Quando ho scoperto gli A Notion of Silence, qualche mese fa, sono rimasto piuttosto stupito della carenza di informazioni promozionali o recensioni riguardo al loro primo album Dynamo del 2018, fino ad oggi unica testimonianza in studio del quartetto guidato dal chitarrista Austin Klinger. Lo stupore si è palesato una volta terminato l'ascolto di Dynamo, un solido album di prog metal in possesso di tutte le qualità per essere apprezzato da una vasta platea di fruitori che conoscono e gravitano attorno al genere.
Speriamo che ora il passaparola si rafforzi con questo secondo sforzo discografico Nomad. Klinger nel suo progetto è accompagnato dai membri dei Lines in the Sky - Jesse Brock alla voce, Bowman Brock alla batteria e Benjamin McAnelly al basso - che fanno parte a tutti gli effetti della formazione ufficiale. Partendo da tale premessa, possiamo tracciare un parallelismo stilistico tra gli altrettanto ancora poco noti Lines in the Sky e gli A Notion of Silence, nonostante qui Klinger rivesta il ruolo di principale compositore e quindi la totalità del materiale scaturisca dalla sua penna. Ad ogni modo si tratta di un prog metal ad alto tasso melodico con qualche ammiccamento al djent e, a differenza dei Lines in the Sky, un inaspettato quanto brutale utilizzo di parti estreme di growl, questa volta più accentuate rispetto all'esordio, che vanno ad infrangersi come un'onda anomala nell'equilibrio delle buone intuizioni melodiche.
Un'altra influenza da rilevare è quella del prog hardcore alternativo dei Coheed and Cambria, dai quali gli A Notion of Silence prendono spunto probabilmente anche per la loro storia raccontata nei testi. Nomad infatti prosegue come concept album a carattere sci-fi la saga iniziata con Dynamo e si preoccupa di dare spazio a molteplici umori nel suo dipanarsi.
La voce cristallina di Jesse Brock si sposa perfettamente con brani come Journey's End o Raven, pronta ad elevare ballad dai connotati spaziali verso il climax epico che arriva puntualmente nei chorus. Ma Nomad non si lascia incasellare su parametri prog metal omogenei, anzi, è interessante notare come contenga nella stessa tracklist episodi che spaziano in varie aree di questo genere, andando dai riff in odore di power metal di Reclaimed a quelli oppressivi alternati a paesaggi sonori rilassati di Stellar Waltz, fino quasi ad abbracciare senza remore il grindcore su Epicenter e Stormbringer. Infine gli A Notion of Silence spremono e comprimono tutto questo nella conclusiva title-track, una piccola prog-suite di dieci minuti che ricapitola il tutto in una struttura costituita da paragrafi stilemici musicali.
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