lunedì 20 gennaio 2014

Intervista con Gambles


Intervista e traduzione a cura di
Francesco Notarangelo

É assodato che, da sempre, la musica abbia la capacità di legarsi ai momenti e di aiutarti e così è stato per me con Trust di Gambles.
Un artista che, forse, ha capito tutto! Dopo l'addio, lo sfogo nell'alcool e nella droga, su una sedia verde ha deciso cosa avrebbe fatto e l'ha fatto. Ha cantato la paura, l'insofferenza e quel triste addio.
Se ce l'ha fatta lui, con la sua storia alle spalle, seduto su una schifosa sedia verde in uno squallido appartamento a New York ce la possiamo fare anche tutti noi!


 
Perchè hai scelto il nominativo Gambles?
Non fu una decisione...semplicemente accadde. Io e una mia amica eravamo ad Atlantic City (ironicamente) e lei mi disse di spiegarmi e di urlare ciò che sentivo così tirai fuori la mia idea finché non mi accorsi di dover dare un nome a ciò che stavo facendo.

 
Da dove nasce l'esigenza di chiamare il tuo primo lavoro Trust?
Nasce dalla prima canzone che scrissi ed è stata come la colla che serve a mantenere intatte le cose una volta rotte. Trust è anche la il momento e il bisogno con quale continuo ad interfacciarmi.


Come nacque Trust?
Il primo momento che ricordo era di me seduto su una sedia che cercavo d'impegnarmi a non fare nulla di buono, solo aspettare che la vita e il brutto momento passassero  nonostante la forte consapevolezza che potevo reagire e fare qualcosa di nuovo.


Le tue canzoni sono pure, nude, si sente che nascono dal cuore... è stata una tua scelta registrare un album in questo modo o tutto è nato in un secondo momento?
Le mie canzoni sono nate tutte in maniera alquanto istintiva... tutto è stato dettato da ciò e da come lo sentivo al momento. Fosse stato un periodo diverso, probabilmente avrei aggiunto qualcosa ma la chitarra acustica era tutto ciò che sentivo e che volevo si sentisse.


Puoi parlarmi delle tue contaminazioni?
É una domanda difficile... posso dirti che ogni persona incontrata o ogni musica ascoltata mi ha influenzato.


Quant'è vero che chi si accinge ad ascoltare Trust, possa pensare a te come ad una persona triste?
Non penso di essere una persona triste...vivo di alti e bassi come tutti, momenti di felicità e di tristezza perenne. D'altronde la vita è questo continuo passaggio tra la felicità e la tristezza. Io ho solo avuto la forza di cantare e rendere la mia sofferenza pubblica.





La musica, quindi, è stata la tua ancora di salvezza?
Si, penso proprio di sì. Qualche volta mi è capitato di fingere e fare qualcosa di figo che potesse piacere alla gente, ma ho sempre raggiunto scarsi risultati, quindi preferisco cantare ciò che sento poiché è più onesto e mi riesce meglio!

 
In Safe Side affermi “Wherever I stand, I damage..." sei spaventato da te stesso?
Fu un pensiero che mi traumatizzò: la perenne ansia di sapere che non stai facendo qualcosa di buono nonostante la consapevolezza e il voler esorcizzare i demoni interiori. Credo che quella frase nasca proprio dalla traumatica verità di nascondersi dietro spaventose maschere o qualcosa del genere.

 
C'è un significato per il video di Trust? Credo che le sue immagini siano davvero toccanti.
É nato così velocemente che non so spiegarti se c'è stato o meno un significato. Posso dirti che è la casa dove realmente ho vissuto per diverso tempo e dove molti fatti sono accaduti. È stato come un voler fermare quel momento e renderlo eterno...ecco, forse è questo il significato del video.


Cos'è la felicità per te?
Gioia pura, sincera e quella liberta che ti aiuta a crescere: diventare ed essere sempre se stessi.


Quale canzone ti sarebbe piaciuto scrivere?
Quella che ancora non ho scritto.

 
Ti vedremo mai in Italia? Stai già preparando qualcosa di nuovo?
Verrò sicuramente molto presto in Italia...e sto già lavorando al nuovo album che si rivelerà molto gratificante e stimolante.

 

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