mercoledì 13 febbraio 2019

Anton Eger - Æ (2019)


Un esordio di tutto rispetto quello del batterista norvegese Anton Eger il quale, dopo più di dieci anni di carriera passati attraverso varie collaborazioni divise principalmente tra il pop prog fusion dei JazzKamikaze e il trio jazz Phronesis, si imbarca in un'opera solista che si distanzia considerevolmente da quanto conseguito da lui finora. Lasciando quindi da parte il jazz acustico dei Phronesis e quello prog dei JazzKamikaze, Æ si concentra nello sperimentare una visione moderna di math rock e avanguardia elettronica attraverso un prominente uso di suoni sintetici vintage e contemporanei.

Futuristico fin dai nomi delle tracce e nello stesso titolo che fonde le iniziali del batterista, ma che funge anche da metafora per le due anime di ogni brano, dove i simboli "+++" dividono idealmente il cuore della composizione vera e propria dalle ultime lettere che stanno ad indicare una breve coda basata sull'improvvisazione. Tra i vari musicisti che hanno preso parte al progetto figura Matt Calvert dei Three Trapped Tigers alla chitarra che si porta appresso il tastierista Dan Nicholls compagno di avventura negli Strobes, e il bassista Robin Mullarkey noto al pubblico prog per aver partecipato alle registrazioni di To the Bone di Steven Wilson.

Quello di Æ è un incontro di mondi inconciliabili che Eger accosta con nonchalance come due poli opposti che si attraggono. C'è un'intera strumentazione elettronica, in prevalenza tastiere, il cui utilizzo potrebbe richiamare ed essere ricollegato a generi lontanissimi da questa galassia, come IDM, hip hop, dance e trance, ma qui viene tutto miscelato in un calderone di beat dissociati ed imprevedibili manipolazioni sonore magistralmente dirette dalla regia sapiente di Eger. E' quindi la componente umana che forgia le sequenze robotiche suonate dai synth dotandole di testa e cuore in HERb+++gA e Sugaruzd+++pT.

Oxford Supernova+++jC camuffa un andamento funk in una fusion sincopata, palesandosi in tutto il suo groove nel momento solista del moog che restituisce un'atmosfera da jazz proveniente del futuro. Anche IOEDWLTO+++hP nei suoi movimenti sinuosi, con l'aggiunta del sax, si direbbe quasi un'anomalia lounge o smooth jazz. datn+++oS pare quasi totalmente un'improvvisazione per come la materia sonora viene dissezionata con cognizione dalle ritmiche convulse di Eger, mentre gli arpeggi di Calvert doppiati dal synth dominano le suggestive progressioni di Monolith+++tR. Nell'ultima parte il senso di sperimentazione si rafforza con ?irl MIP +++ hH e Sufflör +++ sB, dove prende il sopravvento quell'evoluzione di avant math rock degli Strobes proposta in una versione ancora più eterogenea ed eterodossa. Proprio per quanto argomentato fino a qui, l'opera prima di Anton Eger risulta essere uno dei lavori più stimolanti e brillanti pubblicati ultimamente in ambito fusion e math rock.

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