domenica 20 marzo 2011

VESSELS - Helioscope (2011)


Arrivati alla seconda prova in studio, gli inglesi Vessels sembrano già dei consumati professionisti del post rock. Ma attenzione a non essere frettolosi nell'affibbiargli la catalogazione che ormai la stampa gli ha attribuito. Tanto sono percepibilmente statiche, sonicamente impastate e dinamicamente monolitiche le odissee di Mogwai e Godspeed You! Black Emperor (giusto per fare un paio di nomi), tanto sono riccamente ornate e inaspettatamente imprevedibili quelle dei Vessels. In confronto ai gruppi appena citati la band di Leeds suona quasi un post rock virtuoso. Basterebbero i labirinti sonici delle inaugurali Monoform e The Trap, pieni di esplosioni improvvise e quiete tensioni, per capire che non siamo di fronte al solito gruppo post rock.

La ricetta sonora il più delle volte comprende quanto segue: piano elettrico, basso distorto, loop di chitarre e soprattutto una forte predominanza di batteria e percussioni, che, tra tribalismi e controtempi, contrassegnano il carattere delle variazioni all'interno dei brani (si ascolti Later Than You Think). Per contro, l'adesione al post rock si fa più conforme quando viene maneggiata la materia non strumentale, ricorrendo alle alchimie atmosferiche dei Bark Psychosis (Meatman, Piano Tuner, Prostitute), alle lamentazioni dei Sigur Ros (Spun Infinite) e a frenetiche divagazioni da alternative rock (Recur, All Our Ends).



I Vessels aggiungono al quadro generale piccole dosi di shoegaze e altre più incisive di math rock, fino ad allontanare quanto basta la direzione dei brani dalla monotonia di certe arie da post rock. Già con l'esordio White Fields and Open Devices i Vessels avevano fatto un mezzo miracolo nel traghettare questo genere verso qualcosa di nuovo, ora, con Helioscope, pur non superandosi, confermano un'ispirazione che continua ad essere florida.

Certo, la forma è impostata sempre su reiterazioni circolari, ma la solida coesione del gruppo nell'impostare il saliscendi di dinamiche di volta in volta basate su sottrazioni e addizioni, finisce per sfociare in dei crescendo edificati su ossessivi beat di batteria e infiniti riverberi elettrici. A suo tempo Mike Vennart degli Oceansize ha consigliato caldamente l'ascolto di Helioscope, noi non possiamo che accodarci e concordare.

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