Ascoltando Seven, seconda opera del pianista jazz Cameron Graves, senza avere cognizione di chi sia il suo autore, si può rimanere stupiti e sorpresi per aver scoperto un nuovo prodigio nella sfera prog jazz. Ma se andiamo a controllare ci accorgiamo che il curriculum di Graves non è proprio da nuovo arrivato, anzi. Infatti egli non è altri che il pianista della band di Kamasi Washington, che oltretutto compare qui come ospite al sassofono in due brani, e che come il suo più illustre collega ha costruito una band di tutto rispetto - che comprende Max Gerl al basso, Mike Mitchell alla batteria (già negli Spirit Fingers di Greg Spero) e Colin Cook alla chitarra - per avventurarsi in un progetto solista guidato dalla sua passione per l'astrologia e dagli insegnamenti filosofico-religiosi del Libro di Urantia.
Il disco precedente che ha segnato l'esordio di Graves, il concept Planetary Prince (nel quale compariva anche Thundercat al basso) del 2017, era un'ambiziosa jazz opera sulla scia della visione orchestrale e universale di cui Washington aveva dato una magistrale interpretazione con The Epic. Seven affronta invece il jazz da un punto di vista che si potrebbe avvicinare alla veemenza del metal e se Planetary Prince si basava su lunghe suite che ne facevano un mistico viaggio di 78 minuti, di contro Seven contiene brani dalla durata molto contenuta e il minutaggio totale non supera i 33 minuti. Ovviamente la scelta si riflette sulla concezione delle composizioni, le quali circoscrivono in un perimetro limitato le classiche improvvisazioni jazz e le divagazioni soliste, per dar spazio alla furia e allo svolgimento tematico dei "riff" pianistici di Graves.
A tal proposito è interessante notare la differenza che i due album tracciano nel modo di accostarsi al jazz moderno. Da una parte Planetary Prince è segnato da una fusion prog immaginifica, debitrice senz'altro degli insegnamenti dell'appena scomparso Chick Corea, dall'altra Seven è un assalto jazz-core che risente sicuramente degli influssi contemporanei math rock, djent e post prog di The Mars Volta, Animals As Leaders e Agent Fresco. Lo stesso Graves definisce la musica del disco "thrash jazz", citando tra le sue fonti di ispirazione Pantera, Slipknot e Meshuggah. Naturalmente Seven non raggiunge tali livelli di devastazione sonora, ma senza dubbio l'approccio al materiale rimane aggressivo e deflagrante.
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