mercoledì 21 novembre 2018

North Atlantic Oscillation – Grind Show (2018)


Una premessa riassuntiva sui miei sentimenti riguardo ai North Atlantic Oscillation: dei tre album da loro pubblicati l'unico che avevo veramente apprezzato era il secondo Fog Electric (2012), mentre il suo successore sul quale di conseguenza nutrivo delle speranze, The Third Day (2014), mi aveva abbastanza deluso nel suo perseguire una strada più indirizzata al pop rock elettronico fatto e finito. Di contro, non mi era dispiaciuta l'incursione solista del cantante Sam Healy nel suo progetto parallelo Sand, che riprendeva alcuni elementi ambient minimali di Fog Electric.

Devo ammettere che Grind Show mi ha colto impreparato poiché, non seguendo a sufficienza gli aggiornamenti della band, pensavo che dopo quattro anni di silenzio la sigla North Atlantic Oscillation fosse tutt'ora in ibernazione. E in effetti poco ci è mancato, dato che in questo quarto capitolo scopriamo che Sam Healy si è trovato a trainare la baracca praticamente da solo, senza più l'apporto dei due comprimari storici Chris Howard (basso) e Ben Martin (batteria), ma con il supporto del produttore Pete Meighan. Comunque il ritorno di Healy al suo progetto principale North Atlantic Oscillation è stata una piacevole sorpresa, al punto che dopo aver ascoltato e apprezzato Grind Show sono dovuto andare a recuperare The Third Day per sincerarmi che il mio giudizio su quel disco non fosse stato affrettato (spoiler: non lo è stato).

Con Grind Show Haley lascia da parte le velleità pop, per così dire, e si concentra nello sviluppare gli aspetti più interessanti portati avanti dai NAO, producendo il lavoro meno immediato della loro carriera. Catalogati come post progressive, incentivati in questo anche dalla loro ex appartenenza alla scuderia Kscope, i NAO sono sempre stati a cavallo stilisticamente tra art rock ed electro pop, ma in questo nuovo lavoro Haley è riuscito a sviscerare al meglio la natura e lo scopo estetico della sua creatura. Le fondamenta sulle quali i brani sono costruiti rimangono quelli legati ad un'elettronica che prende le mosse dal minimalismo e dall'ambient, ma in questo caso l'assemblaggio che ne viene fuori, attraverso arrangiamenti più coraggiosi e sperimentali, supera le premesse degli album precedenti e si accosta alle moderne deviazioni di pop d'avanguardia alla Bon Iver e Radiohead.

E' proprio per questo motivo che Grind Show ha bisogno di ascolti approfonditi per coglierne le sottili sfumature, anche se le prime due tracce di apertura, tra i sequencer di Low Earth Orbit e i beat spaziali di Weedkiller, sono abbastanza rassicuranti nella loro accessibilità. Quello che segue, citando il titolo di una raccolta di David Sylvian, è "un indice di possibilità": che sia il post rock di Needles, i patchwork che mischiano samples e orchestra di Spinning Top e Fruitful Little Moons o le manipolazioni di Sirens, i North Atlantic Oscillation offrono una stimolante aggiunta al punto della situazione di certo art rock intellettuale, godibile ancora di più se ascoltato con un paio di cuffie. Tra le sorprese, la selva di fiati di Sequoia che trova delle congruenze con il Sylvian di Brilliant Trees, una ballad malinconica alla Porcupine Tree cantata in falsetto (Hymn) e gli ammiccamenti al post rock anni '90 di Talk Talk e Bark Psychosis (Fernweh, Downriver).





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