domenica 21 gennaio 2018
Perfect Beings - Vier (2018)
Pensate ad un album di progressive rock doppio (meglio se in versione LP) e suddividete ogni facciata con una lunga suite che ne occupa tutto lo spazio. Cosa vi viene in mente? Esatto, la risposta è il famigerato Tales From Topographic Oceans degli Yes. Bene, ora potete aggiungere anche l'ambizioso nuovo sforzo discografico dei Perfect Beings accanto a tale tipologia, solo che sarà difficile parlarne male. Prima che possiate spaventarvi bisogna specificare che la quattro suite che compongono Vier (che in tedesco significa appunto quattro) sono suddivise in sottotracce che ne rendono la fruizione meno ostica, ma comunque non alterano la magniloquenza del progetto.
Dopo i pregevoli perfect_beinngs e II con il terzo album Vier i californiani Perfect Beings puntano apertamente a diventare i nuovi protagonisti della scena prog mondiale accanto a nomi consolidati come Big Big Train, Anathema, Steven Wilson e molti altri, riuscendoci però molto meglio. In pratica, quando ascolti Vier ti viene voglia di chiederti "ci voleva tanto a realizzare un album che sia prog in tutto e per tutto e che comunque riesca a suonare in modo fresco e coinvolgente senza scomodare le solite derivazioni anni '70 ricamate con carta carbone?"
Come un disco doppio che si rispetti Vier contiene temi ricorrenti e rivisitati, ma soprattutto è una ricognizione di stili tra jazz, classica, elettronica avant-garde, metal e pop, ognuno utilizzato con parsimonia - in modo programmatico per ogni suite - così che non si possa circoscrivere il gruppo in uno di questi generi in particolare. Eppure non c'è ombra di dubbio che Vier possa essere catalogato all'interno del filone progressive rock sinfonico ultimamente stanco e avaro di novità. Ci sono naturalmente richiami ai Pink Floyd più patinati, bolsi sintetizzatori genesisiani, polifonie e chitarre alla Yes, ma è tutto rivestito in una chiave moderna dove il compositore principale Johannes Luley mette inequivocabilmente anche del suo.
I Perfect Beings, dopo aver dato prova di competenza con due ottimi lavori, adesso arrivati al terzo album non accettano più di restare all'angolo e chiedono a gran voce la vostra attenzione, in particolare a coloro che, come me, hanno perso ormai la speranza di scoprire in questo genere qualcosa che vada oltre i confini delle solite riproposizioni di Genesis, Yes e Porcupine Tree. Tentare però di ricercare con dovizia ogni riferimento sonoro nei vari brani in questo caso è inutile oltre che fuori contesto, proprio perché è un album che non fa pesare tale aspetto sulla propria economia sonora. Credo che il modo migliore per approcciarsi a Vier sia saperne il meno possibile al fine di scoprire tutte le sorprese e le svolte che riserva lungo il cammino, proprio come fosse un thriller. Ultimamente al gruppo si è aggiunto alla batteria l'ex Cynic Sean Reinert (che non è presente nell'album).
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2 commenti:
Interessantissima uscita, avevo già apprezzato i primi 2, ma con questo mi pare abbiano fatto passi in avanti
L'hanno sfiorato con i primi due lavori ma con il terzo finalmente si può parlare di capolavoro. Vi è di tutto: gli Yes, il jazz, la fusion, musica classica, pop d'autore, elettronica, ognuno trattato come se fosse il genere di riferimento della band.
Johannes Luley si dimostra uno dei migliori autori in circolazione andando a contendere il ruolo al genio di Casey Crescenzo.
AntonioC.
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