giovedì 22 febbraio 2018

Cyclamen - Amida (2018)


Devo dire che non ero a conoscenza dei giapponesi Cyclamen e il perché l'ho capito dando un rapido ascolto ai loro lavori precedenti. Praticamente il gruppo nasce, come molti progetti djent, nella camera da letto di Hayato Imanishi il quale, tra il 2008 e il 2010, vive e lavora in Inghilterra, così recluta altri musicisti al fine di produrre il primo album. Tornato in Giappone nel 2011, Imanishi ricompone il gruppo con altri membri, realizzando alcuni EP dove comunque lo stile dei Cyclamen rimane invariato. A caratterizzare la band era un estremo thrash metal che adesso con l'uscita di Amida viene abbandonato completamente in favore di un math rock che si apposta al confine tra venature pop malinconiche e girandole soniche post rock. Si pensi solo a questo: per le parti vocali Amida ospita vari cantanti e quando a prendere il microfono è il turno della voce femminile di Haruka Ambiru su If There Ever Was Anything That I Meant as Love, It Was for You il mood si avvicina ai nuovi campioni del genere JYOCHO.

Ma Amida ha ancora altro da offrire: la presenza al basso di un ospite prestigioso come Sean Malone (Cynic, Gordian Knot) assicura incursioni in paesaggi virtuosi limitrofi alla fusion (A Line Between Us, The Least). Qualche rigurgito thrash ritorna su Feurlise e Once, the Last, ma rappresentano episodi isolati in quanto a prendere il sopravvento sono le ariose deviazioni quasi AOR di Choices, con Eri Sasaki alla voce, o l'atmospheric pop di You'd Look Prettier If You Smiled. La vicinanza al jazz permette paragoni non troppo fuori luogo come quelli al midwest emo (Perfect Answer), in più, un pezzo di perizia strumentale come Comes and Goes, Back and Forth, sottolinea che per gli amanti del math rock più tecnico che si sposa con il djent Amida è un album da prendere sicuramente in considerazione.



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