lunedì 8 gennaio 2018
Weedpecker - III (2018)
Intorno alla prima metà degli anni ’90 lo stoner rock ebbe un periodo di gloria che vide sorgere un consistente numero di band le quali dopo quella stagione, a parte pochissime eccezioni, furono quasi del tutto dimenticate. Ultimamente però quel genere sembra risorgere dal passato non tanto per un ritrovato interesse nostalgico, ma piuttosto per la qualità delle opere che stanno immettendo nuova linfa a dei tratti stilistici che non sono mai stati molto inclini al rinnovo. Se oggi tra le realtà più interessanti possiamo citare Motorpsycho, Papir, Causa Sui e Soup, l’anno scorso Reflections of a Floating World degli Elder ha compiuto il miracolo di avere un potenziale trasversale per essere apprezzato anche da chi non è mai stato attratto dallo stoner. Miracolo che adesso viene replicato dal terzo album dei polacchi Weedpecker, semplicemente intitolato III e che, guarda caso, esce per l’etichetta Stickman, un baluardo nell'ambiente psycho progressivo.
Le cause di questa fascinazione possono essere la trasversalità che tende ad inglobare elementi da altre galassie come lo space rock e il grunge e porsi sullo stesso piano di Tame Impala e King Gizzard & the Lizard Wizard, ma soprattutto le connotazioni molto soffici e sognanti di cui si permeano brani come Molecule e Embrace. La psichedelia rimane infatti un elemento di primo piano per le liquide jam orchestrate dai quattro musicisti, con strati di riverberi ipnotici quanto avvolgenti. Il sound è così etereo che la componente lisergica si perpetua anche nei riff più acidi di Liquid Sky e From Mars to Mercury. La prova che non si tratta più strettamente di stoner rock è data da Lazy Boy and the Temple of Wonders, un garage psych che sembra un omaggio ai Pink Floyd retrodatato agli anni ’90. In un’epoca in cui la contaminazione disgrega ogni confine era inevitabile che anche lo stoner rock si aprisse nuovi spazi dove continuare il proprio trip e sembra aver trovato un luogo confortevole accanto al prog.
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