venerdì 14 luglio 2017
Lambhorn - Cascade (2017)
Quando il marzo scorso i Lambhorn hanno anticipato la title-track e prima traccia di quello che sarebbe divenuto il loro esordio discografico, questa mi ha immediatamente colpito. Diciamo che Cascade è stato il brano che mi ha introdotto al quartetto di Bristol formato da Chris Lambourne e Nathan Long alle chitarre, Ben Holyoake al basso e Oli Cocup alla batteria, scoprendo che all'attivo avevano solo un EP di tre tracce uscito nel 2014. Quindi questo full length rappresenta a tutti gli effetti la prima prova importante dei Lambhorn, affrontata con invidiabile maturità a partire dalla multiforme title-track, in cui ogni movimento contenuto nei suoi dieci minuti offre un'emozione diversa.
Per l'appunto è da poco stato pubblicato il libro Fearless: The Making Of Post-Rock di Jeanette Leech dove nell'introduzione ci vengono ricordate le parole del critico Simon Reynolds, colui che storicamente coniò il termine "post rock", quando nel 1994 delineò le caratteristiche di un genere che ambiva ad "usare una strumentazione rock per scopi non-rock, usare le chitarre come agevolatrici di consistenza e timbrica piuttosto che come riff e power chords". Nelle loro soffici stratificazioni musicali i Lambhorn fanno proprio questo: Cascade ci trasporta in una zona onirica, raccontando in veste strumentale la sorte di un uomo disperso in mezzo all'oceano e la sua lotta per trovare una via d'uscita dal deserto d'acqua e mettere in salvo così la propria vita. Un concept album quindi, ma senza testi o parole che ci descrivano cosa avviene, le sensazioni individuali sono affidate esclusivamente alle tessiture post rock del gruppo, mentre la sorte del protagonista viene lasciata alla nostra interpretazione.
I paesaggi sonori di Spindrifts e Sapphire Springs raramente si inerpicano su territori aggressivi o distorti, preferendo impasti chitarristici sognanti al limite dell'ambient e della new age, fino a certificarsi come "dream progressive rock" nelle avvolgenti spirali vagamente orientali di Deeper che abbracciano un minimalismo molto armonico nella sua costruzione. I brani più estesi, Without Waves e The Great Below, attraversano invece passaggi maggiormente compositi di psichedelia, shoegaze e space rock. Tra armonici, riverberi immaginifici e distorsioni elettriche, Cascade imbocca una via più morbida e sommessa rispetto ai colleghi a cui piace alzare il volume dell'amplificatore ed è sicuramente da conservare come una delle migliori uscite post rock del 2017.
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