sabato 16 febbraio 2019

Copeland - Blushing (2019)


Negli Stati Uniti i Copeland sono una band di culto nati nel circuito indie emo dei primi anni 2000 rappresentando il lato più pop e malinconico del genere, si sono poi ritagliati un posto di riguardo al suo interno grazie alla spiccata sensibilità melodica e alla maturità di scrittura che si è evoluta album dopo album, influenzando molte band successive e conquistando l'appoggio di molti colleghi. Per contro in Europa, ma soprattutto qui in Italia, i Copeland non hanno attirato lo stesso interesse proprio perché appartenenti ad una scena che non ha mai veramente fatto proseliti al di fuori dei confini statunitensi.

Ultimamente c'è da sottolineare però come la stessa band abbia fatto parlare poco di sé, relegandosi nelle retrovie a causa di pubblicazioni abbastanza sporadiche. Quasi dieci anni fa il gruppo infatti diede l'addio alle scene con l'album You Are My Sunshine (2008) per poi riunirsi a sorpresa nel 2014 e pubblicare Ixora. Adesso, a cinque anni di distanza, arriva Blushing, sesto capitolo della storia del gruppo, accompagnato dall'annuncio che i Copeland questa volta sono qui per restare e continuare ad incidere nuova musica in futuro. Come ogni album del trio, Blushing fa parte di un percorso discografico che si è sviluppato e mutato di pari passo con la crescita artistica e personale dei suoi componenti, in primis il frontman e autore principale Aaron Marsh. Se l'introduzione della prima traccia Pope riprende da dove Ixora si concludeva, il resto supera di gran carriera il suo predecessore grazie ad una nuova e inedita prospettiva nella poetica romantica della band. Ma non si pensi a Blushing come ad una collezione di canzoni sdolcinate, sebbene Marsh abbia sempre prediletto temi sentimentali nei suoi testi ha costantemente evitato con intelligenza nelle sue composizioni le trappole del melò fine a se stesso.

Ciò che stupisce di Blushing è come i Copeland abbiano questa volta traghettato l'influenza R&B nel loro meditabondo ed intellettuale art pop. Ad esempio nella maniera in cui si inserisce nel cadenzato groove di Lay Here, che si apre con synth dal registro retrowave e poi continua contrapponendo piano acustico ed electro soul. L'impianto sonoro dell'opera è difatti dominato da strati di elettronica, archi e fiati, ma tutto è usato con parsimonia parallelamente alle delicate impressioni restituite dalla musica, creando un quadro evanescente ed atmosferico. Proprio per questo Blushing è un album che va gustato con cuffie che ci isolino dal mondo esterno e che permettano di immergersi al meglio in questa tavolozza di suoni eterei così ben orchestrati. In un contesto di equilibri talmente sottili e di dinamiche costruite per sottrazione ogni nota non è casuale ed è lì per una ragione. Un lavoro di arrangiamento e produzione magistrale che rende brani come Suddenly (con il suo groove di basso soul) e la ballad Night Figures dei veri e propri capolavori o permette di inserire tante piccole idee soniche per donare corpo all'architettura di As Above, So Alone.

La voce di Marsh è come sempre bellissima e sembra nata e plasmata per cantare di cuori infranti fino alla fine dei tempi, capace di parlare al nostro inconscio anche quando viene filtrata elettronicamente al modo dell'ultimo Bon Iver. Questo stratagemma rafforza talvolta l'impalpabilità della musica e delle liriche, aperte ad interpretazioni personali, e vuole presentarci l'album come un viaggio in una dimensione onirica: l'atmosfera sussurrata di On Your Worst Day è da pelle d'oca, mentre il suadente crescendo di Colorless affonda in un oceano di distorsioni e falsetti.

Su Blushing il nucleo attorno al quale ruota l'amore evocato è quindi il sogno lucido e il parallelismo con un'idilliaca presenza femminile che, come uno spirito benevolo al fianco di Marsh, fa la sua comparsa vocalmente in apertura con Pope ("Hey, hey, are you awake? You should probably get up and get going. I don’t want to be rushed.") ed in chiusura con It Felt So Real ("We were dancing, and there were people everywhere but no-one could see us, no-one else could hear the music"), ritraendo con poche parole delle scene vivide di una coppia immaginaria. Non a caso l'album è stato pubblicato il giorno di San Valentino, ma non serve essere innamorati o avere il cuore spezzato per apprezzare la musica dei Copeland, basta averlo un cuore.

Se comunque non avete mai ascoltato i Copeland e Blushing farà breccia nei vostri gusti personali il mio consiglio è di proseguire il viaggio a ritroso cronologicamente nella loro discografia, partendo proprio da quel bellissimo esordio di Beneath Medicine Tree del 2003, arrivando fino a You Are My Sunshine, lavoro che presenta tra l'altro molte similitudini con il lato più romantico e meno prog dei The Dear Hunter. Potrete così scoprire tante perle disseminate lungo il percorso come Should You Return, Love is a Fast Song, When Paula Sparks, She Changes Your Mind, ecc.


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