La band norvegese Knekklectric pubblica oggi il terzo album in studio Alt blir verre, che segue l'EP acustico Maskinelt Utbeina pubblicato ormai tre anni fa, e lo fa in piena continuità con quanto prodotto con i due ottimi precedenti capitoli. Quello dei Knekklectric è un progressive rock gentile che si muove tra suggestioni jazz e soffici atmosfere pop, come una sorta di rinnovato e moderno linguaggio canterburiano. I brani, cantanti sempre e rigorosamente in norvegese, aggiungono quel pizzico di esotico che non stona, ma a brillare sono le ingegnose parti strumentali basate su imprevedibili sviluppi armonici che fondano le loro progressioni sugli intarsi di chitarre e tastiere e una brillante sezione ritmica a fare da collante.
Alt blir verre si impegna e riesce così a mantenere alto il livello di eccellenza, freschezza e inventiva strumentale del quintetto, che proprio come i gruppi canterburiani dell'ala più accessibile (vedi Caravan e Hatfield and the North) calibra benissimo quel precario equilibrio tra esperimenti virtuosistici e melodie delicate con fluire naturale, quasi a camuffare la complessità prog, caratteristica tipica di quel genere che si rende riconoscibile anche tra queste tracce. Si può trovare pure una spruzzata di prog sinfonico, ma nell'insieme rimane utilizzata al minimo sindacale. Con i Knekklectric siamo più dalle parti dei Sanguine Hum, se proprio volessimo trovare una band contemporanea affine alla loro sensibilità, che non da quelle dei barocchismi sfarzosi.
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