Esordire con un EP musicalmente di alto profilo in ambito prog fusion non è di sicuro una sfida semplice, però se a concepirlo è un power duo costituito da musicisti giovani ma dal curriculum impressionante come Lang Zhao (batteria) e Yas Nomura (chitarra e basso), il risultato non può che essere meno duro da raggiungere. Entrambi residenti nell'area di Los Angeles, Zhao e Nomura condividono le origini asiatiche, cinese il primo e giapponese il secondo, paesi dove hanno iniziato i propri studi musicali per poi incontrarsi negli Stati Uniti suonando con Wes Thrailkill.
sabato 25 febbraio 2023
The Resonance Project - Ad Astra (2023)
Esordire con un EP musicalmente di alto profilo in ambito prog fusion non è di sicuro una sfida semplice, però se a concepirlo è un power duo costituito da musicisti giovani ma dal curriculum impressionante come Lang Zhao (batteria) e Yas Nomura (chitarra e basso), il risultato non può che essere meno duro da raggiungere. Entrambi residenti nell'area di Los Angeles, Zhao e Nomura condividono le origini asiatiche, cinese il primo e giapponese il secondo, paesi dove hanno iniziato i propri studi musicali per poi incontrarsi negli Stati Uniti suonando con Wes Thrailkill.
martedì 21 febbraio 2023
Dark Star - ...out flew reason (2023)
sabato 18 febbraio 2023
Jakub Zytecki - Remind Me (2023)
Nell'anno appena trascorso si è fatto molto parlare dell'evoluzione della musica strumentale per chitarra, soprattutto per i lanciatissimi Polyphia in riferimento al loro quarto album Remeber That You Will Die, che ha fatto scalpore per il modo spregiudicato con cui ha unito quel terreno elitario della fusion metal per nerd smanettoni con la cultura "bassa" e mainstream della trap, dell'hip hop e dell'r&b. Il fatto è che i Polyphia non hanno rivoluzionato alcunché e non sono neanche stati i primi ad aver tentato tali accostamenti azzardati e, per così dire, blasfemi. Si sono solo trovati nell'occhio del ciclone al momento giusto, vuoi per una oculata campagna promozionale, vuoi per l'aspetto patinato con il quale si propongono, vuoi per gli endorsement di lusso come quello di Steve Vai e altre collaborazioni varie.
Il panorama evolutivo della fusion chitarristica vicina al metal e al djent parte in realtà da più lontano, ha un percorso più complesso di così e coinvolge al suo interno nomi artisticamente ben più stimolanti del freddo virtuosismo da tiktokers di Tim Henson. Chi segue questo blog da tempo magari una qualche idea se l'è fatta e durante gli anni passati, nomi che sono rimasti nell'ombra come Eternity Forever, CHON, Strawberry Girls, Ben Rosett, Waxamilion, Owane, hanno iniziato e perfezionato un sottogenere che si serve di funk, math rock, r&B in cerca di qualcosa di nuovo da dire.
Jakub Zytecki è, tra questi, uno tra i più dotati e innovativi chitarristi della sua generazione. Ieri, nel giorno del suo trentesimo compleanno, ha realizzato il terzo album da solista Remind Me. Devo confessare che il primo impatto con i nuovi singoli che lo hanno preceduto, mi ha lasciato piuttosto perplesso e con un'ombra di delusione, poiché non riuscivo a cogliere in essi quell'ulteriore salto artistico che mi aspettavo da Zytecki. Fortunatamente nel contesto della totalità dell'album hanno acquistato nuova luce e una certa coerenza d'insieme. E' come se i pezzi di Remind Me si facessero forza l'uno l'altro, diventando parte così di un discorso ampio e articolato di cui un solo frammento non è sufficiente a spiegare.
Dopo anni passati a perfezionare la sua peculiare formula, iniziando il percorso fin dal suo ultimo album con i Disperse Foreword e proseguendo la propria visione nella carriera solista, con Remind Me Jakub Zytecki ha finalmente raggiunto la quadratura del cerchio. Il chitarrista opera in una dimensione sonora finora sua esclusiva, con la quale ha avviato - pubblicazione dopo pubblicazione - un totale distacco dal djent new age che aveva animato il seminale Living Mirrors. Remind Me rende chiaro che Zytecki non è interessato a sfoggiare le sue doti di virtuoso, anche se lo fa in modo che non sia evidente nell'economia sonora, ma piuttosto nel plasmare e sviluppare un sound ben specifico nel quale ogni sottostrato e timbro devono convivere in modo armonico senza soverchiarsi a vicenda.
Lo stile di Zytecki si basa sul conciliare velocità e meditazione, impalpabilità e futurismo, le cui fondamenta stilistiche sono indietronica, fusion, ambient, chillout, world music e pop. Zytecki stesso torna a cantare in quasi tutte le tracce in modalità conforme all'approccio pacato e indolente del tessuto strumentale, appoggiandosi alla nebulosa sonora creata dall'insieme e arrivando persino a paragoni con Bon Iver.
La visione musicale incontaminata ed eterea della quale Zytecki si fa portavoce è praticamente unica nel panorama del nuovo chitarrismo contemporaneo, ma anch'essa è figlia di quella rivoluzione innescata dal djent che, da violento e razionalmente geometrico sottogenere del metal, ha generato un'inaspettata deviazione - già intrapresa in passato da band come TesseracT, Skyharbor e The Contortionist - verso un'inedita forma spirituale, progressiva, futuristica. E Zytecki ne è il suo profeta. Con Remind Me si lascia alle spalle le dichiarazioni d'intenti e firma un'opera che porta a compimento il suo percorso di ricerca, mentre varca una nuova frontiera della prog fusion.
mercoledì 15 febbraio 2023
Phoxjaw - notverynicecream (2023)
Trovare un gruppo che mantenga le promesse nell'ambito della propria evoluzione artistica non è sempre facile. I Phoxjaw possiamo però candidamente inserirli tra questi, prendendo in esame il loro percorso, che comprende i due EP Goodbye Dinosaur... (2018), A Playground for Sad Adults (2019) e l'album Royal Swan (2020), hanno affermato ad ogni nuova uscita un'identità sempre più profonda, aggiustando il tiro delle possibilità al fine di maturare, muovendosi nel difficoltoso terreno ormai assestato del post hardcore. notverynicecream non fa che confermare il perfezionamento della loro formula, riuscendo con successo a scavare ancora più a fondo nelle opportunità aperte del già osannato Royal Swan.
Royal Swan era piuttosto netto e bidimensionale nella sua divisione tra ciò che è bianco e ciò che è nero in termini di suono, compartimenti stagni individuabili non solo a livello strutturale ma anche dinamico. Quindi, per quanto propenso a ricercare una visione personale e brillante, Royal Swan non andava molto oltre quei parametri. Cosa che invece fa notverynicecream con audacia, puntando ad ammassare disparati ingredienti stilistici sotto forma ipertrofica e caleidoscopica, in modo che l'opera si avvicini ad un ardito esperimento di sovrapposizione musicale tra presente e passato, allo stesso tempo lanciata verso il futuro.
Le connotazioni post hardcore adesso si affastellano e si confondono con stranianti germi di elettronica post punk/new wave, decadenti droni gothic rock, violente e improvvise impennate di distorsioni soniche metal accentuate da pesanti cadenze industrial. In tutto questo delirio schizofrenico aperto a deviazioni math e prog, Garland trova la giusta impostazione vocale, perfetto per lo stile e lunatico quanto basta per donargli quel tocco eccentrico che sfiora il teatrale. E' un po' come se il modernismo degli Everything Everything avesse come oggetto da sabotare il post hardcore invece che il pop.
apples si ciba di tutto ciò con coretti e controcanti folli in stile Cardiacs, la declamazione nevrotica di Garland e l'altrettanto isterica architettura formale del pezzo, pervasa da una costante tensione dinamica, ne fanno quasi un "instant classic" del nuovo hardcore. Una lezione impartita così bene che thelastmackerel riesce nell'intento di collegare il pronk della band di Tim Smith con il contesto degli anni '80, come fosse una decadente rilettura dei new romantics.
Su icecreamwitch e su thesaddestsongever affiorano più nettamente gli influssi della new wave patinata, dove la prima si inerpica in accelerazioni elettriche da capogiro, cosparse di cacofonie elettroniche degne dei Genghis Tron, mentre la seconda si adagia su arie da litania gotica, quasi da ballad dance in una sorta di incontro tra i The Cure e Billy Idol. sungazer e dancingtrees sono spettacolari nel mostrarci il lato di un gruppo che non si prende troppo sul serio, ma lo fa con una tale competenza musicale che le stravaganze con cui vengono affrontati i pezzi vanno a costituire la loro forza e peculiarità. L'impostazione da calypso di dancingtrees e quella quasi da limbo di sungazer sono la cosa più vicina agli XTC che una band metal/post hardcore possa partorire. Lo scontro che si genera tra quello che potremmo definire un connubio tra cabaret avant-rock e metal sperimentale, raggiunge il parossismo proprio grazie al perfetto contrasto che viene a crearsi.
La decisone di arricchire il sound con tastiere e sequencer, presenti anche in tortoise, approfondisce l'estetica dell'apatia e del distacco del nostro essere con gli stimoli che ci arrivano dall'esterno. Pur essendo tutto calato in una dimensione plumbea e viscosa, l'interpretazione che ne esce da parte della band è vitale e viscerale. La musica dei Phoxjaw è aggressiva e nichilista solo se non la si legge e non la si interpreta a fondo, ma quando vuole esserlo per davvero allora imbraccia l'assillante martellamento reiterato dei The Armed - in knives - e tira fuori un sinistro tour de force elettrico. Quando è il turno di shotgunlipstick i Phoxjaw adottano le assurdità sonore dei Battles abbinate di nuovo ai motivetti pazzoidi dei Cardiacs, ma con una visione organizzata di caos che dentro ci si può veramente trovare di tutto, dai Biffy Clyro agli Oceansize, espressione ancor più chiara nel grandioso finale di serpentsdripfromtheskies, cadenzato da un arpeggio metallico che monta una marea elettrica delirante e inquietante.
Se esiste una minima idea di hype che possa riempire i vostri pensieri per la prima parte di questo 2023, il disco dei Phoxjaw può essere il candidato ideale per questa scelta. Mette insieme un sacco di cose che ci piacciono, lo fa nel modo giusto, ma soprattutto con una leggera spruzzata di novità.
sabato 11 febbraio 2023
Il prog che viene dal nord - Intervista con gli Isbjörg
giovedì 9 febbraio 2023
Oiapok - OisoLün (2023)
Gli Oiapok rappresentano l'evoluzione del gruppo prog jazz francese Camembert, reduce dagli ottimi due album Schnörgl Attahk (2011) e Negative Toe (2017). La formazione, pensata come un piccolo ensemble da camera, in questa veste rinnovata è rimasta più o meno la stessa e a tirare le fila della band e delle composizioni è sempre il bassista Pierre Wawrzyniak affiancato da Etienne Agar e Fréderic Durrmann al trombone, Guillaume Gravelin all'arpa, Clarissa Imperatore allo xilofono, vibrafono, flauto e percussioni, Matthieu Lenormand alla batteria, Valentin Metz alla chitarra ed infine Mélanie Gerber, la quale era entrata a far parte della band a partire da Negative Toe, dove aveva per la prima volta portato un contributo vocale nella musica esclusivamente strumentale dei Camembert.
sabato 4 febbraio 2023
Sunwell - Sunwell (2023)
Per fortuna che, nonostante l'era post Covid abbia acuito maggiormente una crisi musicale già in atto da tempo, continuano a nascere nuove band il cui scopo non è il successo a tutti i costi, ma quello di mettersi a suonare onestamente ciò che viene dettato dalla loro passione, anche contro circostanze avverse. Questa introduzione è un po' la storia dei Sunwell, trio progressive rock dell'Oregon formato da Bret Cowan (chitarra, voce), Riley Halvorson (basso) e Jacob Jones (batteria) i quali, ci fanno sapere, si sono trovati a registrare il proprio debutto nel mezzo della pandemia, passando attraverso due cambi di formazione e a momenti di sconforto in cui pensavano che il frutto di tanto lavoro non avrebbe mai visto la luce.