Dopo una serie di sfortunati eventi che ne hanno rimandato l'uscita (una causa per un artwork non autorizzato, un inspiegabile blocco del materiale audio nelle piattaforme streaming), il terzo album in studio del trio prog metal Johari - formato da Connor Hill (voce, tastiere), Gabriel Castro (chitarra) e Corey Sturgill (batteria) - ha visto finalmente la luce.
Yūrei arriva a quattro anni di distanza da Terra e, nonostante i primi singoli resi noti tratti dall'album facessero intuire un cambio di direzione verso territori djent esenti da estremismi metalcore, l'intero lavoro è un po' più strutturato di così. In particolare colpisce il divario presente in alcuni brani tra una notevole dose di brutalità e ampi spazi riservati a progressioni melodiche e armoniche molto incisive e pronunciate. Il che aumenta ancora di più il distacco sonoro.
Yūrei presenta quindi due aspetti distinti di interpretare il prog metal. Da una parte troviamo brani djent che trattengono la potenza propulsiva dei riff elettrici, ma indirizzati verso il lato atmosferico, stratificato da elementi fusion e rigorosamente con clean vocals come The Answer, Rejuvenate, The Wandering Flame, Eternal, Ichimonji Double e Circles. Per essere più precisi ci troviamo dalle parti di Daniel Tompkins, Aviations, Periphery, Skyharbor e tutta quella schiera di band che non disdegna aperture a passaggi che preservano virtuosismo, melodia e sonorità eteree.
Dall'altra, come a fare da controcanto, con pezzi come Fast & Heavy, le tre parti di Insomnium, The Genesis Tree o Introspect sembra di ascoltare un gruppo diverso. Anche se l'alternanza tra djent e metalcore è sempre presente, le sezioni -core risultano particolarmente pesanti per come harsh vocals, elettronica e groove chitarristici oppressivi si sommano in un insieme ferocemente potente. Tutto sommato Yūrei è un ascolto interessante nel modo in cui i Johari contrappongono e arrangiano sezioni stilistiche dall'approccio così schizofrenico.
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