tra psych prog e acid house è lo stesso.
- I Lobby Boxer sono una di quelle band che suonano indie rock ma per fortuna con una propria personalità senza allinearsi ad una formula abusata. Infatti se il punto di partenza dei brani è aderente a quello stile, non si può mai prevedere quale piega o direzione possa prendere il gruppo per rendere l'andamento costantemente interessante. Head Shoulders Knuckles Floor è una collezione di pezzi ad alta energia che fonde indie, emo, math rock, post hardcore e prog, ognuno di questi usato a basse dosi per mantenere le canzoni su una soglia equilibrata non troppo sperimentale e abbastanza accattivante.
martedì 8 ottobre 2024
Guitar and Video Games - Tracce di Progressive Rock nel Post Emo 2018-2024
venerdì 4 ottobre 2024
Geordie Greep - The New Sound (2024)
L'annuncio improvviso lo scorso agosto della fine dei black midi penso abbia colto di sorpresa quasi tutti coloro che li conoscono. Altrettanto sorprendente è stata la velocità con cui il frontman Geordie Greep ha pubblicato il suo primo album da solista, registrato per la maggior parte in Brasile con musicisti trovati in loco per un totale di una trentina di persone coinvolte, oltre alle ospitate degli ex black midi Morgan Simpson e Seth Evans. The New Sound è contemporaneamente il titolo dell'album, il nome della band e una dichiarazione di intenti. Il distaccarsi dal suono originario dei black midi era quindi già prefigurato, ma in tutta sincerità non sapevo quale indirizzo avrebbe potuto prendere la carriera solista di Greep, ma di sicuro niente che potesse accostarsi a tale livello.
Se questo deve essere ciò che la dissoluzione dei black midi ha generato, allora ben venga la loro morte. Tutto ciò per dire ancor più chiaramente che The New Sound in termini di risultati supera di gran carriera quanto prodotto da quella band nell'arco di tre album. Magari non sarà giusto fare paragoni, ma Greep è stato pur sempre un membro fondatore dei black midi ed un confronto con il repertorio che ha contribuito a scrivere è inevitabile. La maturazione di Greep come direttore artistico e principale motore del progetto è impressionante e a questo punto è lecito sospettare che la band fosse per lui un freno, il che è paradossale visto che il trio inglese aveva fatto della libertà sperimentale il proprio cavallo di battaglia. Eppure The New Sound sa percorrere strade ancor più avventurose e avvincenti. Senza mezzi termini, qui siamo di fronte ad una resa grandiosa: lo spettro sonoro coperto, la visione musicale di Greep, l'esecuzione musicale dell'insieme, l'organizzazione strumentale, sono qualcosa di impressionante se si pensa poi alla giovane età dell'autore.
Su The New Sound Greep costruisce un ensemble dai forti connotati musicali latino-americani, per ciò che riguarda le ritmiche (salsa, samba, rumba) e certe armonie estratte dalla bossa nova. Questo ultimo aspetto si arricchisce da sprazzi jazz, fusion e prog, che riprendono le pirotecniche linee math rock e sperimentazioni avant-garde dei black midi, ma con un gusto di profondità melodica e strumentale degna della maniacalità degli Steely Dan. La componente cabarettistica che nei black midi era accentuata proprio dall'istrionismo canoro di Greep in questo caso lascia spazio ad un crooning da big band in un connubio, come anche il cantante sottolinea, tra Frank Zappa e Frank Sinatra.
Sinceramente stupisce come Greep abbia orchestrato e concepito un disco del genere, così sontuosamente ricco negli arrangiamenti e nelle stratificazioni. In ogni passaggio o cambio di direzione sono nascosti tanti particolari timbrici che formano un corto circuito tra sonorità lounge jazz/funk anni '70 e lo sfoggio di tecnicismo moderno, non indirizzato però al virtuosismo ma all'accrescere le potenzialità della prospettiva sonora e timbrica. Forse a descrivere ogni brano si fa un disservizio alla sorpresa che ognuno di questi può suscitare, anche perché non ce n'è uno che risalti sopra ad un altro, l'eccellenza in questo caso trabocca nella totalità di tutte le tracce. Un esordio di tutto rispetto, forse anche di più. I black midi sono morti, lunga vita a Geordie Greep.
martedì 24 settembre 2024
Paul Hanson and Raze The Maze - Calliope (2024)
Ci voleva un fagottista per concepire uno degli album prog più avventurosi di quest'anno. Proprio così, Calliope è stato realizzato da Paul Hanson in collaborazione con i Raze The Maze, ovvero il duo formato dagli ex MoeTar Moorea Dickason (voce) e Tarik Ragab (basso) che, se già conoscete, potrete avere un'idea dello stile che crea un crossover tra fusion e pop matematico, qui condotto su confini ulteriormente avanzati. Hanson ha ovviamente una formazione classica, ma il suo impegno a far sconfinare il proprio strumento nei reami del jazz lo ha portato a collaborare con leggende del calibro di Jon Batiste, Wayne Shorter, Béla Fleck e Billy Cobham, il quale è qui presente come ospite in un brano.
venerdì 20 settembre 2024
Autumn math rock roundup
venerdì 13 settembre 2024
Sans Froid - Hello, Boil Brain (2024)
mercoledì 4 settembre 2024
Marianas Trench - Haven (2024)
Nella loro carriera i Marianas Trench, guidati dall'ispirazione trascinante del cantante e autore Josh Ramsay, si sono cimentati in un emo power pop indirizzato verso connotazioni grandiose, magniloquenti e, quasi a legittimare tale indirizzo, per ogni album è stato scelto un concept o un tema portante che andasse a legare le varie canzoni. Haven, sesta opera in studio che segna una pausa di cinque anni dal precedente Phantoms, non fa eccezione ed è forse il picco creativo del gruppo canadese in questa continua ricerca della pomposità barocca applicata al pop, detto con tutta l'accezione positiva del caso. "Opera" è un termine scelto non a caso, visto che i Marianas Trench non hanno mai nascosto la propria volontà di creare una musica teatrale e altisonante che, a partire dal secondo album Masterpiece Theatre (2009), ha scavalcato i confini dell'originario emo pop presentato su Fix Me (2006). Da quel momento i Marianas Trench hanno allargato i propri orizzonti toccando power pop, synphonic rock, art pop e dance pop. Non a caso i loro punti di riferimento si possono rintracciare in Queen e Jellyfish.
lunedì 2 settembre 2024
Zane Vickery - Interloper (2024)
Un album spesso diventa un diario a cuore aperto del proprio vissuto e, nel caso riguardi un evento drammatico, è molto probabile che la sua intensità vada a intensificare l'emotività della musica. Questo in pratica è, in due righe, il contenuto di Interloper, secondo album del cantautore Zane Vickery. Un disco che si rivela una bestia di 73 minuti, risultato di due anni di travagliato lavoro nei quali Vickery si è ripreso da un quasi mortale incidente stradale causato da un guidatore ubriaco che purtroppo non si è salvato dallo scontro. Interloper riguarda un profondo processo di introspezione con il quale Vickery ha reagito all'accaduto, sentendosi responsabile per il tragico destino dell'altro guidatore tanto da sentirsi in colpa per essere sopravvissuto, pur non essendo lui la causa dell'evento. E a questo punto si apre tutta una parentesi sul perdono, sulla provvidenza divina che ci dà segnali e ci guida verso scopi a noi ignoti, sul credere in qualcosa di superiore che ci fa vivere momenti difficili e corregge la nostra morale attraverso ciò che accade nella nostra vita. In una parola: la fede.
Vickery affronta tutto questo aprendosi completamente nelle liriche, aggiungendo all'esperienza del perdono anche il difficile rapporto col padre, l'amore per sua moglie e rispolverando con ancora più forza il suo credo cristiano che già aveva fatto capolino nel precedente Breezewood (2021) tramite i riferimenti allo scrittore C.S. Lewis e alla sua opera sul mondo di Narnia. Nella musica statunitense non è raro imbattersi in tematiche cristiane pur non ricadendo specificatamente nell'etichetta di "christian rock". Anche nella musica alternativa si possono trovare velati riferimenti alla religione o precisi contenuti sulla fede, a seconda che i testi lascino libera interpretazione o che non ne nascondono i riferimenti. Per fare degli esempi nel rock contemporaneo si pensi a Dustin Kensrue dei Thrice, a Jeremy Enigk, ai Valleyheart, agli Emery, agli Adjy e molti dei gruppi appartenenti all'etichetta Tooth & Nail. Detto questo, penso che si possa apprezzare la musica che ci viene offerta anche se si è agnostici.
E' raro al di fuori del progressive rock trovare un album così esteso, peraltro con una gran mole di canzoni (17 in tutto), che scorra senza stancare e che possegga un'ampia varietà di pezzi ad alto spessore. In più, per essere una produzione indipendente, c'è una qualità e un'attenzione nella costruzione sonora da poter competere con quelle di più alto profilo. Vickery usa l'alternative rock americano come punto di partenza e lo ammanta con arrangiamenti ricchi che di volta in volta pescano stratagemmi da post rock, dream pop, folk, prog, post hardcore e emo. Ovviamente questi riferimenti vanno contestualizzati nel quadro generale come sfumature che aiutano le canzoni a rendere meglio la carica emozionale che possiedono e a fargli spiccare il volo. Proprio per questo Interloper non è il classico alt rock album che si omologa alla moltitudine, ma si distingue nel cercare un sound personale, aiutato dalla notevole interpretazione vocale di Vickery.
La title-track che apre anche l'album è, nella sua lenta evoluzione in crescendo, un foreshadowing del mood con cui procederà il disco, a tratti malinconico a tratti epico. Ed infatti si parte subito in pompa magna con i grandi spazi avvolgenti di Whatever Light We Have che si spalanca in sonorità eteree post rock ed un andamento punteggiato da ritmiche chitarristiche post hardcore. L'essenza di Interpoler è un po' questa: mostrare delicatezza ma sostenerla con una forte carica elettrica. Anche nei brani più romantici o elegiaci come Demimonde o Hydrangea si fa strada un'energia insolita grazie a orchestrazioni, strati di voci in lontananza, riverberi elettroacustici.
Non mancano parentesi folk e quasi country con The Best You Could e Honest, ma Vickery si mostra soprattutto un grande autore di pezzi che potrebbero fare concorrenza all'aristocrazia dell'art pop, su Greenhouse sembra rivisiti alla sua maniera Peter Gabriel, mentre su The Weight e Big Things Coming aggiunge la propria prospettiva rispettivamente sul rock radiofonico e AOR americano e sul post hardcore melodico dei primi anni 2000. Breathe & Affirm e The Gallery riprendono quella caratteristica a cui si accennava in proposito della title-track, partendo come delle ballad pacate per poi crescere in una versione solenne di loro stesse. Ovviamente, nella sua lunga durata e varietà, l'album offre momenti che rilasciano la tensione e si dirigono su coordinate indie rock più leggere come Sad Dads Club o genuinamente aggressive come Y.D.W.M.A., ma che in fondo conservano una radice pop rock. Insomma, Interloper è un disco vario che ha molto da offrire e non poteva essere altrimenti, inoltre è uno spaccato di cantautorato americano di rara bellezza, di sicuro fuori dai canoni di ciò che tale definizione vorrebbe associata al mainstream, dato che flirta con generi che per loro stessa configurazione ne sono sempre stati lontano.
sabato 10 agosto 2024
Summer math rock roundup
Il trio di Seattle No Edits, che in origine si chiamava Fixtures, si ripresenta con un convincente e ruvido lavoro dal titolo We All End Up the Same. I No Edits con cognizione dicono di ispirarsi ai gruppi della label Dischord Records e infatti le loro dinamiche math rock che si sposano con accesi toni post hardcore si rifanno tanto ai Faraquet quanto ai Fugazi con un tocco di meticolosità esecutiva alla Shiner.
I Vower nascono come supergruppo formato da eccellenti ex provenienti da tre band molto apprezzate, ma che si sono sciolte troppo presto, della scena post hardcore, heavy prog inglese. Joe Gosney e Liam Kearley erano rispettivamente chitarrista e batterista dei Black Peaks, poi Rabea Massaad chitarrista nei Toska ed infine dai Palm Reader si aggiungono Rory McLean al basso e Josh McKeown alla voce. L'EP apricity non fa che amalgamare il meglio delle tre band in un continuo saliscendi di metal atmosferico e scariche di pesanti assalti post hardcore.
sabato 3 agosto 2024
Introducing Winter Wayfarer
Winter Wayfarer è un progetto nato dalla volontà del polistrumentista Collin Hop e che ormai esiste almeno dal 2017, nel momento in cui è uscito il primo album Keep Close. In quel periodo Hop è l'unico referente della band e si fa aiutare da qualche amico per la strumentazione aggiuntiva, ma con il passare del tempo i Winter Wayfarer hanno assunto un profilo da gruppo vero e proprio.
Nel presentare stile e musica Hop fa esplicito riferimento al progressive rock e, a corredo del primo album, spiega: "Keep Close è il primo album completo dei Winter Wayfarer ed è l'inizio di una serie di concept album. Questo capitolo della storia si concentra sui primi anni di vita della protagonista, sul suo desiderio di comprendere il mondo che la circonda e sulle difficoltà intrinseche dei suoi genitori."
Se il concept vi suona familiare vuol dire che siete dei fan dei The Dear Hunter e in effetti anche la musica stessa dei Winter Wayfarer richiama le atmosfere degli Act di Casey Crescenzo, ma messe su un piano ancora più malinconico, in un misto da ballad per piano e chamber rock. Quanto detto è comunque valido per Keep Close, il quale rimane per ora il primo capitolo della saga, ma Hop e compagni tra il 2022 e il presente hanno pubblicato tre singoli che preannunciano un considerevole progresso indirizzato verso un eventuale secondo album. L'ultimo di questi in particolare "Marshal, You Have No Friends" si pone a metà strada tra il prog americano dei The Dear Hunter e le dinamiche del math rock orchestrale. Si prefigurano qui delle influenze più ampie altre a folk, ma anche un lontano sentore di post hardcore, jazz e classica.
domenica 21 luglio 2024
I migliori 12 album Emo Prog di tutti i tempi
Dato che in giro tra blog e siti musicali è molto in voga creare liste e Top 10 su svariati argomenti (come sempre opinabili e la presente non è da meno) mi sono cimentato anch'io a compilarne una, soprattutto dopo che Loudwire si è interessato di recente alla fusione tra prog ed emo nell'articolo "The 10 Best Emo-Prog Bands of All Time" ed io stesso ho provato a fare un sunto sul tema nel numero di maggio di Prog Italia. In passato qui sul blog mi sono già occupato della materia, molto poco e molto meno di quello che vorrei in realtà, poiché tale tipologia di ibrido sembra non susciti interesse o curiosità nei fan italiani del prog moderno, ma pure nei frequentatori di altprogcore. Può essere che risulti un connubio troppo azzardato e indigesto o forse proprio non è un genere che incontra i gusti musicali del pubblico europeo, abituato a contenere i paletti del prog moderno nei confini di band come Opeth, Porcupine Tree, Leprous, Big Big Train, ecc. che con il tempo producono album sempre meno interessanti ma che comunque si muovono in una sicura comfort zone dalla quale è difficile staccarsi.
Al contrario, in questi altri orizzonti prettamente statunitensi si trovano idee, intuizioni e sperimentazioni se non altro inedite e più stimolanti, magari anche perché a crearle sono artisti che non hanno avuto legami esclusivamente con il prog e che neanche sanno di cosa si parli quando ci si riferisce alla frangia sinfonica del genere. Come l'articolo di Loudwire testimonia, credo che siamo arrivati ad un punto in cui non si può ignorare il nuovo connubio tra prog ed emo, tanto che nel 2024 sono stati pubblicati nel giro di poco tempo dei lavori importanti per la sua affermazione da parte di band appartenenti alla cosiddetta "quinta onda emo", riuscendo a rafforzare tale unione grazie a creatività e voglia di sperimentare indirizzate nella giusta direzione.
Ad essere precisi comunque questo sodalizio parte da lontano, ovvero da quando il post hardcore e il math rock ad inizio secolo hanno iniziato a comprendere tratti più ambiziosi, trame articolate e complesse sonorità molto allargate sul fronte dello stile. Poi c'è il versante più strettamente legato all'emo e alle sue "ondate" che, passo dopo passo, ha operato un progressivo avvicinamento a caratteri sfaccettati e innovativi che esulano da ciò che il mainstream ha fatto passare come idea estetica imperante nel momento in cui ci fu l'esplosione dell'emo pop (terza onda) all'inizio degli anni 2000 con gruppi come My Chemical Romance, Fall Out Boy, Panic! At the Disco e Paramore. A guardare bene quindi ne viene fuori uno scenario composito e diversificato del quale la "quinta onda emo" è solo una recente frazione che ha aiutato a solidificare tale connubio, sviluppando i canoni stilistici offerti dalle varie ondate - post rock, chiptune, jazz, bedroom pop, math rock - e servirsene per trasformarli in una nuova forma di Emo Prog.
Qui di seguito ho cercato di compilare una esaustiva e rappresentativa lista di 12 album, in ordine rigorosamente cronologico, che spazia dagli albori di questo strano legame fino ad arrivare alla sua ultima e ancor più imprevedibile incarnazione.
9. Adjy - The Idyll Opus (I-VI) (2021)