sabato 25 febbraio 2023

The Resonance Project - Ad Astra (2023)


Esordire con un EP musicalmente di alto profilo in ambito prog fusion non è di sicuro una sfida semplice, però se a concepirlo è un power duo costituito da musicisti giovani ma dal curriculum impressionante come Lang Zhao (batteria) e Yas Nomura (chitarra e basso), il risultato non può che essere meno duro da raggiungere. Entrambi residenti nell'area di Los Angeles, Zhao e Nomura condividono le origini asiatiche, cinese il primo e giapponese il secondo, paesi dove hanno iniziato i propri studi musicali per poi incontrarsi negli Stati Uniti suonando con Wes Thrailkill.

Nel 2019 l'EP The Resonance Project era stato una vetrina delle loro capacità (non comuni) compositive ed esecutive, ma l'album Ad Astra gonfia a dismisura quelle prospettive dai connotati estremamente complessi e sontuosamente arrangiati. Usando una metafora cinematografica, la parabola che ha condotto i due da The Resonance Project a Ad Astra è paragonabile all'esordiente sconosciuto che produce in economia la sua opera prima indipendente, ottiene un successo inaspettato e da quel momento gli vengono offerti tutti i mezzi necessari per girare un secondo capitolo più grosso, più colorato, più ambizioso, più dinamico, più bombastico e rumoroso che mai. In parole povere la differenza che passa tra La Casa 1 e La Casa 2. Riferendosi ai The Resonance Project comunque il soggetto della metafora non è il budget, ma proprio ciò che ci troviamo ad ascoltare.

L'organizzazione del concept artistico rimane invariata: radunare attorno a Zhao e Nomura una serie di prestigiosi musicisti di estrazione jazz e metal che possano interagire come "solo guest" all'interno delle composizioni dei due autori principali e dare modo così di creare un'interazione di sinergia tra le orchestrazioni concepite da Zhao e i momenti solisti di Nomura. Ma questa volta i due è come se avessero disinserito il freno a mano e dato spazio ad ogni ambizione per incrementare la vertigine architettonica degli arrangiamenti.

La title-track ad esempio ospita il chitarrista Joshua De La Victoria ed è un saliscendi di scambi tra stili che si incontrano nel modo più barocco possibile, tra visioni solenni da soundtrack orchestrali , crepuscolari intermezzi jazz e trazioni metal dentro un impasto magniloquente che ricorda la direzione enfatica e spettacolare degli EarthsideGem, nel suo melodismo tecnico e ricercato, si libra nei territori sconfinati di Allan Holdsworth e regala una parentesi solista al basso elettrico dell'ex Spirit Fingers Hadrien FeraudProphecy è un esperimento tra nu jazz ed elettronica: sovrapponendo pattern di sequencer, gli immancabili riff djent e il timbro elettrificato della tromba di Aaron Janik i due aspetti vengono accentuati nelle rispettive direzioni, ma si trovano inevitabilmente concordanti nell'insieme.

I devastanti tre minuti e mezzo math metal di Void sembrano quasi un intermezzo se confrontati all'ampio respiro multi-tematico del quale godono quasi tutte le tracce. Macrocosm si serve delle tastiere di Joey Izzo degli Arch Echo per donare al brano un effetto da prog sci-fy, mentre i The Resonance Project approfittano della sua presenza per innalzare il livello di virtuosismo oltre la soglia di guardia, tra velocissimi assoli fusion e frenetici bombardamenti thrash metal. Per bilanciare, Dawn ha i connotati di una suggestiva ballad, sempre nei limiti che tale termine può significare se adattato all'estetica fusion che prende ad insegnamento i nomi appena citati. Anche in questo caso la componente "cinematica", scritta con il fine di evocare immagini per musica riveste un ruolo abbastanza rilevante. Altro breve intermezzo mistico-corale alla Yes (I Get Up, I Get Down) è rappresentato da Lux Aeterna che si collega alla conclusiva End of Time, unica traccia cantata di tutto il disco dal cantante croato Dino Jelusick, mantenendo un impianto aggressivo sia per ciò che riguarda l'aspetto strumentale sia per l'aspetto vocale.

Proprio per tali caratteristiche l'intento che si prefigge Ad Astra è quello di cercare un approccio e una prospettiva differente per ogni brano, con la costante di rimanere nei confini del genere prog. L'album non nasconde la sua ambizione di rapportare tutto ad una dimensione "king size" della fusion metal e forse talvolta ne viene sopraffatto, però per musicisti come Zhao e Nomura, che fanno del virtuosismo la loro cifra stilistica, lo spingersi oltre è anche questo.

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