lunedì 6 febbraio 2017

Axon-Neuron - Metamorphosis (2016)


Una scoperta recente e colpevolmente assente dall'almanacco di segnalazioni dello scorso anno è stato il sestetto di Akron, Ohio, Axon-Neuron e il suo doppio album Metamorphosis. Del gruppo sono venuto a conoscenza grazie ad una versione rimasterizzata della loro opera prima Brainsongs risalente al 2011, resa disponibile su Bandcamp qualche giorno fa e ho con molto piacere ascoltato il monumentale (è proprio il caso di dire) terzo lavoro Metamorphosis dello scorso anno. La storia ci dice che Jeremy Poparad, chitarrista a nove corde, mise insieme senza impegno una versione provvisoria della band con degli amici per suonare con loro prima che lasciassero l'Ohio. Il risultato fu talmente appagante che Poparad assemblò una nuova band, scrivendo e registrando due album pubblicati nel 2011 e nel 2012. La line-up è stata da allora costantemente in movimento, tanto che ogni CD ha avuto una cantante differente e l'ultima arrivata, Heidi Swinford, deve ancora registrare qualcosa di ufficiale con gli Axon-Neuron. Su Metamorphosis abbiamo invece Amanda Rankin la cui grazia (propria anche della Swinford) si contrappone a partiture che non disdegnano interventi metal, ma che si concentrano principalmente in progressioni jazz, fusion, space rock o dal piglio classico/sinfonico. In questo le sezioni strumentali dei brani si dipanano veramente con gusto e con ottime soluzioni armoniche, sfiorando, nei momenti più pacati, anche le lande canterburiane.

Ascoltando il primo CD tra i paragoni che vengono alla mente con band progressive contemporanee si possono citare District 97, MoeTar e Thieves' Kitchen, anche se il secondo assume delle sfumature più personali grazie a idee dalla visione sviluppata in diverse direzioni. Le parti più ambiziose tra le 16 tracce comprese su Metamorphosis sono quelle poste in apertura e in chiusura dei due CD (preludi e postludi), delle vere e proprie sinfonie classiche realizzate con l'ausilio di un'orchestra di 21 elementi. Comunque, chi non mastica di musica classica non deve temere, la direzione che viene data alle quattro suite è così gradevole e impostata su un linguaggio moderno che tutto scorre via molto bene. Uno dei pezzi più pregevoli, Kronos, nasce proprio dall'interazione tra gruppo e orchestra ed è contenuto nel secondo CD dal quale consiglierei di iniziare l'ascolto se siete attirati dalla materia progressive rock. L'indirizzo verso sonorità jazz e dilatazioni temporali assicura pezzi di gran classe eseguiti con perizia come Summit, Silence e Eulogy, per poi concludere con lo spessore chamber prog di Postlude II. Se cercate un album ricco di sfumature, che possa stimolare una varietà di gusti differenti e dove l'ambizione con la quale è stato affrontato il progetto non è soffocata dalla dispersione di idee, Metamorphosis promette di tenervi occupati per molti ascolti.



Come bonus potete ammirare una versione acustica dal vivo del brano Silence che credo sia anche la prima cosa resa disponibile con la nuova cantante Heidi Swinford.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Guarda in parte concordo ma secondo me tutti i brani orchestrali dovevano essere messi insieme in un cd a parte, in quanto troppo diversi (pur riprendendone le aree) alle altre composizioni, appesantendo l'ascolto.
Inoltre solo in un paio di episodi la band dialoga con l'orchestra, dando l'impressione che l'autore abbia voluto proporre tutto ciò che è capace di comporre in barba all'uniformità del disco.
Altra considerazione la voce mi sembra abbondantemente inferiore rispetto a quelle di District97, Moetar o Infinien.
Nel complesso lavoro molto ambizioso e di non immediata fruizione per le ragioni di cui sopra.
Un po' di sforbiciata e una più razionale collocazione dei brani e avremmo parlato di autentica sorpresa.

Antonio

Lorenzo Barbagli ha detto...

Mah, capisco che un album di tale mole sia di difficile assimilazione, ma personalmente più lo ascolto e più mi piace. L'unica cosa è che forse i quattro pezzi sinfonici avrebbero potuto essere più contenuti, ma per il resto mi pare si inseriscano bene nel contesto anche se il resto della musica molto spesso devìa dalle arie sinfoniche. Poi per il cantato nessuno fa paragoni con le band ho/hai citato, è solo il modo di porsi nel sound che si somiglia, almeno questa è la mia impressione.

Anonimo ha detto...

Esatto, non si può cominciare un disco di quello che alla fine sarà prog/fusion con un orchestrale di sette minuti.
Immagino chissà quanti ad un primo ascolto si saranno scoraggiati per non proseguire.
Poi mi sarebbe piaciuto molto più coinvolgimento band-orchestra che proseguono quasi sempre ognuna per i fatti suoi.
Il ragazzo ha qualità compositive ed esecutive, deve solo trovare il dono della sintesi.